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Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 30 agosto 2018, n. 13 - In conclusione l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato enuncia il seguente principio di diritto: “l’articolo 97, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 50 del 2016 (‘Codice dei contratti pubblici’) si interpreta nel senso che la locuzione “offerte ammesse” (al netto del c.d. ‘taglio delle ali’) da prendere in considerazione ai fini del computo della media aritmetica dei ribassi e la locuzione “concorrenti ammessi” da prendere in considerazione al fine dell’applicazione del fattore di correzione fanno riferimento a platee omogenee di concorrenti.  Conseguentemente, la somma dei ribassi offerti dai concorrenti ammessi (finalizzata alla determinazione del fattore di correzione) deve essere effettuata con riferimento alla platea dei concorrenti ammessi, ma al netto del c.d. ‘taglio delle ali’”.       Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 19 settembre 2017, n. 5 - L'art. 86, c.1, d.lgs. n. 163/2006 (e parimenti l'art. 121, c. 1, secondo periodo, del dPR n. 207/2010) vanno interpretati nel senso che, nel determinare il 10% delle offerte con maggiore e minore ribasso (da escludere ai fini dell'individuazione di quelle utilizzate per il computo delle medie di gara), la stazione appaltante deve considerare 'unica offerta' tutte le offerte caratterizzate dal medesimo valore, e ciò sia quando dette offerte si collocano a margine delle ali, sia quando si collocano all'interno.     Tar Campania Salerno Sez. I, 5 aprile 2016, sentenza n. 858 - in presenza di un ricorso principale manifestamente infondato, è possibile procedere all'esame prioritario dello stesso, pur a fronte della proposizione, da parte del controinteressato, di un ricorso incidentale – del quale peraltro se ne lamenta la tardività – avente contenuto "paralizzante" - Al fine di circoscrivere il perimetro nel quale può muoversi il sindacato di questo giudice, il costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui “Nelle gare pubbliche il giudizio, che conclude il sub procedimento di verifica delle offerte anomale, costituisce espressione di un potere tecnico discrezionale dell'Amministrazione, di per sé insindacabile, salva l'ipotesi in cui le valutazioni ad esso sottese non siano abnormi o manifestamente illogiche o affette da errori di fatto e il giudizio conclusivo ha natura globale e sintetico sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2016, n. 1032)

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Con la sentenza 21/4/2016 n. 1600 il Consiglio di Stato ha chiarito che l'annullamento in autotutela dell'aggiudicazione provvisoria – emanata nell'ambito di un appalto volto all'affidamento in concessione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale – costituisce un "atto di ritiro" e non può essere qualificata come "revoca".   Ne consegue che "non può in alcun modo invocarsi, né quale parametro di legittimità, né a fini indennitari, quanto disposto dall'art. 21-quinquies, L. n. 241 del 1990. Infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. III, 28 febbraio 2014, n. 942; Sez. VI, 19 gennaio 2012, n. 195) ha più volte chiarito che la possibilità che all'aggiudicazione provvisoria della gara d'appalto non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli art. 11 comma 11, art. 12 e art. 48 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile con conseguente obbligo risarcitorio, qualora non sussista illegittimità nell'operato dell'Amministrazione, non spettando nemmeno l'indennizzo di cui all' art. 21 quinquies L. 7 agosto 1990 n. 241, poiché in tal caso si è di fronte al mero ritiro (o all'annullamento) di un provvedimento avente per sua natura efficacia destinata ad essere superata con l'emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento, e non a una revoca di un atto amministrativo "ad effetti durevoli", come previsto dalla disposizione sulla indennizzabilità della revoca".

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Il d.l. 3 maggio 2016, n. 59 recante "Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonche' a favore degli investitori in banche in liquidazione" (G.U. n. 102 del 3.5.2016 ) è stato convertito con modificazioni in l. 30 giugno 2016, n. 119 pubblicata in G.U. n. 153 del 2.7.2016. Il provvedimento legislativo rientra nei tentativi del Governo Renzi di agevolare l'economia attraverso misure finalizzate a favorire la liquidità in favore delle imprese, nonché accelerando le procedure esecutive. Ecco le principali novità: a) introduzione del pegno mobiliare possessorio (inclusi i beni immateriali), con il quale si prevede che gli imprenditori possono costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti loro concessi, presenti o futuri, se determinati o determinabili e con la previsione dell'importo massimo garantito, inerenti all'esercizio dell'impresa. Il pegno non possessorio puo' essere costituito su beni mobili destinati all'esercizio dell'impresa, a esclusione dei beni mobili registrati. Ove non sia diversamente disposto nel contratto, il debitore o il terzo concedente il pegno e' autorizzato a trasformare o alienare, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque a disporre dei beni gravati da pegno. In tal caso il pegno si trasferisce, rispettivamente, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che cio' comporti costituzione di una nuova garanzia (art. 1); b) con il finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato si dà la possibilità agli Istituti di credito di concedere finanziamenti nei confronti del pubblico puo' essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore o di una societa' dallo stesso controllata o al medesimo collegata ai sensi delle vigenti disposizioni di legge e autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari, della proprieta' di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell'imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all'inadempimento del debitore. Il trasferimento non puo' essere convenuto in relazione a immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado (art. 2); c) istituzione del Registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi istituito presso il Ministero della Giustizia (art. 3); d) ulteriori disposizioni acceleratorie delle norme in materia di esecuzione forzata del codice di rito civile (art. 4); e) istituzione presso ogni tribunale dell'elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di di vendita di beni pignorati. I requisiti necessari per l'iscrizione saranno fissati con successivo decreto ministeriale (art. 5-bis); e) introduzione di alcune modifiche alla legge fallimentale (art. 6); f) nuove disposizioni a tutela dei correntisti con previsioni sull'accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta (art. 9).

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Consiglio di Stato, Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1698: «Qualora il giudice penale abbia disposto la condanna al pagamento della pena pecuniaria – in luogo della reclusione - ai sensi degli articoli 53 e 57 della legge n. 689 del 1981, per uno dei reati individuati dall’art. 43, primo comma, del testo unico approvato con il regio decreto n. 773 del 1931 (e dunque per uno dei reati ‘ostativi’ al rilascio o al mantenimento di licenze di portare le armi), l’autorità amministrativa non deve disporre senz’altro la revoca (prevista dal medesimo primo comma) della già rilasciata licenza, ma può valutare le relative circostanze ai fini dell’esercizio del potere discrezionale (previsto dal secondo comma dell’art. 43)».

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In data 3 novembre 2016 il Consiglio di Stato ha reso il parere n. 2286  sullo schema di Linee Guida redatte dall’Anac  sull'indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice    Sulle pregresse risoluzioni contrattuali Il Consiglio di Stato, sez. VI, 5 maggio 2016 n. 1766 ribadisce che il requisito dell’assenza di un errore grave nell’esercizio della propria attività professionale, di cui all’art. 12, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 157 del 1995 – cui corrisponde la fattispecie ex art. 38, comma 1, lett. f), ultima parte, d.lgs. n. 163 del 2006 [ed ora l'art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 18/4/2016, n. 50 -ndr] - si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione: conseguentemente le imprese concorrenti sono onerate di dichiarare, a pena di esclusione, pregresse risoluzioni contrattuali anche se relative ad appalti affidati da altre stazioni appaltanti, diverse da quella che ha bandito la gara.

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Ad avviso del Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 1670/2016) rientra nella giurisdizione del Giudice Ordinario la controversia avente ad oggetto l'impugnazione del diniego dell'iscrizione nel registro delle imprese per attività di gestione di discariche. La pronuncia in rassegna ha infatti chiarito che "detta verifica non richiede l’esercizio di discrezionalità amministrativa, posto che gli atti di iscrizione o di rifiuto di iscrizione assumono i tratti dell’atto dovuto, ad emanazione vincolata, in quanto direttamente correlati all’accertamento o meno delle condizioni legali per far luogo o meno alla iscrizione predetta; il carattere vincolato di tali atti è peraltro collegato al fatto che gli stessi soddisfano ad un tempo l’interesse particolare del soggetto richiedente l’iscrizione e l’interesse pubblico sotteso agli effetti della pubblicità-notizia relativa ai fatti salienti di un’impresa attiva su un mercato".

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Il TAR Milano, IV, 20 maggio 2016, n. 1003, ribadisce che la pretesa ostensiva deve essere esercitata in primis nei confronti dell’Amministrazione competente e solo in caso di diniego può essere azionata in sede giurisdizionale. In materia di appalti pubblici, la richiesta di accesso del concorrente non può avere ad oggetto atti estranei alla procedura di gara, né documenti rispetto alla cui conoscenza egli non abbia manifestato un interesse tutelabile concreto e meritevole di tutela ex art. 13, c. 6, d.lgs. n. 163/2006, specie allorché l’accesso riguardi informazioni o atti relativi a scelte organizzative del gestore uscente, come tali incidenti sui valori di concorrenza e par condicio.

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Con la sentenza 12/5/2016 n. 101 la Corte Costituzionale – nell'ambito di un giudizio con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha contestato la legittimità costituzionale della Legge Regionale della Lombardia n. 35/2014 ("Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione") – ha chiarito che "con l'ampliare … la nozione di «rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale», riconducendovi altresì tutti i rifiuti decadenti dal trattamento dei rifiuti urbani, la disposizione in esame si pone … in contrasto con la disciplina nazionale di riferimento, prevista dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), la quale stabilisce che «i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti» debbano venir ricompresi nella categoria dei «rifiuti speciali» (art. 184, comma 3, lettera g)".   A fronte di ciò la Corte Costituzionale – ribadito che "la disciplina dei rifiuti rientra, per costante giurisprudenza di questa Corte, nella materia, appunto, della «tutela dell'ambiente» (ex plurimis, sentenze n. 180, n. 149 e n. 58 del 2015, n. 70 del 2014, n. 69 del 2011, n. 373 e n. 127 del 2010)" – ha ritenuto sussistente il censurato "vulnus arrecato dall'impugnata disposizione al precetto di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost".

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T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. I, 22 aprile 2016 n. 785: “l’esposizione dello striscione in questione, dato il contenuto dello stesso, pur esprimendo sentimenti di aspra critica, anche attraverso l’utilizzo di espressioni sicuramente offensive (e in disparte ogni ulteriore considerazione sulla idoneità di tale condotta a configurare altre violazioni di carattere amministrativo e/o penale) non può tuttavia essere ricondotta ad alcuna forma di incitamento, inneggiamento o induzione alla violenza”.

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Consiglio di Stato, Sez. III, 18 maggio 2016, n. 2069: “L’art. 14, comma 6, del d.P.R. n. 361 del 1957 prescrive, infatti, che «non è ammessa inoltre la presentazione da parte di altri partiti o gruppi politici di contrassegni riproducenti simboli o elementi caratterizzanti simboli che per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore». Analogamente l’art. 33, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 570 del 1960, richiamato dalla Commissione, stabilisce che essa «ricusa i contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli presentati in precedenza o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, ovvero riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore». Si deve rilevare, anzitutto, che le disposizioni in esame si riferiscono, testualmente, anche agli elementi che caratterizzano il contrassegno e non necessariamente al contrassegno nel suo complesso, stante la indubbia e, si direbbe, la spesso esclusiva capacità connotativa dei simboli più che del contrassegno in toto considerato”.

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