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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 25 febbraio 2013 n. 5 ha sancito che "Il termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate previsto dall’art. 46, comma 1, del codice del processo amministrativo ha natura ordinatoria; esse possono perciò costituirsi in giudizio anche nell’udienza di merito ma svolgendo solo difese orali senza possibilità di produrre scritti difensivi e documenti".

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Il Consiglio di Stato, ad. plen., 25 febbraio 2013 ha sentenziato che "E’ legittima la previsione di una procedura competitiva ad evidenza pubblica per la concessione degli spazi pubblici da utilizzare per la collocazione di impianti pubblicitari per affissione commerciale da parte di operatori economici privati", ciò in quanto "Il procedimento di gara non contrasta infatti con la libera espressione dell’attività imprenditoriale di cui si tratta, considerato, in linea generale, che la procedura ad evidenza pubblica è istituto tipico di garanzia della concorrenza nell’esercizio dell’attività economica privata incidente sull’uso di risorse pubbliche e che, in particolare, la concessione tramite gara dell’uso di beni pubblici per l’esercizio di attività economiche private è istituto previsto nell’ordinamento, essendo perciò fondata la qualificazione della gara come strumento per assicurare il principio costituzionale della libera iniziativa economica anche nell’accesso al mercato degli spazi per la pubblicità (Cons. Stato, V, n. 529 del 2009, cit; cfr. anche VI, 9 febbraio 2011, n. 894). Quanto sopra è peraltro coerente con i principi comunitari, in particolare di non discriminazione, di parità di trattamento e di trasparenza; questo Consiglio ha infatti chiarito da tempo che, sul presupposto per cui con la concessione di un’area pubblica si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato (come è nella specie), si impone di conseguenza una procedura competitiva per il rilascio della concessione, necessaria per l’osservanza dei ricordati principi a presidio e tutela di quello, fondamentale, della piena concorrenza (Sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168)".

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Consiglio di Stato, Sez. III, 28/09/2017, n. 4206 Il Consiglio di Stato stabilisce con ordinanza di accogliere l’istanza sospensiva limitata ai soli effetti conformativi della sentenza ritenuto che, allo stato, l’interesse dell’attuale appellante, riferito alla chance di aggiudicazione della gara, non presenti connotati di gravità e di irreparabilità tali da giustificare la sospensione degli effetti demolitori della sentenza impugnata, volti a privare di effetti gli atti di indizione della gara           T.A.R. Liguria, Sez. II, Ord. 14 aprile 2017, n. 89 - Rilevato che l’art. 42 – ter l.r. 41/06 aggiunto dalla l.r. 10 luglio 2014 n. 16, successivamente agli atti normativi e di gestione prodotti dalla ASL resistente, rubricato trasporto sanitario in emergenza urgenza, stabilisce: “L'attività di trasporto sanitario di emergenza urgenza territoriale, ricompresa nel sistema territoriale di soccorso, è quella riferita: a) ai servizi di trasporto di emergenza urgenza gestiti dalla centrale operativa territoriale; b) ai servizi di trasporto previsti nei livelli essenziali di assistenza (LEA), effettuati tramite ambulanza; c) ai servizi di trasporto nei quali le condizioni cliniche del paziente richiedono esclusivamente l'utilizzo di un'ambulanza e/o mezzo adeguatamente attrezzato in relazione alle esigenze di assistenza al paziente, la necessità dell'assistenza "in itinere" con personale sanitario o altro personale adeguatamente formato, nonché la garanzia della continuità delle cure al fine di non interrompere il percorso assistenziale già intrapreso; d) al trasporto di organi e di sangue con carattere di urgenza. 2. Qualora l'attività di trasporto sanitario di emergenza urgenza territoriale non possa essere assicurata dai soggetti di cui all'articolo 42-bis le Aziende sanitarie locali, dopo aver esperito ogni utile tentativo, possono affidare tale attività a soggetti terzi, a seguito di procedure di evidenza pubblica garantendo, in ogni caso, gli attuali livelli di qualità del servizio”; Rilevato che il ricorso, avuto riguardo all’amplissimo tenore dei servizi di trasporto inclusi nell’ambito dei trasporti di emergenza urgenza che l’art. 42 – ter l.r. 41/06 riserva alla associazioni di assistenza, non appare sfornito di sufficienti elementi di fondatezza.   Consiglio di Stato, Sez. III, ordinanza 27 febbraio 2013, n. 1195. Quanto più si riconosce che le associazioni di volontariato (più in generale i soggetti no profit) possono oggi partecipare alle gare di appalto in condizioni di apparente parità con gli altri operatori, tanto meno si giustificano oramai le disposizioni di legge che autorizza(vano) la stipula di convenzioni “dirette” con le amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di servizi, al di fuori di un confronto concorrenziale. “Dica la Corte di Giustizia se gli articoli 49, 56, 105 e 106 del TFUE ostano ad una norma interna che prevede che il trasporto sanitario sia affidato in via prioritaria alle associazioni di volontariato, Croce Rossa Italiana ed alle altre istituzioni o enti pubblici autorizzati, per quanto sulla base di convenzioni che stabiliscano l’esclusiva erogazione dei rimborsi delle spese effettivamente sostenute”. “Dica la Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici – nel caso in esame, trattandosi di contratti esclusi, i principi generali di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità – osti ad una normativa nazionale che permetta l’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario, dovendo qualificarsi come oneroso un accordo quadro, quale quello qui in contestazione, che preveda il rimborso anche di costi fissi e durevoli nel tempo” Corte di Giustizia, Sez. V, Sentenza 28 gennaio 2016 - gli articoli 49 TFUE e 56TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente alle autorità locali di attribuire la fornitura di servizi di trasporto sanitario mediante affidamento diretto, in assenza di qualsiasi forma di pubblicità, ad associazioni di volontariato, purché il contesto normativo e convenzionale in cui si svolge l’attività delle associazioni in parola contribuisca effettivamente a una finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio - qualora uno Stato membro consenta alle autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di volontariato per lo svolgimento di determinati compiti, un’autorità pubblica che intenda stipulare convenzioni con associazioni siffatte non è tenuta, ai sensi del diritto dell’Unione, a una previa comparazione delle proposte di varie associazioni - qualora uno Stato membro, che consente alle autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di volontariato per lo svolgimento di determinati compiti, autorizzi dette associazioni a esercitare determinate attività commerciali, spetta a tale Stato membro fissare i limiti entro i quali le suddette attività possono essere svolte

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La Corte di Cassazione, sez. V, 15 giugno 2016, n. 12311 chiarisce che "In tema d'imposte sui redditi, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, comma 2, individua, perchè sussista la residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via del tutto alternativa:  il primo, formale, rappresentato dall'iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile; ne consegue che l'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorchè il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonchè delle proprie relazioni personali (Cass. n. 13803/01; 10179/03; n. 14434/10; 24246/11: 29576/11; 678/15). 8.1.- L'interpretazione qui accolta del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2 è in armonia con l'affermazione della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui "ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell'interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l'art. 7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali. Nell'ambito della valutazione dei legami personali e professionali dell'interessato, tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione, vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest'ultimo nonchè quella dei suoi familiari, la disponibilità di un'abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali" (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001 in causa C262/99, Louloudakis, punti 52, 53 e 55, i cui principi sono stati ribaditi da Corte giust. 7 giugno 2007, in causa C-156/04, Commissione c. Grecia. Da ultimo, in termini, Corte giust. 27 aprile 2016, causa C528/14, X)"   La Corte di Cassazione, trib., ord., 24 maggio 2013, n. 128  ritorna sugli elementi di valutazione della fittizia residenza in uno stato a regime fiscale privilegiato.   Da parte della CTP di Milano del 13.12.2012, n. 294/5/12 una importante decisione in materia di (non) applicazione della tassazione italiana in presenza di convenzioni internazionali volte ad evitare il fenomeno della cd. «doppia imposizione»: "le disposizioni contenute in una Convenzione internazionale, in quanto destinate a disciplinare in via esclusiva i rapporti tra i soggetti appartenenti ad uno Stato estero ed i soggetti appartenenti allo Stato Italiano, ovvero i rapporti tra uno Stato Estero e l’Italia, assumano il carattere di specialità e, quindi, assumano rilievo rispetto alle normative nazionali quali, nel caso in esame, il TUIR". Quindi, anche in presenza di uno Stato in «black list», prevale la disciplina speciale internazionale.   Si pubblica l'interessante decisione della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, del 23.01.2012, n. 87 con la quale si acclara che il Legislatore italiano abbia stabilito tre criteri alternativi di collegamento territoriale per disciplinare l'esercizio della «sovranità fiscale» in Italia: 1) "il criterio della residenza (in Italia), in forza del quale il reddito mondiale del residente deve essere tassato in Italia, salvo le deroghe espressamente previste", detto criterio non è applicabile quando la residenza formale all'estero sia provata; 2) "il criterio della territorialità del reddito prodotto, in forza del quale il reddito viene tassato nel luogo di produzione", tuttavia quando il datore di lavoro del contribuente "risiede in Stato diverso da quello in cui il reddito è prodotto, i redditi di lavoro dipendente sono tassabili nello Stato in cui ha sede il datore di lavoro" medesimo, allorché "l'onere della remunerazione non sia sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro abbia nello Stato" estero; 3) "il criterio della origine del reddito, in forza del quale la tassazione avviene sulla base della nazionalità dell'ente pagatore (v. Cass. 13/2/2009, n. 3556)".

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Con la sentenza non definitiva 15 marzo 2013 n. 2720 il TAR del Lazio, Sezione terza ter, ha disposto il rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia, ex art. 267 T.F.U.E., avente ad oggetto "l’interpretazione delle norme del Trattato in materia di libertà di concorrenza e di libera circolazione delle imprese, e in particolare degli artt. 4 (3) TUE ( Trattato Unione Europea) e 101 TFUE, nonché degli artt. 49 e 56 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, e dell’art. 96 TFUE, per chiarire se le richiamate disposizioni siano compatibili con il regime di fissazione dei costi minimi di esercizio nel settore dell’autotrasporto, introdotto dal legislatore italiano con l’art. 83 bis del d.l. n. 112 del 2008, come convertito in legge n. 133 del 2008, e successive modifiche ed integrazioni".

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Con la sentenza 18 febbraio 2013 n. 965 il Consiglio di Stato, Sezione V, ha chiarito che l’ammissibilità in via di principio dell’avvalimento interno non implica anche avvalimento implicito, nel senso che il ricorso all’avvalimento possa avvenire prescindendo dalle formalità previste dalla disciplina in materia (art. 49 del d. lgs. n. 163 del 2006).   Infatti, poiché l’avvalimento integra una mera facoltà, l’impresa che ha interesse ad avvalersi dell’istituto deve far constare con la necessaria chiarezza, all’atto di partecipazione alla singola gara, tale volontà con indicazione del soggetto sulla cui capacità intende fare affidamento, come pure specificando i requisiti che di siffatto affidamento formeranno oggetto e, soprattutto, dovrà rendere di tutto ciò necessariamente edotta l’amministrazione interessata al singolo appalto.   Il contratto di avvalimento, nell’ambito della disciplina dei contratti pubblici, essendo un accordo pattizio, assume rilievo nei confronti della stazione appaltante, ove l’ausiliata e l’ausiliaria rendano apposita e precisa dichiarazione di volersi avvalere dell’avvalimento e, quindi, l’una dei requisiti posseduti da altro soggetto, anche facente parte del medesimo raggruppamento e quest’ultimo soggetto dichiari di mettere a disposizione dell’ausiliata detti requisiti.

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D.G.R. 11 gennaio 2013, n. 7 - Approvazione linee guida per la gestione delle piscine D.G.R. 22 febbraio 2013, n. 175 - Disciplina di proprietà pubblica o privata destinata ad utenza pubblica relative ad attività ricettive, turistiche ed agricole D.G.R. 22 febbraio 2013, n. 176 - Piscine facenti parte di condominii destinate esclusivamente all'utilizzo privato da parte degli aventi titolo e dei loro ospiti

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Si riporta il testo dell'art. 33, comma 3-bis d.lgs. n. 163/06, così come dal d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito con modificazioni in l. 22.12.2011, n. 241, come successivamente modificato dal 6.7.2012, n. 95 , convertito con modificazioni in l. 7.8.2012, n. 135:  "I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 e ed il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207".     Dal sito www.itaca.org Centrali di committenza per gli appalti nei piccoli comuni. Lo stato dell’arte in Italia nel primo Rapporto ITACA sull’attuazione dei nuovi obblighi 29/03/2013 - Le disposizioni recentemente introdotte all’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. 163/2006 sono destinate a modificare sensibilmente il sistema degli approvvigionamenti dei piccoli comuni. L’esigenza di razionalizzazione della spesa per gli acquisti della pubblica amministrazione ha infatti imposto di procedere alla riorganizzazione delle attività delle piccole amministrazioni locali mediante l’aggregazione e la gestione comune della domanda di lavori, servizi e forniture: più in particolare, l’imminente scadenza del prossimo 31 marzo 2013 impone ai comuni sotto i 5.000 abitanti di riorganizzare le proprie procedure di acquisto mediante il ricorso ad un nuovo modello organizzativo: la centrale di committenza. Lo stato dell’arte in Italia, nelle sue diverse declinazioni, è illustrato nel Primo Rapporto ITACA sull’attuazione dei nuovi obblighi dal titolo “Le centrali di committenza per gli appalti dei piccoli comuni”, nel quale vengono descritte alcune tra le più significative esperienze maturate in varie regioni ed amministrazioni locali. Le varie esperienze – in particolare quelle segnalate dalle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto – sono state analizzate nel corso di un’ampia ricerca “sul campo” realizzata per mezzo di questionari e interviste dirette ad amministratori, funzionari, e segretari comunali, realizzate durante tutto il corso del 2012: la ricerca ha consentito di rilevare, in particolare, lo stato di attuazione degli accordi stipulati dai comuni per la gestione associata degli appalti, nonché il ricorso dei comuni (quale possibile alternativa alla costituzione di una propria centrale) alle Convenzioni Consip ed al Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa). Una specifica sezione della ricerca è stata dedicata alla rilevazione degli strumenti preventivi in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose realizzati con la sottoscrizione dei Protocolli di Legalità tra gli enti locali e le Prefetture. Nel Rapporto vengono presentati anche alcuni specifici “strumenti operativi”, tra i quali una “check list” (il c.d. “schema dei flussi procedimentali”) che riepiloga i principali adempimenti che le stazioni appaltanti devono effettuare per l’affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture. Per quanto concerne le modalità di costituzione della centrale di committenza dei piccoli comuni, dal Rapporto emerge che l’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. n. 163/2006 consente di percorrere diverse soluzioni operative: − la costituzione della centrale di committenza nell’ambito di Unioni di Comuni già esistenti (o da costituire) ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 267/2000; − la costituzione della centrale di committenza mediante accordo consortile: a tale proposito vi è sostanziale unanimità di opinioni nel considerare tale accordo quale Convenzione ex art. 30 TUEL; − il ricorso da parte dei comuni - in via alternativa alla costituzione della centrale - agli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza, ivi comprese le convenzioni di CONSIP e MEPA. Nel Rapporto si dà conto anche delle prime pronunce rese dalla giurisprudenza contabile: più in particolare, è stato affermato che possono ritenersi escluse dalla gestione obbligatoria mediante centrali di committenza: − le acquisizioni in economia mediante amministrazione diretta; − le ipotesi eccezionali di affidamento diretto consentite dalla legge, quali quelle previste all’art. 125, comma 8 e comma 11 del codice dei contratti pubblici (così Corte dei Conti - Sez. Reg. Controllo Piemonte, Delibera n. 271 del 6 luglio 2012). Nel Rapporto si evidenzia inoltre che l’attività della centrale di committenza potrà avere differenti caratteristiche e diverse modalità operative a seconda che essa, volta per volta, indica procedure: − in qualità di centrale di committenza, finalizzate alla stipula di convenzioni/accordi quadro ai quali i comuni potranno eventualmente aderire; − in qualità di stazione appaltante, ovverosia pubblicando bandi finalizzati all’affidamento di appalti in nome e per conto di uno o più comuni ad essa aderenti. Il Rapporto realizzato da ITACA, di prossima pubblicazione – per il quale è prevista anche la realizzazione di momenti di confronto con le varie istituzioni coinvolte sul tema dell’aggregazione della domanda pubblica – non costituisce un documento definitivo sul tema, ma aspira ad essere un primo momento di esplorazione e di analisi dell’effettivo livello di aggregazione della domanda da parte dei piccoli comuni, nell’imminenza dell’entrata in vigore dei nuovi obblighi.

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L'AVCP ha emanato la determinazione n. 3 del 23.04.2013 in materia di partecipazione delle reti d'impresa quale nuovo soggetto delle procedure ad evidenza pubblica.   Dal sito www.avcp.it

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Anche l'AVCP con l'Atto di segnalazione n. 1 del 27 marzo 2012, si arrende davanti al contrasto tra l'art. 32 l. n. 69/2009 ed i commi 15 e 16 dell'art. 1 l. n. 190/2012 e chiede un'intervento chiarificatore al Legislatore in merito al quesito se siano ancora vigenti il disposto dell'art. 66 comma 7 d.lgs. n. 163/06. il quale impone la pubblicazione degli avvisi e dei bandi mediante "per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti", nonché dell'art. 122, comma 5 che per i contratti di lavori pubblici sotto soglia, prevede che l’avviso sui risultati della procedura di affidamento ed i bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro siano pubblicati "per estratto, a scelta della stazione appaltante, su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno dei quotidiani a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i lavori". Si ricorda, infatti, che l'art. 32, comma 5 l. n. 69/2009 ha sancito che "dal 1º gennaio 2013, le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale, ferma restando la possibilità per le amministrazioni e gli enti pubblici, in via integrativa, di effettuare la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio", mentre recentemente la cosiddetta legge «Anticorruzione» ai commi 15 e 16 dell'art. 1, nell'ambito dell'indicazione delle informazioni che i siti internet delle pp.aa. devono riportare, precisa che "restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163".

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