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Il T.A.R. Liguria. Sez. I, 13.01.2015, n. 78 esprime un principio abbastanza innovativo ossia che costituendo "jus receptum il principio generale per cui i termini stabiliti dalla legge ovvero da altre fonti normative di rango subordinato devono intendersi come ordinatori, salvo che la legge stessa espressamente li dichiari perentori ovvero colleghi esplicitamente al loro decorso un qualche effetto decadenziale o comunque restrittivo ossia, primi tra tutti, l'impossibilità per colui che viola il termine di poter ottenere dall'Amministrazione l'accoglimento di una propria domanda, ovvero l'inefficacia degli atti compiuti dall'amministrazione medesima dopo la scadenza (cfr. ad es. CdS 4828\2014)", è onere della parte addurre argomentazioni a conforto della natura perentoria del termine di cui deduce la violazione.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 16 ottobre 2014, n. 1442 - È invece fondata la censura che lamenta la violazione dell’art. 21 nonies l. 241/90. I bloccaparcheggi sono stati autorizzati nel luglio del 1997. E’ stato rilasciata l’autorizzazione al passo carrabile sul presupposto della piena ed esclusiva disponibilità privata dell’area. E’ agli atti la segnalazione (d. 16.12.2010) con la quale il Comando di polizia municipale segnalava al Comune che “l’area (è) privata in quanto chiusa e dotata di accesso carrabile”. A fronte di una situazione di fatto protrattasi da oltre quindici anni, e che, in forza di atti adottati dallo stesso Comune, ha fondato il legittimo affidamento dei ricorrenti sulla sua conformità alla situazione di diritto, è viziato il provvedimento d’annullamento in autotutela motivato con generico riferimento agli interessi pubblici. Per motivare ai sensi dell’art. 21 nonies l. 241/90 l’annullamento in autotutela – tanto più nella fattispecie storica appena descritta – non è sufficiente richiamare l’interesse pubblico alla sicurezza dei luoghi, all’incolumità delle persone e/o al libero passaggio delle persone (come affermato nell’atto impugnato): ossia evocare rispettivamente un’astrazione e la (formalistica) proiezione sul piano generale di interessi individuali. Occorre individuare l’interesse (veramente) pubblico, della collettività degli utenti in quanto tale contrapposta ai singoli, che giustifichi l’eliminazione di dispositivi di parcheggio autorizzati che, oltretutto, non impediscono il pubblico transito pedonale. Sicché, entro il limite del vizio qui individuato, gli atti impugnati devono essere annullati.    T.A.R. Liguria, Sez. I, 24 gennaio 2014, n. 138 e 139 - Le vertenze afferiscono l’ordinanza contingibile ed urgente adottata dal sindaco di Arenzano di ripristino della fornitura dell’acqua potabile in favore delle unità immobiliari ricomprese all'interno della Pineta di Arenzano. La Società Orinvest S.r.l., gestore e proprietaria dell'acquedotto privato, ha esercitato il diritto di recesso poiché i Condominii non hanno corrisposto l'adeguamento tariffario per la fornitura dell'acqua potabile. In disparte la controversia civilistica che, naturalmente, sfugge alla cognizione del G.A., il Tribunale ha rilevato che: "Nel merito il ricorso è fondato...risulta per tabulas che il sindaco che ha adottato le ordinanze impugnate, oltre ad abitare in una abitazione ricomprea in un condominio che si trova nella stessa situazione che ha dato causa alla parziale interruzione della fornitura d'acqua, è intervenuto nell'Assemblea della Comunione tenutasi il 13.07.2013. In quella sede ha (testualmente) affermato che, in relazione alle problematiche connesse all'approvigionamento idrico, avrebbe nuovamente proceduto allo stesso modo (ossia all'adozione dell'ordinanza contingibile) "per intimare il ripristino dell'approvigionamento idrico per i condomini che dovessero subire l'interruzione del servizio". A tale riguardo ha rivendicatro la "volontà dell'amministrazione comunale" ad attivarsi al fine di garantire a tutti i cittadini la fornitura "a prescindere dal rapporto che abbiano con il gestore". Di fatto il sindaco, assumendo l'atto impugnato, che - va ricordato - è adottato in qualità di ufficiale del governo, e non quale "amministratore dei cittadini", ha manifestato in concreto l'assenza di imparzialità (cfr. art. 1 l. 241/90), tanto più necessaria per adottare, in veste autoritativa ed in prima persona, un atto imputabile allo Stato, che ha come presupposto una oggettiva situazione di imprescindibile urgenza. Sicché, oltre a risiedere in un condominio che versa nella medesima situazione del condominio controinteressato, ciò che già di per sè poteva condizionare il sereno ed equanime esercizio delle attribuzioni pubblicistiche, tanto da consigliarne l'astensione, il sindaco ha dimostrato di aver frainteso natura, scopo ed interessi presidiati dal potere come in concreto esercitato, cioè ad un'opera di un amministratore coinvolto personalmente nella vicenda, per dirimere conflitti intersoggettivi, sia pure concernenti le modalità di erogazione di un pubbblico servizio"

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TAR Lazio, Sez. III, 10 gennaio 2018 n. 203 - L'organo preposto alla valutazione delle Riviste giuridiche e allo loro differenziazione in classi (ANVUR) deve tenere conto del parere reso dalle società scientifiche nazionali in proposito, evidenziando le ragioni che lo inducono eventualmente a disattenderlo, nonché degli elementi rappresentati dalle Riviste medesime circa riconoscimenti ottenuti e la diffusione nelle biblioteche italiane e straniere. L'omessa valutazione di tali elementi integra un difetto di istruttoria che rende illegittimo il giudizio e il conseguente inserimento in classi per settori concorsuali.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 31 ottobre 2016, n. 1067 - atteso che sotto il primo profilo, la giurisprudenza già espressa dalla sezione ha evidenziato la necessità di garantire il rispetto del contraddittorio procedimentale; - considerato che la disposizione di cui all’art. 10 bis (al pari delle indicazioni ivi contenute e dei relativi doveri), va qualificata quale norma di principio (cfr. ad es. Tar Liguria n. 286\2012), cosicchè l’obbligo di valutare le osservazioni presentate deve essere oggetto di coerente conseguente inquadramento; - rilevato che, sotto il secondo profilo, costituisce jus receptum il principio a mente del quale la motivazione del provvedimento amministrativo è intesa a consentire al cittadino la ricostruzione del percorso logico e giuridico mediante il quale l'Amministrazione si è determinata ad adottarlo, controllando il corretto esercizio del potere ad esso conferito dalla legge, con la conseguenza, che è illegittimo il provvedimento amministrativo nel quale non si dia conto delle motivazioni in risposta alle osservazioni proposte dal privato a seguito dell'avviso dato ai sensi dell'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, limitandosi l'Amministrazione a darne riscontro con formula di mero stile, come nel caso in cui nell'atto finale sia solo ribadita la formula generica già evidenziata in sede di comunicazione (cfr. ad es. Tar Liguria n. 691\2014). - atteso che nel caso di specie, se nell’atto di diniego impugnato si dà atto della presentazione delle osservazioni, il provvedimento stesso risulta del tutto sfornito di qualsiasi indicazione circa l’eventuale valutazione delle stesse, limitandosi ad un’inutile e vuota formula di stile (“le osservazioni presentate non consentono di procedere ad una rivalutazione degli elementi e delle informazioni prodotte”), invero neppure corretta dal punto di vista logico - letterale in quanto non si comprende da chi provenga la produzione di informazione e di elementi; - considerato che, contrariamente a quanto posto a base delle difese comunali, i numerosi elementi sia giuridici (come lo specifico riferimento a precedenti anche di questa sezione) che fattuali posti a base delle due diverse memorie non risultano in alcun modo istruiti, esaminati e valutati con l’indicazione delle specifiche ragioni che ne giustificano l’eventuale irrilevanza.   La sentenza del TAR Liguria, sez. I, 29.01.2014, n. 167 appare essere molto interessante poiché afferma tre principi importanti: 1) "anche i provvedimenti amministrativi concernenti il diniego di proposte di strumenti urbanistici attuativi sottostanno all’obbligo generale di motivazione di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990, in modo da consentire al richiedente di rendersi conto degli ostacoli che si frappongono all’estrinsecazione dello ius aedificandi (cfr. T.A.R. Calabria-Catanzaro, I, 17.1.2012, n. 30)"; 2) in materia di motivazione delle deliberazioni degli organi collegiali "la relazione introduttiva ad una delibera ed il conseguente dibattito consiliare non possono integrare la motivazione dell'atto collegiale perché essi, se pure possono essere utili ad illuminare le ragioni della scelta che si esprime nella votazione, non possono costituire di per sé l'elemento essenziale di un provvedimento amministrativo che è la motivazione dell'atto, perché esprimono essenzialmente orientamenti personali dei singoli consiglieri che vi prendono parte e quindi rendono il senso della scelta deliberativa criptico, non trasparente e dunque inidoneo a dare contezza delle scelte amministrative adottate dall'organo collegiale e dell'iter formativo della volontà complessiva dell'organo stesso, espresso attraverso la votazione finale (così, per tutte, Cons. di St., V, 8.2.2011, n. 854)"; 3) la decisione di negare l'assenso ad un strumento urbanistico attuativo per «ritorsione» alla proposizione di una diffida ad adempiere configura il vizio di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.

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E' stato pubblicato sulla G.U. n.24 del 30.1.2014 il d.m. 11 ottobre 2013, n. 161  recante «Regolamento recante norme per la ripartizione dell'incentivo di cui all'articolo 92, commi 5 e 6, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».

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TAR LAZIO ROMA, SEZ. II, 08-07-2020 N. 7849     Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale è stata disposta la cancellazione dell’iscrizione del ricorrente dall’elenco degli operatori economici e il decreto direttoriale dell’AAMS del 9 settembre 2011 n.31857.  L’amministrazione infatti richiedeva la quietanza che attestasse il pagamento ai sensi del decreto direttoriale della tassa  per l’iscrizione all’albo degli operatori economici. Con il primo motivo viene fatta valere la violazione del principio del tempus  regit actum poiché già all’avvio del procedimento di cancellazione dall’elenco, l’istante sarebbe stato in possesso dei requisiti per l’iscrizione atteso che il versamento risultava già incassato.  Con il secondo motivo del ricorso viene denunciata la violazione del principio del giusto contradditorio poiché nella comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe stata indicata la violazione dell’Art. 75 D.P.R.  28 Dicembre 2000 n. 445. La questione principale della  controversia riguarda la legittimità o meno di esclusione del soggetto in questione dall’elenco degli operatori economici. Il quadro normativo preso in considerazione per l’analisi della fattispecie si riferisce all’Art. 1 comma comma 533- bis della L. 23 Dicembre 2005 n. 266 e al decreto direttoriale dell’AAMS per gli ulteriori requisiti di iscrizione all’elenco. Vengono  ritenute necessarie  la Licenza di cui all’art.86 o 88 del TULPS, la comunicazione antimafia e la quietanza che attesti il versamento della somma di euro 150,00 a titolo di iscrizione all’albo. Alla luce del quadro sopra esposto il primo e secondo motivo del ricorso sono stati ritenuti  fondati dalla sentenza ; appurato che il pagamento per l’iscrizione all’albo rientra nella categoria di tributi istantanei da corrispondere in maniera fissa in quanto costituisce adempimento di un’obbligazione tributaria,  la disciplina sull’iscrizione nell’elenco non prevedeva  un termine finale entro cui realizzarsi l’incasso del tributo in favore dell’erario. In questo caso il soggetto aveva  dimostrato di aver versato il contributo e aveva  dichiarato di possedere la quietanza di pagamento in una data diversa rispetto a quella in cui poi si è accertato l’effettivo incasso in favore dell’erario.  Il collegio quindi ha ritenuto che la questione andasse risolta tenendo conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza. In particolare i  vizi dell’atto amministrativo sono la “ violazione della legge” , “ l’incompetenza” e “ l’eccesso di potere”. In seguito ad integrazione dei dell’ordinamento con quello dell’Unione Europea il catalogo dei vizi si è arricchito di una serie di principi di derivazione Euro-unitaria applicabili ad essi operato dall’Art 1 c.p.a. secondo cui la “ giurisdizione amministrativa” è chiamata ad assicurare una tutela effettiva secondo i principi del diritto europeo. Principi cardine dell’azione amministrativa sono il principio di proporzionalità e adeguatezza .  La proporzionalità è volta a sindacare l’individuazione del mezzo giuridico per raggiungere il fine. L’adeguatezza deve sindacare la fase di proporzionalità incentrandosi sul bilanciamento degli interessi che vengono in seguito alla scelta di un mezzo idoneo e necessario. L’idoneità riguarda il rapporto tra ilo mezzo e l’obiettivo. La necessarietà riguarda il rapporto tra il mezzo  ritenuto idoneo e il sacrificio che deriva alla sfera giuridica del destinatario.  Individuato lo strumento idoneo e necessario occorre valutare se il sacrificio sia tollerabile dal singolo nel  rapporto con gli interessi  pubblici e privati.

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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 3 febbraio 2014 n. 8 tenta di chiarire definitivamente entro quali limiti si possa sindacare l'operato della commissione di gara nella misura in cui non abbia dato atto sul verbale che i plichi siano custoditi in luoghi protetti ed idoneo ad impedire qualsivoglia manipolazione: "In assenza, quindi, di specifiche regole procedimentali a livello di disciplina generale – salvo i casi di una più puntuale regolamentazione da parte di atti generali delle singole amministrazioni aggiudicatrici, cui la commissione esaminatrice deve rigorosamente attenersi – non può essere elevato di per sé a vizio del procedimento (nel profilo della violazione di legge) l’omessa indicazione in verbale di operazioni singolarmente prese in considerazioni quali, a titolo di esemplificazione, l’identificazione del soggetto responsabile della custodia dei plichi, ovvero il luogo di custodia dei plichi stessi, nel tempo che separa ogni seduta dalla successiva. L’attenzione si sposta, quindi, sugli adempimenti complessivamente osservati dalla commissione a salvaguardia della segretezza delle offerte, dell’integrità degli atti di gara e del pericolo di manomissione. Il veicolo per l’espressione di un giudizio di sufficienza in ordine a dette operazioni - che investe cioè l’assenza di elementi e circostanze che possano viziare, sul piano sintomatico, per eccesso di potere la condotta del collegio giudicante in quanto contraria ai principi trasparenza, buon andamento e parità di trattamento dei concorrenti - è il verbale che deve accompagnare le operazioni di gara. Il verbale è redatto in via ordinaria per ogni adunanza dell’organo collegiale ed ha funzione ricognitiva e documentale delle operazioni compiute e delle deliberazioni assunte. L’art. 78 del codice degli appalti elenca, al comma 1, elementi informativi essenziali e minimali da cui deve essere assistito il verbale da redigersi per "ogni contratto". Essi non prendono, tuttavia, in considerazione le modalità di custodia dei plichi nella fase che intercorre fra una seduta e l’altra. Ancora una volta non si rinviene un puntuale dato normativo cui raccordare il giudizio di sufficienza della verbalizzazione, cui l’ordinanza di remissione raccorda l’effetto invalidane del concorso. Deve quindi pervenirsi alla conclusione che - fermi di massima sul piano funzionale i principi di sufficienza ed esaustività del verbale - la mancata e pedissequa indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura concorsuale, in tal modo collegandosi per implicito all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed all’integrità delle offerte. Ciò in anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici, il quale porta ad escludere che l’atto deliberativo possa essere viziato per incompletezza dell’atto descrittivo delle operazioni materiali, tecniche ed intellettive ad esso preordinate, salvo i casi in cui puntuali regole dettate dall’amministrazione aggiudicatrice indichino il contenuto essenziale del verbale.Ogni contestazione del concorrente volta ad ipotizzare una possibile manomissione, o esposizione a manomissione dei plichi, idonea ad introdurre vulnus alla regolarità del procedimento di selezione del contraente non può, quindi, trovare sostegno nel solo dato formale delle indicazioni che si rinvengono nel verbale redatto per ogni adunanza della commissione preposta all’esame delle offerte, ma deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su un piano di effettività e di efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuinità dell’offerta, che va preservata in corso di gara. Peraltro per quanto le modalità di conservazione siano state accurate e rigorose (ad es. chiusura in cassaforte o altro) non si potrà mai escludere che vi sia stata una dolosa manipolazione (ad es. ad opera di chi conosceva la combinazione per aprire la cassaforte) e che chi sia interessato a farlo possa darne la prova. Viceversa, il fatto che le modalità di conservazione siano state meno rigorose non autorizza a presumere che la manipolazione vi sia stata, a meno che non vengano prodotte in tal senso prove o quanto meno indizi".

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TAR Firenze, II, sentenza n. 742 del 24 maggio 2018 - Nel processo amministrativo il criterio di competenza della sede dell'autorità che ha emesso l'atto impugnato è sostituito da quello dell'efficacia spaziale, qualora questa si produca in un solo ambito territoriale regionale. Rientra nelle scelte di merito dell'Amministrazione l'individuazione in concreto delle procedure di affidamento delle concessioni di utilizzo delle banchine portuali. L'operatore economico che contesti la scelta dell'amministrazione di procedere all'assegnazione di una banchina portuale con esperimento di gara pubblica, anziché tramite la pubblicazione dell'istanza dallo stesso presentato ai sensi dell'art. 18 Reg. Cod. Nav., vanta un mero interesse strumentale all'ottenimento della banchina, di talché il ricorso dallo stesso proposto deve ritenersi inammissibile.       TAR Liguria, I Sezione, sentenza n. 687 del 21.7.2017 - Il provvedimento di annullamento di un atto in autotutela da parte della Pubblica Amministrazione va sempre motivato con esigenze di pubblico interesse e con un adeguata verifica della sussistenza di ragioni atte ad escludere l'affidamento del privato. Qualora l'annullamento riguardi il rilascio di un'autorizzazione ai sensi dell'art. 45-bis cod. nav., e non sussistano comprovate ragioni di urgenza, il provvedimento dovrà essere notificato non solo al suo diretto destinatario (nel caso di specie, la società concessionaria di area adibita a porto turistico), ma anche al soggetto cui era stata affidata l'attività proprio in conseguenza dell'autorizzazione poi annullata.     Con sentenza 14.7.2016, la Corte di Giustizia si è definitivamente pronunciata sul caso Promoimpresa s.r.l. (cause riunite C-458/14 e C-67/15) in materia di concessioni demaniali marittime e lacuali - introducendo, inaspettatamente, una serie di distinguo giuridici che potrebbero offrire, a parere di chi scrive, alcuni spiragli di apertura sul rinnovo automatico delle concessioni in essere al 2020.   Innanzi tutto, la Corte delega ai giudici nazionali alcune valutazioni dirimenti, caso per caso, ai fini della derogabilità all’obbligo di esperimento della gara.   Più in particolare, è certamente contraria al diritto dell’Unione, secondo la Corte, la proroga automatica e indiscriminata delle concessioni demaniali marittime, se le stesse rientrano nel campo di applicazione dell’art. 12 della direttiva Bolkestein n. 2006/123.  Quest’ultimo articolo si applica ai casi in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili.   Nel presupposto innegabile che le aree demaniali situate sulle rive dei laghi o del mare italiano riguardino le risorse naturali, spetterà al giudice nazionale, secondo la Corte, stabilire se la concessione oggetto di controversia rientri o meno fra quelle per le quali è previsto un numero limitato di autorizzazioni per via della scarsità delle risorse disponibili. Nell’ipotesi in cui la concessione rientri nel campo di applicazione del citato art. 12,  la procedura di selezione tramite gara non può essere omessa.   Qualora, invece, la concessione oggetto di causa non rientri, a parere del giudice, nel campo di applicazione della “direttiva servizi”, dovrebbe allora essere esaminata alla luce del diritto primario dell’Unione e, in particolare, dell’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che disciplina la libertà di stabilimento.   Presupposto per l’applicazione di questa norma, tuttavia, è la sussistenza di un interesse transfrontaliero certo, che andrebbe – anche in questo caso - valutato dal giudice nazionale sulla base di criteri quali l’importanza economica della concessione, il luogo della sua esecuzione, le sue caratteristiche.   Una volta accertata la sussistenza di un interesse transfrontaliero, l’assegnazione della concessione non potrà che avvenire sulla base di procedure di selezione trasparenti.   Ricapitolando, il granitico obbligo comunitario di mettere a bando la concessione dei tratti di spiaggia disponibili viene “delimitato” dalla Corte nei termini che seguono:   - innanzi tutto, l’obbligo non opera qualora, a parere del giudice nazionale, la concessione oggetto di causa non rientri fra quelle previste dall’art. 12 della direttiva Bolkestein. Vero è che, in questo caso, entrerebbe comunque in gioco l’art. 49 del Trattato, che garantisce la libertà per le imprese straniere distabilirsi nell'aree demaniali italiane ai fini del loro sfruttamento economico per attività turistico-ricreative. L’applicazione di questa norma tuttavia – e così anche l’obbligo di esperire procedure di gara trasparenti – è subordinata al requisito dell’interesse transfrontaliero certo della concessione oggetto di causa. Un simile interesse dipende da una serie di parametri (fra i quali, come si diceva, l’importanza economica della concessione e il luogo della sua esecuzione) atti ad escludere molti piccoli imprenditori, per i quali la proroga potrebbe quindi essere salva;   - qualora poi le concessioni venissero impostate nel senso di affidare una prestazione di servizi determinata dall’ente aggiudicatore, si potrebbe rientrare nella normativa sugli appalti. Anche in questo caso, però, l’applicazione delle relative disposizioni sarebbe subordinata al superamento della c.d. soglia di rilevanza comunitaria, che oggi è fissata per i servizi a 209.000 euro. Resterebbero quindi escluse dall’applicazione del diritto dell’Unione le convenzioni di valore inferiore, con possibili deroghe all’obbligo di esperimento di una gara per il relativo rinnovo;   - la Corte apre, infine, alla possibilità che l’amministrazione possa tenere in conto, allorquando vengano stabilite le regole della procedura di selezione, considerazioni legate a motivi imperativi d'interesse generale fra cui la tutela del legittimo affidamento del concessionario. Quest’ultimo richiede tuttavia una valutazione caso per caso atta a dimostrare che il titolare dell'autorizzazione poteva legittimamente aspettarsi il rinnovo della propria autorizzazione ed ha effettuato i relativi investimenti. Se quindi, a parere della Corte, una siffatta giustificazione non può essere invocata a sostegno di una proroga normativa automatica e applicata indiscriminatamente a tutte le autorizzazioni in questione, può assumere rilevanza nei singoli casi individuati dalle Amministrazioni, anche, in ipotesi, in riferimento a concessioni di interesse transfrontaliero. La necessità della proroga a tutela degli investimenti effettuati dall’originario concessionario, in quanto espressione della certezza del diritto, trova però un limite qualora al momento del rilascio della concessione sia già stato chiarito che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo dovevano essere soggetti a obblighi di trasparenza, cosicché il principio della certezza del diritto non può essere invocato per giustificare una disparità di trattamento vietata in forza dell'art. 49 TFUE.   Sulle cause oggi pendenti (ivi inclusi i due giudizi dai quali è partito il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia) decideranno i giudici aditi. Sarà interessante monitorarne l’esito, per capire come utilizzeranno l’ampio potere di discernimento affidato loro dalla Corte.   Sulle vertenze non ancora oggetto di causa, incideranno i provvedimenti legislativi e amministrativi che verranno a breve adottati e che potranno, se del caso, essere impugnati davanti ai TAR competenti, anche sulla base dei principi estrapolati dalla “politica” sentenza in commento.   Non si può escludere l’opportunità di chiedere, in quella sede, nuovi chiarimenti alla Corte lussemburghese, tramite lo strumento del rinvio pregiudiziale.     Conclusioni dell'Avvocato generale della Corte di Giustizia Szpunar rese in data 25.2.2016 nella causa Promoimpresa s.r.l. (cause riunite C-458/14 e C-67/15) - L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, osta, secondo l'Avvocato Generale, ad una normativa nazionale che proroga automaticamente la data di scadenza delle autorizzazioni relative allo sfruttamento del demanio pubblico marittimo e lacuale. La proroga di dette concessioni  sarebbe giustificata, secondo il Governo italiano, dalla necessità di consentire agli interessati di rendere redditizi gli investimenti effettuati, conformemente al principio della tutela del legittimo affidamento. L'Avvocato Generale ritiene tuttavia che la giustificazione relativa al principio della tutela del legittimo affidamento invocata richieda una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare, attraverso elementi concreti, che il titolare dell’autorizzazione abbia potuto aspettarsi legittimamente il rinnovo della propria autorizzazione e abbia effettuato i relativi investimenti. Detta giustificazione non può pertanto essere invocata validamente a sostegno di una proroga automatica, come quella istituita dal legislatore italiano, che è applicata indiscriminatamente a tutte le concessioni demaniali marittime e lacuali.   T.A.R. Liguria, Sez. II, 6 febbraio 2014, n. 224 - "Per quanto può risultare utile in funzione deflattiva di un potenziale contenzioso, peraltro, appare opportuno un breve cenno alla peculiare situazione dei luoghi, adeguatamente rappresentata mediante la documentazione versata agli atti del presente giudizio. Si fa riferimento, in particolare, alle fotografie che documentano l’esistenza di un accesso alla battigia, alternativo a quello che si snoda attraverso il campeggio e apparentemente non disagevole, garantito da una breve scalinata posta immediatamente all’esterno dell’area di proprietà privata. Non rientra nel perimetro del presente giudizio di legittimità sindacare la perfetta equipollenza di tale opzione alternativa di accesso alla battigia, ma solo rilevare come tale condizione, qualora positivamente accertata dalla competente Amministrazione, risulterebbe idonea a soddisfare l’interesse pubblico presidiato dall’art. 1, comma 251, lett. e), della legge n. 296 del 2006".

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L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato istruzioni e modulistica per la presentazione della domanda di collaborazione volontaria introdotta dal d.l. n. 4/2014. Dal 12 febbraio è quindi possibile proporre osservazioni sul modello di richiesta e sulle schede allegate possono essere inviate alla casella di posta elettronica bozzadisclosure@agenziaentrate.it entro il 15 marzo 2014. Si pubblicano qui di seguito, oltre al Comunicato stampa dell'Agenzie delle Entrate, anche le istruzioni e la modulistica pubblicata.

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Con l'importante pronunciamento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 25 febbraio 2014, n. 9, vengono finalmente chiariti i contorni applicativi del principio di tassatività "l’art. 4, co. 2, lett. d), nn. 1 e 2, d.l. 13 maggio 2011, n. 70 - Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia - che ha aggiunto l'inciso nella rubrica dell'articolo 46, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), e nel corpo dello stesso ha inserito il comma 1-bis - non costituisce una norma di interpretazione autentica e, pertanto, non ha effetti retroattivi e trova esclusiva applicazione alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano pubblicati (nonché alle procedure senza bandi o avvisi, i cui inviti siano inviati), successivamente al 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011>>; b) il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), si applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal medesimo codice; c) sono legittime ai sensi dell’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione, anche se di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali; d) nelle procedure di gara disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il «potere di soccorso» sancito dall’art. 46, co.1, del medesimo codice (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) - sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti - non consente la produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali; e) nelle procedure di gara non disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il «potere di soccorso» sancito dall’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, costituisce parametro per lo scrutinio della legittimità della legge di gara che, in assenza di una corrispondente previsione normativa, stabilisca la sanzione della esclusione; conseguentemente, è illegittima - per violazione dell’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché sotto il profilo della manifesta sproporzione - la clausola della legge di gara che disciplina una procedura diversa da quelle di massa, nella parte in cui commina la sanzione della esclusione per l’inosservanza di una prescrizione meramente formale".

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