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DECRETO 29 agosto 2012 recante "Attuazione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 109/2012, in materia di emersione dal lavoro irregolare".   Ecco la circolare esplicativa dell'INPS n. 113/2012 "Art. 5, decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109. Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Disposizione transitoria per l’emersione di lavoratori extracomunitari"

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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 20.01.2014 ha chiarito che nell'ambito delle concessioni l'art. 37, comma 13 d.lgs. n. 163/06, secondo il quale "Nel caso di lavori, i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento" non trova applicazione nell'ambito di una selezione per la scelta del concessionario di un pubblico servizio.   L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 7.5.2013, n. 13, ha ribadito che "Nell’ordinamento comunitario il tratto distintivo della concessione viene individuato nelle modalità di remunerazione del soggetto affidatario e nella attribuzione o meno in capo al soggetto stesso del rischio economico connesso alla gestione economico-funzionale dell’opera o del servizio. Con riguardo alla definizione, la concessione di servizi viene definita dalla direttiva 2004/18/CE, nonché dal Codice dei contratti pubblici (art. 3, comma 12) come «il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo». Più specificamente, l'art. 30 del medesimo Codice al comma 2 afferma che nella concessione di servizi la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio. La distinzione attiene alla struttura del rapporto, che nell’appalto di servizi intercorre tra due soggetti (la prestazione è a favore dell’amministrazione), mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta al pubblico o agli utenti". Fatta questa premessa, l'Adunanza Plenaria statuisce il seguente principio di diritto riguardanti le Commissione preposte al vaglio delle offerte nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica esperite per il conferimento di concessioni di servizi "Deve ritenersi [...] che le regole, quali quelle contenute nell’art. 84 sui "tempi" della formazione e sulla "regolare composizione" di un organo amministrativo (tali regole aventi natura sostanziale e non ogni diversa disposizione procedurale) siano un predicato dei principi di trasparenza e di imparzialità, per cui le disposizioni di cui ai commi 4 e 10 devono ritenersi espressione di principio generale del codice e, pertanto, applicabile, ai sensi dello stesso articolo 30, anche alle concessioni di servizi pubblici".   Secondo il Consiglio di Stato, sez.VI, 4.9.2012, n. 4682 deve "trovare puntuale applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale (conforme peraltro al paradigma comunitario di riferimento) secondo cui si ha concessione quando l'operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l'onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull'Amministrazione (in tal senso –ex plurimis -: Cons. St., sez. V, 9 settembre 2011, n. 5068)"   In particolare "Si è precisato, al riguardo, che quando l'operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull'utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora si ha concessione, ragione per cui può affermarsi che è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall'appalto di servizi. Pertanto, si avrà concessione quando l'operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza, mentre si avrà appalto quando l'onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull'amministrazione (Cons. St., sez. V, 6 giugno 2011, n. 3377)".   E sul cosiddetto diritto d'insistenza, il Consiglio di Stato in tale occasione ha precisato che "non appare irragionevole la determinazione dell’Amministrazione la quale, pur curandosi di operare nell’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 30 del richiamato d.lgs. n. 163 del 2006, aveva deciso di non invitare alla gara un soggetto (l’odierna appellata) nei cui confronti era insorto un rilevante contenzioso in sede giudiziaria, conclusosi con una sentenza di condanna al risarcimento dei danni subito dall’Ateneo in seguito all’occupazione sine titulo dei propri locali".

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Si segnala la recente modifica legislativa effettuata nel corpo dell'art. 6, introducendo il comma 9-bis nella l. 27 ottobre 1988, n. 470 recante "Anagrafe e censimento degli italiani all'estero" da parte dell'art. 16, comma 3, d.l. 25 marzo 2019, n. 22 (cosidetto DL Brexit), convertito, con modificazioni, dalla l. 20 maggio 2019, n. 41 il quale prevede che "Gli effetti della dichiarazione resa all'ufficio consolare, ai sensi dei commi 1 e 3, hanno decorrenza dalla data di presentazione della stessa, qualora non sia stata già resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all'estero presso il comune di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica". Inoltre, sempre l'art. 16, comma 3 del d.l. n. 22/2019: - abroga l'art. 7 d.P.R. 6.9.1989, n. 223 che così stabiliva "1. Gli effetti della dichiarazione resa all'ufficio consolare, ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge, hanno decorrenza dalla data di ricezione della stessa da parte dell'ufficiale di anagrafe, qualora non sia stata già resa la dichiarazione di trasferimento di residenza all'estero presso il comune di ultima residenza, a norma della vigente legislazione anagrafica"; - e chiarisce, con norma di diritto intertemporale, che "Le dichiarazioni di cui al presente comma presentate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto e non ancora ricevute dall'ufficiale di anagrafe hanno decorrenza dalla medesima data"     E' stato pubblicato sulla G.U. n. 230 del 1° ottobre 2013 il d.P.C.M. 23 agosto 2013, n. 109 recante «Regolamento recante disposizioni per la prima attuazione dell'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, come modificato dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, che istituisce l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR)», che ingloba nell'ANPR sia all'AIRE  che l'INA.   E' stato pubblicato sulla G.U. n. 211 del 10 Settembre 2012 li d.P.R. 30 luglio 2012, n. 154 recante "Regolamento di attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, in materia di variazioni anagrafiche".   Esso andando a modificare il d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (Regolamento anagrafico della popolazione residente), ha previsto importanti novità in materia di anagrafe e di AIRE:   - modifica dell'art. 13, comma 3 con possibilità di utilizzare per le dichiarazioni anagrafiche il fax e gli strumenti telematici ai sensi dell'art. 38 d.P.R. n. 445/2000;   - inserimento all'art. 13 del comma 3-bis con la specificazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento;   - sostituzione dell'art. 16, comma 2, che ora prevede che "2. Nel caso di persona che dichiari per sè e/o per i componenti della famiglia di provenire dall'estero, l'ufficiale di anagrafe dà comunicazione della dichiarazione resa dall'interessato all'ufficiale di anagrafe del comune di eventuale precedente iscrizione anagrafica affinché questo, qualora non sia stata a suo tempo effettuata la cancellazione per l'estero, provveda alla cancellazione per emigrazione nel comune che ha segnalato il fatto. L'iscrizione viene pertanto effettuata con provenienza dal comune di precedente iscrizione e non dall'estero; ove la cancellazione per l'estero sia stata invece a suo tempo effettuata, si procede ad una iscrizione con provenienza dall'estero";   - il tempo per la registrazione anagrafe da parte dell'ufficiale di stato civile passa da tre a due giorni (art. 17, comma 1);   - nuovo testo dell'art. 18 "(Procedimento d'iscrizione e variazione anagrafica). - 1. Entro due giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 13, comma 1, lettere a), b) e c), l'ufficiale d'anagrafe effettua le iscrizioni o le registrazioni delle variazioni anagrafiche dichiarate, con decorrenza dalla data della presentazione delle dichiarazioni. 2. Nel procedimento d'iscrizione anagrafica per trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero dei cittadini iscritti all'AIRE, l'ufficiale d'anagrafe, effettuata l'iscrizione, provvede alla immediata comunicazione, con modalita' telematica, al comune di provenienza o di iscrizione A.I.R.E., dei dati relativi alle dichiarazioni rese dagli interessati, ai fini della corrispondente cancellazione anagrafica, da effettuarsi, con la medesima decorrenza di cui al comma 1, entro due giorni lavorativi. A partire dall'acquisizione dei dati degli interessati, il comune di cancellazione cessa di rilasciare la certificazione anagrafica. 3. Entro cinque giorni lavorativi dalla comunicazione di cui al comma 2, il comune di provenienza degli interessati, sulla base dei dati anagrafici in suo possesso, inoltra al comune di nuova iscrizione, con modalita' telematica, le eventuali rettifiche ed integrazioni dei dati ricevuti, unitamente alla notizia di avvenuta cancellazione. Fino all'acquisizione dei dati, l'ufficiale d'anagrafe del comune di nuova iscrizione rilascia certificati relativi alla residenza, allo stato di famiglia sulla base dei dati documentati, e ad ogni altro dato detenuto dall'Ufficio. 4. Qualora, trascorso il termine di cui al comma 3, non si sia proceduto agli adempimenti richiesti, il comune di nuova iscrizione ne sollecita l'attuazione, dando comunicazione alla prefettura dell'avvenuta scadenza dei termini da parte del comune inadempiente";   - introduzione dell'art. 18-bis con la previsione di un'apposita procedura di verifica da concludersi entro 45 giorni;   - introduzione dell'art. 19-bis per la risoluzione delle "vertenze anagrafiche" tra uffici anagrafici;   - modifiche in materia di schedario anagrafico (art. 20, comma 1).     Vedi, tuttavia, ora gli artt. 2-4 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 recante "Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese" (Gazz. Uff. n. 245 del 19 Ottobre 2012), con i quali si prevede, modificando l'art. 62 del CAD, l'istituzione dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) "che subentra all'Indice 3 nazionale delle anagrafi (INA), istituito ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, recante "Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente" e all'Anagrafe della popolazione italiana residente all'estero (AIRE), istituita ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470, recante "Anagrafe e censimento degli italiani all'estero".

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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 16 ottobre 2020 n. 22 è nuovamente intervenuta in materia di avvalimento precisando che la clausola della lex specialis che subordini l'avvalimento dell'attestazione SOA alla produzione, in sede di gara, dell'attestazione SOA anche dell'Impresa ausiliata si pone in contrasto con gli artt. 84 e 89, comma 1, del codice dei contratti pubblici ed è pertanto nulla ai sensi dell'art. 83, c. 8, ult. per., del medesimo Codice. Ricorre in detta ipotesi un caso di nullità parziale limitata alla clausola che non si estende all'intero provvedimento, il quale conserva natura autoritativa; di fronte a della nullità della clausola escludente non sussiste l'onere di proporre ricorso perchè tale clausola si deve intendere come non apposta a tutti gli effetti di legge, salvo impugnare nei termini ordinari gli atti successivi che ne facciano applicazione   L'Adunanza Plenaria 4 novembre 2016, n. 23 è intervenuta sul contratto di avvalimento statuendo il seguente principio di diritto: "L’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’articolo 47, paragrafo 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi (quale quella che qui rileva) in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346, 1363 e 1367 del codice civile. In siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di ‘nullità di protezione’. Le conclusioni di cui sopra trovano applicazione, non ravvisandosi ragioni in senso contrario, anche nel caso di categorie che richiedono particolari requisiti di qualificazione come la OS18A (riguardante “la produzione in stabilimento ed il montaggio in opera di strutture di acciaio”)".   Importantissima decisione della CGUE 10.10.2013, C-94/12 con la quale è stato ritenuto che "Gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 … letti in combinato disposto con l’articolo 44, paragrafo 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese".   In sostanza, la Corte di Giustizia ha ritenuto che l'art. 49, comma 6 del Codice dei contratti non sia conforme alla sovraordinata disciplina comunitaria, legittimando di fatto l'utilizzo generalizzato dell'avvalimento plurimo nel settore dei lavori pubblici.   In particolare, la considerazione che ha mosso la Corte di Giustizia a tale statuizione è l'aver ritenuto che i "lavori che presentano peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori" costituirebbero una "situazione eccezionale" (rispetto alla generalità dei casi, nell'ambito dei quali ad avviso della Corte detto "avvalimento plurimo" sarebbe ammesso), che potrebbe essere temperata attraverso la specifica richiesta della stazione appaltante di un "livello minimo della capacità in questione raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici". Di primo acchito la pronuncia potrebbe creare una certa confusione: -          sia in fase di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, laddove alla predetta (già di per sé potenzialmente "destabilizzante") generalizzazione dell'avvalimento plurimo si associa una davvero ampia discrezionalità in capo alle stazioni appaltanti, alle quali la Corte attribuisce il potere di valutare "di volta in volta" se ricorrano i presupposti per l'imposizione del divieto di avvalimento plurimo in ragione di un'esigenza "connessa e proporzionata all'oggetto dell'appalto interessato"; -          sia in fase di esecuzione dei lavori, laddove verrà concretamente in evidenza la "sufficienza" o meno della "associazione di capacità inferiori di più operatori", che in sede di partecipazione alla gara il partecipante ha formalizzato attraverso l'avvalimento plurimo, a "coprire" una "determinata capacità"; -          sia in sede di conseguante attestazione, laddove mi pare la pronuncia allegata potrebbe complicare il quadro complessivo di riferimento.     Determinazione per l'Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture  del 1° agosto 2012, n. 2 recante linee guida per l'utilizzazione dell'istituto dell'avvalimento nelle procedure di gara (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 185 del 09/08/2012)

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T.A.R. Liguria, Sez. I, 20 dicembre 2018, n. 976 - 2) Vanno scrutinate preliminarmente le eccezioni di inammissibilità delle impugnative per difetto di legittimazione e di interesse ad agire. Tale indagine deve essere distintamente svolta con riguardo alle due categorie di soggetti che agiscono in giudizio: l’Associazione commercianti, pubblici esercizi, artigiani e attività di servizi Santa 2.0 e i singoli operatori commerciali che hanno proposto il ricorso collettivo. 2.1) Per quanto concerne il primo soggetto, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che le associazioni dei commercianti sono legittimate ad agire unicamente per la tutela di interessi collettivi riferibili alla categoria in modo complessivo e unitario, senza contrasto, neppure potenziale, fra gli iscritti (cfr., ex multis, T.A.R. Liguria, sez. II, 5 luglio 2007, n. 1312). L’Associazione ricorrente, pertanto, non è legittimata a impugnare gli atti relativi ad un intervento edilizio preordinato all’insediamento di una media struttura di vendita, poiché essa agisce per la tutela degli interessi di una parte dei commercianti, in contrasto con la controinteressata Coop Liguria che beneficia degli effetti di tali atti. Non rileva, ovviamente, che la controinteressata non sia iscritta all’Associazione ricorrente, anche perché le norme statutarie di quest’ultima (cfr. art. 4) consentono l’adesione di nuovi soggetti che esercitano attività commerciali nel territorio di Santa Margherita Ligure o zone limitrofe. 2.2) Si perviene a tale conclusione anche seguendo una diversa traiettoria argomentativa. Infatti, posto che lo scopo associativo non è di per sé sufficiente a rendere differenziato un interesse diffuso facente capo ad una parte della popolazione, la giurisprudenza riconosce la legittimazione ad agire delle associazioni che perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di protezione degli interessi dedotti in giudizio, purché abbiano un adeguato grado di stabilità e di rappresentatività (cfr., ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 9 maggio 2013, n. 565). Secondo i principi, spetta ovviamente alla parte ricorrente dimostrare la sussistenza dei requisiti che supportano la propria legittimazione ad agire. Nel caso in esame, difetta innanzitutto il requisito della stabilità, inteso quale apprezzabile protrazione nel tempo dell’attività del soggetto che agisce in giudizio, poiché la costituzione dell’Associazione Santa 2.0 ha preceduto di pochi mesi l’impugnata deliberazione consiliare. La ricorrente, in secondo luogo, non ha fornito informazioni circa il numero attuale di aderenti, rendendo così impossibile apprezzarne l’effettiva consistenza. L’unico dato certo, in tal senso, è il numero di 8 soci fondatori che emerge dall’atto costitutivo, inadeguato a dimostrare un sufficiente grado di rappresentatività dei commercianti attivi in un Comune di circa 9.000 abitanti “la cui economia si basa principalmente sul turismo, sul commercio e sui servizi accessori” (cfr. ricorso introduttivo, pag. 19). 2.3) Per tali ragioni, non sussiste la legittimazione ad agire in capo all’Associazione ricorrente. 2.4) I singoli operatori commerciali dichiarano di avere “legittimazione ed interesse ad agire in virtù del noto criterio della vicinitas”, in ragione dello stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento edificatorio e nella qualità di soggetti economici asseritamente operanti nello stesso bacino di utenza rispetto a quello del soggetto proponente. Secondo tale prospettazione, quindi, le condizioni dell’azione sarebbero integrate dal requisito della vicinitas in senso sia edilizio sia commerciale. 2.5) Sotto il primo profilo, la legitimatio ad causam va esclusa in quanto i ricorrenti non hanno allegato di essere proprietari degli immobili nei quali esercitano la loro attività e, comunque, non hanno dimostrato che il contestato intervento edilizio possa pregiudicare concretamente le eventuali posizioni dominicali. Infatti, il mero criterio della vicinitas non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo pur sempre il ricorrente fornire la prova concreta di pregiudizi specifici inferti dagli atti impugnati in termini di deprezzamento del valore del bene o della concreta compromissione del diritto alla salute e all’ambiente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 383). 2.6) Per quanto concerne la cosiddetta “vicinitas commerciale”, la prevalente giurisprudenza riconosce la legittimazione degli operatori commerciali a pretendere il rispetto, da parte dei potenziali concorrenti, di tutti i precetti normativi che regolano l’attività esercitata, inclusi quelli relativi alla regolarità urbanistica ed edilizia dei locali destinati al suo svolgimento. In linea di principio, quindi, non si può escludere che un operatore economico possa impugnare un titolo edilizio al solo fine di contrastare l’attività commerciale cui è preordinato l’intervento contestato. Per evitare che il giudizio amministrativo si trasformi in una sorta di giurisdizione oggettiva, però, non può ritenersi sufficiente la generica allegazione di un “interesse commerciale”, occorrendo anche la puntuale dimostrazione di un’interferenza tra i rispettivi “bacini di utenza”, nel senso che l’attività del soggetto che agisce in giudizio e quella del controinteressato che aspira ad insediare una nuova attività commerciale devono porsi, per vicinanza territoriale e per analogia dell’offerta, in rapporto di effettiva concorrenzialità (cfr., ex multis, T.A.R. Liguria, sez. I, 5 maggio 2016, n. 420). 2.7) Nel caso in esame, nessuno dei 65 operatori che agiscono collettivamente in giudizio ha allegato elementi concretamente atti a dimostrare la possibilità di interferenze non occasionali tra l’attività del futuro supermercato e quella dei propri esercizi commerciali. Essi, infatti, non hanno quantificato la distanza che separa tali esercizi dall’area di intervento né allegato altre circostanze idonee a dimostrare la sovrapponibilità delle rispettive fasce di clientela. Non è stata fornita, in sostanza, alcuna prova in ordine al rischio di effettiva concorrenzialità tra la media struttura di vendita in progetto e le attività commerciali dei ricorrenti che, nella maggior parte dei casi, sono del tutto estranee al settore della vendita di generi alimentari (figurano tra i ricorrenti un’agenzia di pompe funebri, una provveditoria marittima, laboratori orafi, ottici, una farmacia, negozi di elettronica, ecc.). 2.8) L’omessa dimostrazione dei requisiti necessari per incardinare l’interesse e la legittimazione ad agire comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 maggio 2017, n. 460 - A diverse conclusioni deve giungersi rispetto agli altri ricorrenti i quali, in quanto titolari di impianti limitrofi (come dimostrato dalla documentazione versata in atti sub n. 8 di parte ricorrente) hanno piena legittimazione nonché interesse alla proposizione del gravame, sia sulla scorta del noto criterio della vicinitas sia in relazione a profili di concorrenza trattandosi dell’identico settore commerciale interessato. Anche al riguardo la conclusione si fonda sulla prevalente giurisprudenza a mente della quale la c.d. vicinitas costituisce elemento legittimante l'impugnazione non solo del permesso di costruire, ma anche dell'autorizzazione all'apertura di una nuova attività commerciale di cui il permesso di costruire costituisce il presupposto, da parte di soggetti operanti nel medesimo bacino commerciale, stante l'esistenza di un rapporto di presupposizione giuridica tra il rilascio del titolo edilizio e di quello per l'esercizio di un'attività commercialmente rilevante. Invero, per l'impugnativa degli atti aventi ad oggetto l'esercizio di un’attività di rilievo commerciale, la vicinitas in senso spaziale deve essere trasferita nell'ambito della nozione di bacino commerciale, ossia dell'area in cui si dispiega l'influenza economica del concorrente ed è quindi idonea ad incidere sulle posizioni di mercato del controinteressato; in questo settore, la rilevanza della posizione del ricorrente si rapporta all'interesse ad un regolare svolgimento della concorrenza, tale da non ledere illegittimamente la posizione di un altro operatore nel proprio settore di mercato (cfr. ad es. Tar Lazio 7837\2016 e CdS 2324\2015).   Informative antimafia e autorizzazioni commerciali Consiglio di Stato, III, 14 febbraio 2017, n. 672 - Le comunicazioni antimafia riguardano anche le attività soggette a scia poiché l'art. 89, comma 2, lett. a) del d. lgs. n. 159 del 2011 prevede che l’interessato debba attestare, con apposita dichiarazione resa ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 445 del 2000, che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, sospensione o decadenza, previste dall’art. 67 del medesimo d. lgs. n. 159 del 2011, anche quando gli atti e i provvedimenti della pubblica amministrazione riguardino, tra l’altro, "attività private, sottoposte a regime autorizzatorio, che possono essere intraprese su segnalazione certificata di inizio attività da parte del privato alla pubblica amministrazione competente". L'informativa antimafia può essere emessa anche laddove la richiesta concerna l'emissione di una comunicazione antimafia e il Prefetto accerti la sussistenza di tentativi di infiltrazione di stampo mafioso. La valutazione prefettizia deve fondarsi su elementi gravi, precisi e concordanti che, alla stregua della logica del più probabile che non, consentano di ritenere razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa in base ad un complessivo, oggettivo e sempre sindacabile in sede giurisdizionale, apprezzamento dei fatti nel loro valore sintomatico.  L'informativa antimafia non è un provvedimento repressivo, con finalità sanzionatoria, ma una misura preventiva, che ha carattere inibitorio alla quale non può pertanto trovare applicazione il principio di irretroattività delle misure aventi carattere afflittivo, anche in sede amministrativa. I provvedimenti inibitori dell'attività commerciale hanno carattere vincolato, non residuando all’amministrazione richiedente la comunicazione antimafia  alcun margine di discrezionalità in seguito all’emissione dell’informativa antimafia, anche se resa ai sensi dell’art. 89-bis, c. 2, del d.lgs. n. 159/2011.   Le autorità amministrative, in seguito all’emissione dell’informativa, sono obbligate ad emettere immediatamente i conseguenti provvedimenti vincolati, senza poter concedere alcuno spatium temporis all’impresa colpita dall’informativa antimafia.   TAR Liguria, Sez. I, 4 novembre 2016, n. 1085 - Ai sensi dell'art. 67 del d.lgs. n. 159/2001 l'obbligo degli enti pubblici di richiedere la comunicazione antimafia non opera solo per il rilascio di titoli abilitativi o licenze commerciali, ma anche in relazione ai titoli conseguiti dai privati con il deposito di una scia o di un consimile atto privato. Se fosse altrimenti risulterebbe frustrato lo scopo della normativa in questione, che è quello di sottoporre l’economia ad un controllo penetrante, così da salvaguardarne i principi fondanti che il fenomeno mafioso mira invece a sovvertire. La richiesta di comunicazione antimafia può essere riscontrata con l’interdittiva di cui all’art. 89 bis del d.lgs. 159/2011, anche qualora sia antecedente all'entrata in vigore della norma che l'ha introdotta nell'ordinamento (art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 153/2014); ciò in quanto, il Legislatore,  ne ha espressamente disposto l'irretroattività, com'è sua facoltà alla stregua dell'art. 25 Cost., il quale esclude ogni possibilità di deroga soltanto in materia penale.  L'inibitoria delle attività commerciali da parte del Comune per sopravvenuta interdittiva antimafia in capo al soggetto titolare dell'autorizzazione configura l'esercizio di un potere vincolato vincolato ai sensi dell’art. 92 del d.lvo 159 del 2001, nella parte in cui la norma impone di far venir meno le autorizzazioni, gli assensi, i finanziamenti e gli altri benefici di cui potrebbe avere usufruito l’impresa soggetta alle infiltrazioni mafiose.   ***  Legittimazione ad agire in materia di autorizzazioni commerciali T.A.R. Liguria, Sez. I, 5 maggio 2016, n. 420 - La valorizzazione del principio di tutela della concorrenza, infatti, ha indotto talvolta la giurisprudenza amministrativa a negare che il mero timore di vedere diminuiti i livelli di vendita costituisca ragione sufficiente a qualificare l’interesse ad impedire l’apertura di un nuovo esercizio commerciale (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 26 giugno 2008, n. 850) ovvero ad affermare che la posizione derivante dalla preesistenza dell’attività commerciale non costituisca elemento sufficiente a differenziare la posizione della parte ricorrente e, pertanto, non risulti ex se meritevole di tutela, qualora non sia stato allegato un collegamento ulteriore con il titolo autorizzativo di cui si lamenta il rilascio (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 12 febbraio 2009, n. 138). Si registra anche, in una recente pronuncia del Consiglio di Stato (sez. IV, 25 gennaio 2013 n. 489), la drastica affermazione secondo cui, per impugnare un’autorizzazione commerciale, non è sufficiente la mera vicinitas, occorrendo l’allegazione di uno specifico e concreto pregiudizio (che, nella specie, non è avvenuta). In aderenza alle recenti pronunce di questa Sezione, non dubita il Collegio, invece, che vada riconosciuta la legittimazione di un operatore commerciale a pretendere il rispetto, da parte dei potenziali concorrenti, di tutti i precetti normativi che regolano l’attività esercitata, pertanto anche di quelli poste a presidio di interessi pubblici non specificamente correlati alla categoria cui essi appartengono, bensì riguardanti indistintamente tutti i consociati. Con la sentenza n. 363 del 25 febbraio 2013, infatti, si era avuto modo di affermare che, “poiché il legittimo esercizio di un’attività commerciale è subordinato, sia in sede di rilascio del titolo che durante lo svolgimento dell’attività, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanistica ed edilizia dei locali, è possibile ammettere che un operatore economico impugni un titolo edilizio avendo come sua esclusiva finalità quella di perseguire un interesse commerciale, essendo l’iniziativa strumentale (attraverso la rimozione del titolo edilizio) alla caducazione del titolo commerciale di cui il primo costituisce presupposto”. Va richiamata, in tal senso, anche la sentenza n. 228 del 25 febbraio 2015 che ha riconosciuto la legittimazione dei titolari di alcune attività di commercio al dettaglio ad impugnare le autorizzazioni all’apertura di una media struttura di vendita e connessa variante al permesso di costruire, poiché i ricorrenti, “quali titolari di analoghe situazioni giuridiche attive, operanti in zona in potenziale concorrenza con la nuova struttura, hanno la piena legittimazione a contestare la legittimità delle scelte amministrative che mutano la zona, oltreché l’interesse concreto a contestare la legittimità di iniziative edilizie e commerciali limitrofe alla propria e, conseguentemente, il rispetto delle regole dettate a livello urbanistico ed edilizio per l’area in cui si trovano i propri interessi giuridicamente rilevanti ed i propri immobili”. Ancor più recentemente, con la sentenza n. 744 del 17 settembre 2015, questa Sezione ha precisato che va riconosciuta, in capo ad un operatore commerciale, la legittimazione a pretendere che siano rispettati tutti i parametri normativi relativi al nuovo insediamento commerciale concorrente, poiché gli atti ampliativi rilasciati in favore di quest’ultimo darebbero vita, qualora illegittimi, ad uno sviamento di clientela che, oltre a pregiudicare l’interesse del privato, “si traduce anche a danno dell’interesse pubblico relativo alla tutela della leale concorrenza”. Sulla base di tali principi, dai quali il Collegio non ravvisa ragioni per doversi discostare, non potrebbe ritenersi precluso l’esame, nel merito, della spettanza del bene della vita cui aspirano sostanzialmente i ricorrenti (vale a dire l’inibizione o la cessazione dell’attività commerciale concorrente) né la possibilità che l’illegittimità degli atti urbanistico-edilizi a monte sia fatta valere come vizio delle autorizzazioni commerciali rilasciate alle controinteressate. Il requisito della vicinitas, perciò, deve ritenersi sufficiente a fondare l’interesse ad impugnare le autorizzazioni commerciali rilasciate ad operatori concorrenti, mentre l’inammissibilità, per carenza di legittimazione, dell’azione diretta all’annullamento dei titoli urbanistico-edilizi lascia comunque integra la possibilità che i relativi vizi di legittimità siano esaminati al fine di sindacare la legittimità delle autorizzazioni suddette (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 13 marzo 2014, n. 2804). La sussistenza del requisito in parola implica, peraltro, la dimostrazione di un’interferenza tra i rispettivi “bacini di utenza”, nel senso che l’attività del soggetto che agisce in giudizio e quella dei controinteressati devono porsi, per vicinanza territoriale e analogia dell’offerta commerciale, in rapporto di effettiva concorrenzialità. Nel caso in esame, la parte ricorrente non ha fornito elementi di dettaglio sulla scorta dei quali sia possibile valutare l’impatto concorrenziale del nuovo insediamento sulle loro attività; essa si è limitata ad evocare il concetto di vicinitas nonché la posizione di debolezza sul mercato correlata alle ridotte dimensioni dei propri esercizi, ma non ha concretamente individuato le lesioni potenziali (o reali, giacché il nuovo centro commerciale ha concretamente avviato la propria attività nelle more del giudizio) provocate dall’attività che presume concorrente. La situazione di fatto relativa ad ognuno dei ricorrenti, invece, è stata dettagliatamente ricostruita dalla difesa delle Società controinteressate: - la Biemme s.n.c. è titolare di una macelleria che dista 1.830 metri dal nuovo centro commerciale; - la signora Chiara Cavallone gestisce una rosticceria sita a 2.150 metri da tale insediamento; - Market s.n.c. è titolare di una media struttura di vendita, ove sono commercializzati generi alimentari e di drogheria, ma ha una superficie di soli 160 mq ed è ubicata a 1.830 metri di distanza dal centro commerciale. Alla luce di tali elementi, non contestati dalla controparte, va escluso che l’attività del nuovo centro commerciale interferisca nel bacino di utenza dei ricorrenti e, pertanto, la sussistenza dello stabile collegamento materiale richiesto per concretizzare il requisito della vicinitas. Le rispettive attività si svolgono, infatti, ad una distanza assai considerevole e, per la dimensione degli esercizi nonché (in parte) per la tipologia dei prodotti commercializzati, sono destinate ad attrarre fasce di clientela non sovrapponibili, se non in modo occasionale e sporadico. Non si può negare, a tale riguardo, il grande richiamo esercitato sui consumatori dai centri commerciali che, normalmente, sono in grado di produrre un impatto economico su un’area piuttosto ampia, non ristretta ai commercianti già insediati nelle sue immediate prossimità e, almeno nel caso dei piccoli Comuni, neppure ai confini dell’Ente territoriale. Tuttavia, l’esigenza di evitare slittamenti verso una giurisdizione di tipo obiettivo induce ad escludere, in linea con la giurisprudenza formatasi in materia, la titolarità di un interesse oppositivo laddove non siano state fornite prove circa la diretta e immediata interferenza che la nuova attività commerciale può esercitare (o esercita) nei confronti di quelle già insediate nei Comuni viciniori (Cons. Stato, sez. V, 13 marzo 2014, n. 1263). Nel caso di specie, si ribadisce, non è stata fornita la necessaria dimostrazione in ordine alla concreta interferenza tra i bacini di utenza e tale omissione comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.  *** Misure cautelari in materia di commercio T.A.R. Liguria, Sez. I, Ord. 10 marzo 2016, n. 84 - L'allegato interesse di natura anticoncorrenziale, peraltro espresso in maniera generica, non è idoneo ad integrare il requisito del pregiudizio grave e irreparabile    *** Orari di apertura  T.A.R. Liguria, Sez. II, 7 ottobre 2014, n. 1424 - Il tribunale rileva che, in effetti, le norme denunciate con la censura in esame hanno apportato una progressiva liberalizzazione nei tempi e nelle modalità di apertura delle attività commerciali, così da favorire tali imprese che differenti vicende hanno reso meno profittevoli; tuttavia permangono i limiti normativi che tendono a conformare l’attività delle imprese di che si tratta in relazione a differenti interessi, quali sono quelli della salute umana e dell’ambiente urbano; in tal senso l’atto impugnato ha delineato in maniera convincente che le relazione dei carabinieri e gli esposti di alcuni cittadini hanno descritto una situazione di contrasto tra l’attività della società ricorrente ed i valori citati; le macchine per la distribuzione automatica dei cibi e delle bevande commercializzati dall’interessata sono divenute, sicuramente al di là del volere di quest’ultima, un centro di aggregazione di giovani che pongono poi in essere dei comportamenti che nuocciono al sonno ed alla tranquillità degli abitanti e dei turisti che trascorrono le vacanze a Sestri Levante; tale circostanza di fatto non ha trovato un’adeguata confutazione nel ricorso, che si limita a rilevare l’incongruità desumibile tra alcuni spunti contenuti nell’ordinanza e l’ipotesi secondo cui gli schiamazzi e i danneggiamenti occorsi sarebbero ricollegabili all’occasionale frequentazione delle macchinette distributrici di alimenti e bevande; in altre parole manca nel ricorso l’idonea contestazione della tesi sostenuta dall’amministrazione secondo cui quel che arreca pregiudizio al sonno ed alla salute delle persone, così come all’ambiente urbano, non è l’occasionale acquisto notturno dalle macchine distributrici, quanto l’abitudine contratta da taluni di radunarsi in prossimità del centro di vendita nella ore centrali della notte, con le conseguenze negative evidenziate nell’ordinanza; tutto ciò premesso il tribunale condivide l’assunto contenuto nell’atto secondo cui spetta all’amministrazione la comparazione tra la libertà economica che postula la libertà negli orari di apertura delle imprese esercenti il commercio e la tutela del riposo delle persone e dell’ambiente urbano;   l’esito di tali apprezzamento non è poi oggetto della cognizione giudiziale, dovendosi questa arrestare alla considerazione dell’esistenza di una congrua motivazione al riguardo.   Testo del d.lgs. 26.03.2012, n. 59 recante "Attuazione  della  direttiva  2006/123/CE  relativa  ai servizi nel mercato interno" (cosiddetta direttiva Bolkestein) coordinato con il d.lgs. 06.08.2012 n° 147 , (G.U. 30.08.2012, n. 202) recante disposizioni integrative e correttive. Fonte www.normattiva.it

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L'Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture ha pubblicato la Determinazione n. 3 del 1° agosto 2012, recante "Linee guida per gli affidamenti a cooperative sociali ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991" (pubblicata sulla nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 09/08/2012)

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E' stato pubblicato in G.U. n. 64 del 17 marzo 2017 la l. 8 marzo 2017, n. 24 recante "Disposizioni in materia di  sicurezza  delle  cure  e  della  persona assistita, nonche' in materia di responsabilita' professionale  degli esercenti le professioni sanitarie". Il testo del provvedimento apporta importanti novità: a) attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale (art. 2); b) le strutture sanitarie pubbliche e private rendono  disponibili,mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati  relativi a tutti i  risarcimenti  erogati  nell'ultimo  quinquennio,  verificati nell'ambito   dell'esercizio   della   funzione   di    monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management)(art. 4, comma 3); c) è introdotto all'art. 590-sexie del c.p. il reato di "Responsabilita'  colposa  per  morte  o  lesioni personali in ambito sanitario" (art. 6); d) la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata  che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti  dal  paziente  e ancorche' non dipendenti della struttura stessa, risponde,  ai  sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice  civile,  delle  loro  condotte dolose o colpose, incluse le prestazioni  sanitarie  svolte  in  regime  di   libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attivita' di sperimentazione e  di ricerca clinica ovvero in  regime  di  convenzione  con  il  Servizio sanitario nazionale nonche' attraverso la telemedicina. Il danno conseguente all'attivita' della struttura  sanitaria  o sociosanitaria, pubblica o privata, mentre dell'esercente  la  professione sanitaria e' risarcito sulla base delle tabelle di cui agli  articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, mentre L'esercente la professione sanitaria di  cui  ai  commi  1  e  2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043  del  codice civile,  salvo  che  abbia  agito  nell'adempimento  di  obbligazione contrattuale   assunta   con il paziente (art. 7); e) chi intende  esercitare  un'azione  innanzi  al  giudice  civilerelativa a una controversia di risarcimento del  danno  derivante  daresponsabilita'  sanitaria  e'  tenuto  preliminarmente  a   proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis c.p.c. dinanzi al giudice competente, che costituisce condizione di procedibilità dell'eventuale successiva azione risarcitoria, ma è  fatta salva la possibilita' di esperire in alternativa il  procedimento  di mediazione  (art. 8); f) il danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro  i  limiti delle somme per le quali e' stato stipulato il contratto di  assicurazione,nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta  la  copertura assicurativa alle strutture sanitarie o  sociosanitarie  pubbliche  o private (art. 12).   E' stata pubblicata su G.U. n. 263 del 10 novembre 2012  la l. 8 novembre 2012, n. 189 di conversione con modificazioni del d.l. 13 settembre 2012 , n. 158 recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute»(cd. Decreto Balduzzi) sulla G.U. n. 214 del 13 Settembre 2012. Ecco le principali novità: a) Riordino dell'assistenza territoriale e mobilita' e del personale delle aziende sanitarie (art. 1): - suddivisione del servizio assistenza in forme organizzative monoprofessionali (aggregazioni funzionali territoriali o ATF) ed in forme associativi multiprofessionali (unità complesse di cure primarie o UCCP); - le regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumentazione di base, “aperti al pubblico per tutto l'arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione, che operano in coordinamento e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere” (comma 1); - sia le ATF che le UCCP erogano l'assistenza primaria attraverso personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (comma 2): - “il personale convenzionato è costituito dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta e dagli specialisti ambulatoriali. Per i medici di medicina generale è istituito il ruolo unico, disciplinato dalla convenzione nazionale, fermi restando i livelli retributivi specifici delle diverse figure professionali” (comma 3); - organizzazione distrettuale del servizio sanitario finalizzata a garantire l'attività assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana; - possibilità per le ASL “di stipulare accordi per l'erogazione di specifiche attività assistenziali, con particolare riguardo ai pazienti affetti da patologia cronica, secondo modalità e in funzione di obiettivi definiti in ambito regionale”; - “accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina generale del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria unica per titoli, predisposta annualmente a livello regionale e secondo un rapporto ottimale definito nell'ambito degli accordi regionali, in modo che l'accesso medesimo sia consentito ai medici forniti dell'attestato o del diploma di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e a quelli in possesso di titolo equipollente, ai sensi dell'articolo 30 del medesimo decreto”; - accesso alle funzioni di pediatra di libera scelta del Servizio sanitario nazionale attraverso una graduatoria per titoli predisposta annualmente a livello regionale; b)  nuove norme sull'attività libero professionale intramuraria, con previsione di riconognizione degli spazi disponibili (art. 2); - “adozione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di sistemi e di moduli organizzativi e tecnologici che consentano il controllo dei volumi delle prestazioni libero-professionali, che non devono superare, globalmente considerati, quelli eseguiti nell'orario di lavoro”; - principio del silenzio-assenso, la temporanea continuazione dello svolgimento di attività libero professionali presso studi professionali; - pagamento di prestazioni di qualsiasi importo direttamente al competente ente o azienda del Servizio sanitario nazionale, mediante mezzi di pagamento che assicurino la tracciabilità della corresponsione di qualsiasi importo; - esclusione della possibilita' di svolgimento dell'attività libero professionale presso studi professionali collegati in rete nei quali, accanto a professionisti dipendenti in regime di esclusività o convenzionati del Servizio sanitario nazionale, operino anche professionisti non dipendenti o non convenzionati del Servizio sanitario nazionale ovvero dipendenti non in regime di esclusività, salvo deroga concedibile dal competente ente o azienda del Servizio sanitario nazionale (vincolo della completa tracciabilità dei compensi dello studio professionale);  c) disposizioni in materia di responsabilità professionale del professionista sanitario (art. 3): - "L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo" (comma 1); - previsioni in materia di copertura assicurativa degli esercenti le professioni sanitarie; - disposizioni sulla quantificazione del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria quantificato "sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, eventualmente integrate con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti all'attivita' di cui al presente articolo" (comma 3); - obbligo di aggiornamento quinquennale degli albi dei consulenti tecnici d'ufficio esperti in materie mediche (comma 5);   d) disposizioni in materia di governance delle strutture sanitarie (art. 4);   e) blocco del turn over (art. 4-bis);   f) definizione di ludopatia "intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, cosi' come definita dall'Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)" (art. 5);   g) disposizioni in materia di edilizia sanitaria. Disposizioni specifiche in materia di concessioni di lavori (art. 6); - “I lavori di ristrutturazione nonché di costruzione di strutture ospedaliere di cui al presente comma devono prevedere, previa analisi costi-benefici che ne accerti la convenienza, anche interventi di efficienza energetica ovvero l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, nonché interventi ecosostenibili quali quelli finalizzati al risparmio delle risorse idriche e al riutilizzo delle acque meteoriche”; - “applicazione per le strutture di ricovero a ciclo diurno e le altre strutture sanitarie individuate nell'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, di una specifica disciplina semplificata di prevenzione incendi”;   h) divieti (art. 7); - per la vendita di tabacchi e bevande alcoliche ai minorenni, previsioni in materia di pubblicità dei giochi con vincite in denaro; - limitazioni alla pubblicità di giochi con vincite in denaro. In particolare: - “La pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato. Qualora la stessa percentuale non sia definibile, è indicata la percentuale storica per giochi similari”; - “Formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonchè le relative probabilità di vincita devono altresì figurare sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi”; - pianificazione territoriale per i punti della rete fisica di raccolto del gioco con efficacia per i punti banditi successivi all’entrata in vigore della legge;   i) norme in materia di sicurezza alimentare e di bevande (art. 8); l) disposizioni in materia di emergenze veterinarie (art. 9);   m) disposizioni in materia di farmaci (artt. 11-13);   n) disposizioni in materia di truffe ai danni del SSN, secondo cui l'autorizzazione sanitaria all'esercizio della farmacia, in caso di condanna con sentenza di primo grado per tale reato, non può essere trasferita per atto tra vivi fino alla conclusione del procedimento penale a seguito di sentenza definitiva, oltre a subire le sanzioni di cui all’art. 1, comma 811 l. n. 296/2006 (art. 11-bis);   o) misure di razionalizzazione della spesa pubblica. Si ricorda che ai sensi dell’art. 17, comma 1 d.l. 98/2011 convertito con modificazioni in l. n. 111/2011 “Per  prezzo  di  riferimento  alle condizioni di maggiore efficienza si intende il 5º percentile, ovvero il 10º percentile, ovvero il 20º percentile, ovvero il 25º percentile dei prezzi rilevati per ciascun bene o servizio  oggetto  di  analisi sulla base della significativita' statistica  e  della  eterogeneità dei beni e dei servizi  riscontrate  dal  predetto  Osservatorio.  Il percentile è tanto  piu'  piccolo  quanto  maggiore  risulta  essere l'omogeneita' del bene o del servizio. Il  prezzo  è  rilasciato  in presenza di almeno tre  rilevazioni” (art. 15-bis)

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Interessante pronunciamento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 3 settembre 2019, n. 9 in merito a natura e funzione del Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. e soprattutto su quelle degli atti da essa emessi.   In forza di tale pronunciamento l'Adunanza Plenaria ha formulato i seguenti principi di diritto: "Hanno natura provvedimentale soltanto gli atti con cui il GSE accerta il mancato assolvimento, da parte degli importatori o produttori di energia da fonte non rinnovabile, dell’obbligo di cui all’art.11 d.lgs. n. 79/99. Salvo il legittimo esercizio, ricorrendone i presupposti, dell’autotutela amministrativa, tali atti diventano pertanto definitivi ove non impugnati nei termini decadenziali di legge. Deve invece riconnettersi natura non provvedimentale agli atti con cui il GSE accerta in positivo l’avvenuto puntuale adempimento del suddetto obbligo da parte degli operatori economici di settore".   Secondo il Consiglio di Stato, Sez. V, 10.09.2012, n. 4768 "si deve escludere che il legislatore nazionale, statale o regionale che sia, possa introdurre un limite massimo alla produzione di energia elettrica rinnovabile, poiché tale limite si dimostra in contrasto radicale con il favor della normativa europea, laddove questa fissa limiti minimi e rivede in generale riduzione degli ostacoli normativi all’aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili". Inoltre "Il D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, recante recepimento nell’ordinamento interno della direttiva in parola, ha poi confermato i propositi del legislatore comunitario ed ha previsto inoltre che le Regioni - art. 10 - possano adottare “misure per promuovere l’aumento del consumo di elettricità da fonti rinnovabili nei rispettivi territori, aggiuntive rispetto a quelle nazionali”, quindi senza incentivare i criteri che potessero portare a stabilire tetti massimi di produzione".

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ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO 13 LUGLIO 2021 N. 13: Il criterio principale di riparto della competenza per territorio, fondato sulla sede dell'autorità  che ha emesso l'atto impugnato, è suscettibile di essere sostituito da quello inerente agli effetti diretti dell'atto qualora dettaefficacia si esplichi esclusivamente nel luogo compreso in una diversa circoscrizione di Tribunale amministrativo regionale. La ratio sottesa al criterio dell'efficaciaè quella di contemperare il cd. criterio della sede, radicando - secondo un più generale principio di prossimità e secondo una logica di decentramento della giurisdizione amministrativa - la competenza territoriale del Tribunale periferico in ordine ad atti emanati da amministrazioni aventi sede in una circoscrizione di un Tribunale, ma esplicanti effetti diretti limitati alla circoscrizione territoriale di un altro Tribunale. * TRGA. TRENTINO-A.ADIGE BOLZANO, 04/03/2020, N.63: viene rigettata la richiesta di cittadinanza per mancanza di residenza legale del ricorrente e per insufficienza di reddito da lavoro. In particolare viene ritenuto violato l’Art. 9 della L. n. 91/2992 in subordine la concessione della cittadinanza alla ininterrotta residenza per dieci anni all’interno del territorio della Repubblica.  Viene tuttavia dedotta in via pregiudiziale l’incompetenza del TRGA in favore del TAR Lazio.  L’eccezione viene accolta dal Collegio sulla base dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale le controversie sui provvedimenti in materia di cittadinanza sono devoluti alla competenza territoriale del TAR Lazio ( innanzi al quale potrà essere riassunto nel termine perentorio di trenta giorni ai sensi dell’art. 15 comma 4 del C.P.A.) e così per coerenza, anche i provvedimenti che dichiarano inammissibile una domanda di cittadinanza per mancanza del requisito della residenza legale. * Con l'ordinanza collegiale n. 737/2016 il Consiglio di Stato – a definizione del conflitto di competenza sollevato d'ufficio dal TAR Lazio in una fattispecie in cui sono stati impugnati (inizialmente di fronte al TAR della Basilicata – Potenza) il diniego di rilascio dell'attestato SOA in favore di un'impresa e la conseguente annotazione dell'ANAC in capo all'impresa medesima – ha individuato nel TAR Lazio rimettente il Giudice territorialmente competente a decidere la controversia. Ad avviso del Consiglio di Stato, infatti, "il ricorso originario è diretto ad ottenere l'annullamento anche delle annotazioni presso il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture istituito presso l'Osservatorio dell'ANAC" e, quindi, il Giudice territorialmente competente a decidere è il TAR del Lazio perché: (i) "gli atti dell'ANAC sono riservati alla competenza funzionale ed inderogabile del T.a.r. Lazio, ai sensi del combinato disposto dell'art. 135, comma 1, lett. c) e dell’art. 133, comma 1, lett. i) c.p.a."; (ii) "le annotazioni ANAC hanno effetti su tutto il territorio nazionale, e dunque oltre quello della Regione in cui ha sede l'impresa cui si riferisce l’attestazione Soa". *  T.A.R. CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I, ORD. N. 773/2016 - "La competenza in materia di controversie aventi per oggetto procedure di gara si determina in relazione al luogo di produzione degli effetti diretti cui è preordinato l'atto finale della procedura, ossia in relazione all'ambito territoriale di esplicazione dell'attività dell'impresa affidataria conseguente all'emanazione del provvedimento di aggiudicazione e alla stipula contrattuale, e, quindi, al luogo di esecuzione del contratto   - per i giudizi di cui all’art. 119 cod. proc. amm. (ivi compresi, quindi, quelli di cui al comma 1, lett. a, relativi, cioè, a provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture), l’art. 14, coma 3, cod. proc. amm. prevede la competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale - a norma dell’art. 47, comma 1, cod. proc. amm., è da considerarsi questione di competenza funzionale inderogabile anche la ripartizione delle controversie fra sede del capoluogo e sezione distaccata del medesimo Tribunale amministrativo regionale, allorquando si tratti, tra l’altro, dei giudizi ex art. 119, comma 1, lett. a - è da reputarsi rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 15, comma 1, cod. proc. amm., finché la causa non è decisa in primo grado, l’incompetenza della Sede adita in luogo della Sezione distaccata del medesimo Tribunale amministrativo regionale" * Ancora l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con l'ordinanza 7.11.2014, n. 29 ribadisce in materia di impugnativa contestuale di informativa prefettizia antimafia e decisione di una stazione appaltante ubicata in altra regione rispetto a quella della prefettura emanante che "va riconosciuta la prevalenza del criterio della competenza territoriale, previsto dall’art. 13 c.p.a., rispetto a quello della competenza funzionale, nei casi di affidamento di lavori, servizi e forniture di cui all'art. 119 c.p.a., comma 1, lett. a), in base ai principi di concentrazione dei procedimenti giurisdizionali e del simultaneus processus - garanti dell'effettività della tutela giurisdizionale e dell’economia dei giudizi secondo gli indirizzi segnati dagli artt. 24 e 111 della Costituzione e dal diritto comunitario. Assume, pertanto, rilievo - alla stregua del rinvio esterno alle disposizioni del cod. proc. civ. di cui all’art. 39 c.p.a. - l' art. 31 c.p.c. in tema di rapporti di connessione tra causa principale e causa accessoria, che riconosce competente, in caso di pluralità di domande, il giudice cui è rimessa la cognizione della prima; - si realizza, quindi, una particolare forma di connessione per accessorietà in base alla quale, ai fini della determinazione del giudice competente, la causa principale (avente ad oggetto l' informativa prefettizia) attrae a sé quella accessoria (avente ad oggetto gli atti applicativi adottati dalla stazione appaltante), senza che a ciò siano di ostacolo le norme sulla competenza funzionale". * Finalmente chiarificatore l'intervento del Consiglio di Stato, Ad. plen., 31.07.2014, n. 17 il quale ha statuito che deve ritenersi "come correttamente prospettato dal Collegio rimettente, la tendenziale prevalenza della competenza inderogabile funzionale affermata dalla giurisprudenza di questo Consiglio in ipotesi di connessione tra ricorsi, non può non tener conto del particolare legame esistente tra i ricorsi, quale emerge dalla situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, e, in particolare, del nesso di dipendenza logico-giuridica tra domanda principale e domanda accessoria.. Conseguentemente la vis attractiva della competenza funzionale sulla domanda accessoria, sul piano processuale, non può essere considerata tale da invertire, sul piano sostanziale, il vincolo di dipendenza logico-giuridica dalla domanda principale, sottraendo quest’ultima alla cognizione del giudice che invece sarebbe competente a conoscerne. Il che appunto avviene nel rapporto tra informativa tipica e atto consequenziale. Si perverrebbe, altrimenti, alla conclusione che la competenza sulla domanda accessoria attragga a sé quella sulla domanda principale, con un’inversione processuale che, per la solo formalistica preminenza aprioristicamente assegnata alla competenza funzionale di cui all’art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a., non considera il vincolo di connessione che lega le domande sul presupposto della loro intrinseca e sostanziale dipendenza logico-giuridica.   Alla luce di tali considerazioni deve, pertanto, ritenersi che nel caso di specie si realizzi una particolare forma di connessione per accessorietà in base a cui, ai fini della determinazione del giudice competente, la causa principale (avente ad oggetto l'impugnativa prefettizia) attrae a sé quella accessoria (avente ad oggetto gli atti applicativi adottati dalla stazione appaltante), senza che a ciò siano di ostacolo le norme sulla competenza funzionale. Deve quindi concludersi nel senso che in caso di contestuale impugnativa dell'informativa prefettizia interdittiva e dei conseguenti atti applicativi adottati dalla stazione appaltante, il giudice competente debba essere individuato nel Tar nella cui circoscrizione si trova la Prefettura che ha adottato l'informativa" Mentre se così non fosse "sulla medesima informativa antimafia potrebbe variamente radicarsi la competenza di diversi TT.AA.RR. Infatti, nel caso in cui il ricorrente impugni la sola informativa sarebbe territorialmente competente il Tar del luogo ove ha sede la Prefettura che ha adottato l'atto; se il ricorrente impugnasse contestualmente (o con motivi aggiunti), anche gli atti successivi adottati dalla stazione appaltante diventerebbe funzionalmente competente il Tar del luogo ove ha sede tale stazione appaltante. In questo modo, pertanto, potrebbe essere il comportamento del ricorrente a determinare il giudice competente, creando un’occasione di “forum shopping” che il nuovo c.p.a ha inteso evitare". * Consiglio di Stato, ad. plen. 20 novembre 2013, n. 29 chiarisce un importante aspetto in materia di competenza territoriale e connessione: "in fattispecie di sopravvenuta impugnazione dell’atto connesso ( o, meglio, di introduzione nel processo pendente di una nuova e più ampia azione, connessa alla prima esercitata ), si deve ritenere che la competenza relativa all'atto applicativo impugnato con motivi aggiunti - che non sono configurabili come autonomo atto impugnatorio e non fanno le veci di un separato, secondo, ricorso – venga attratta da quella relativa ai provvedimenti presupposti originariamente impugnati, valendo così a vanificare la competenza territoriale del Giudice in ordine al primo ordinariamente competente sulla base dei criterii, di cui all’art. 13 c.p.a. Conclusione, questa, che trova fondamento nei richiamati principii di economia dei giudizi e di razionalità del sistema processuale, senz'altro applicabili nella misura in cui determinano un ragionevole coordinamento tra i principii recati dagli artt. 13 e 43 del codice del processo amministrativo, peraltro nel solco del generale favor che il nuovo codice accorda al simultaneus processus; e che la concentrazione dei processi, nell'alternativa tra diverse competenze per territorio, sia tendenzialmente favorita a livello sistematico con l'attrazione alla causa principale, risulta evidente anche dal dato testuale dell'art. 42 c.p.a., il quale pure dispone, salvo che concorra un profilo di competenza funzionale, che la cognizione del ricorso incidentale è attribuita al giudice competente per quello principale" [fattispecie riguardante impugnativa di informativa prefettizia, alla quale è seguito ricorso per motivi aggiunti avverso l'atto della stazione appaltante con la quale si rendeva noto all'impresa ricorrente di essere impossibilitata a ripristinare il rapporto oltreché ulteriore ricorso per motivi aggiunti - sul quale è intervenuta l'Adunanza Plenaria in parola -, avente ad oggetto il mancato invito dell'impresa medesima all'indizione di una nuova procedura di gara]. * Consiglio di Stato, Ad. plen. 2 aprile 2013, n. 6 ha avuto modo di chiarire che nel caso di impugnazione di atto plurimo i cui effetti non si esauriscono in un contesto regionale, la competenza spetta al TAR Lazio. * Consiglio di Stato, ad. plen., ordinanza, 24 settembre 2012, n. 33, come precisato nella relazione al Codice del Processo Amministrativo "il criterio ordinario di riparto della competenza per territorio «è quello della sede dell’autorità amministrativa cui fa capo l’esercizio del potere oggetto della controversia. Tuttavia tale criterio non opera là dove gli effetti diretti del potere siano individuabili in un ambito diverso; in tal caso la competenza è del Tribunale nella cui circoscrizione tali effetti si verificano. Ciò in linea con il più recente orientamento secondo cui deve in tali ipotesi privilegiarsi il criterio connesso all’ambito territoriale di efficacia diretta del potere esercitato, anche in ragione delle possibili connessioni tra diversi giudizi, nonché per non accrescere oltremodo il carico del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sul quale altrimenti verrebbero a gravare tutte le controversie aventi ad oggetto l’attività delle amministrazioni che hanno sede nella capitale, anche quando tale attività riguardi in via diretta circoscritti ambiti territoriali». Non v’è dubbio, dunque, che in tema di competenza territoriale inderogabile del giudice amministrativo il criterio principale sia quello della sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato e che tale criterio sia sostituito da quello inerente gli effetti “diretti” dell’atto, qualora essi si esplichino in luogo compreso in un diversa circoscrizione territoriale di Tribunale amministrativo regionale". Si veda ora anche il comma 4-bis introdotto all'art. 13 del c.p.a. dal d.lgs. n. 160/2012: "4-bis. La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza". * Consiglio di Stato, Ad. plen., ordinanza, 19 novembre 2012, n. 34. In linea generale le modifiche apportate al Codice di rito amministrativo hanno effetto soltanto per i processi instaurati successivamente alla loro entrata in vigore (cfr. Ad. plen., 7 marzo 2011 n. 1 e 5 maggio 2011 n. 5). Tuttavia anche prima dell'introduzione del comma 4-bis all'art. 13 in forza dell'art. 1, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 160 del 2012 "Non v’è dubbio [...] che [...] in tema di competenza territoriale inderogabile del giudice amministrativo il criterio principale è quello della sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato e che tale criterio è sostituito da quello inerente gli effetti «diretti» dell’atto, qualora essi si esplichino in luogo compreso in un diversa circoscrizione territoriale di Tribunale amministrativo regionale". Ne consegue che si conferma l'interpretazione già resa con l'Ordinanza n. 33/2012, per cui l'impugnazione di un'informativa della Prefettura di Agrigento in forza della quale non è stato autorizzato un subappalto da un'Amministrazione piemontese, trova quale giudice competente il T.A.R. della regione Piemonte. * Ancora con Consiglio di Stato, Ad. plen., 12 dicembre 2012, n. 38 viene ribadita la competenza dell'Amministrazione periferica nel caso in cui insieme all'atto principalmente impugnato siano gravati anche direttive e gli atti di indirizzo o pareri interni (sentenza in tema di impugnazione di una modifica statutaria di un Ateneo italiano che stabiliva la proroga degli organi di Governo esistenti in vista dell'attuazione della legge Gelmini e con la quale era stata gravata anche alcuni pareri e/o atti d'indirizzo ministeriali e della CRUI, con la quale è stata confermata la competenza del Tribunale amministrativo periferico) * Consiglio di Stato, ad. plen., ordinanza, 11 dicembre 2012, n. 37 in materia di foro del pubblico impiego si è precisato che l'art. 13, comma 2 c.p.a., secondo il quale "Per le controversie iguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio", non può essere interpretato alla lettera, "infatti, dal punto di vista strettamente letterale, potrebbe sembrare che tale criterio speciale si applichi ogni volta che una delle parti in causa sia un pubblico dipendente, quali che siano la materia e l’oggetto della controversia. Di fatto però è sempre stato pacifico che la disposizione si riferisca specificamente (e restrittivamente) alle controversie in materia di pubblico impiego, ossia a quelle tra l’impiegato e l’amministrazione (intesa quale datore di lavoro) e abbiano per oggetto pretese (diritti o interessi) inerenti al rapporto di lavoro. Il tutto, s’intende, a condizione che si tratti di rapporto lavorativo conservato alla giurisdizione del giudice amministrativo dopo la riforma del d.lgs. n. 80/1998". * Consiglio di Stato, ad. plen. ordinanza 4 febbraio 2012, n. 4 in materia d'individuazione del TAR competente in materia d’informativa antimafia resa dall'Ufficio Territoriale del Governo di Cagliari a seguito della quale il responsabile di una stazione appaltante sicialiana ha revocato l’aggiudicazione di un appalto di lavori. Secondo i Giudici di Palazzo Spada "i rapporti tra il criterio della sede e quello dell’efficacia spaziale secondo una logica di complementarietà e di reciproca integrazione, hanno inteso chiarire che il criterio ordinario, rappresentato dalla sede dell'autorità amministrativa cui fa capo l'esercizio del potere oggetto della controversia, cede il passo a quello dell’efficacia spaziale nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un tribunale periferico. In tal caso la competenza spetta, quindi, al tribunale nella cui circoscrizione tali effetti si verificano anche nell’ipotesi in cui l’atto sia stato adottato da un organo centrale dell’amministrazione statale, da un ente ultra regionale ovvero da un organo periferico dello Stato che abbia sede nell’ambito della circoscrizione di altro tribunale territoriale". Pertanto, viene individuata la competenza del TAR Sicilia. La decisione precisa che "Detta regula iuris è stata ribadita e rafforzata dallo jus superveniens di cui al comma 4 bis dell’art. 13 del codice del processo amministrativo - introdotto dall’articolo 1, lett. a), del d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, entrato in vigore il 3 ottobre 2012 - secondo cui «la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a ricorrere attrae a sé anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento, tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza». Tale sopravvenienza normativa, pur non applicabile ai processi instaurati prima della sua entrata in vigore in forza del generale principio di irretroattività cristallizzato dall’art. 11, comma 1, delle disposizioni del codice civile sulla legge in generale (così Cons. Stato, ad. Plen., ord. n. 34/2012 cit.), si risolve nell’esplicitazione della ricordata regola, già desumibile dal testo previgente, alla stregua della quale il criterio della sede dell'autorità che ha emesso l'atto impugnato è sostituito da quello dell’efficacia spaziale qualora questa si produca in un solo ambito territoriale regionale", venendo ribadito che "che, secondo pacifico insegnamento pretorio, ora confermato dal dato positivo (art. 13, comma 1, cit.), ai fini della competenza territoriale vanno considerati solo gli effetti diretti e immediati dell’atto mentre non assumono rilievo gli effetti mediati e indiretti eventualmente derivanti dalla connessione con atti non oggetto di specifico gravame (Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2010, n. 1494, con riguardo a controversia avente ad oggetto atti della procedura ad evidenza pubblica relativa a contratti strumentali all'esercizio della concessione mineraria avente portata nazionale), al pari dell’efficacia eventualmente ultraregionale degli atti impugnati (Cons. Stato, ad. plen., 9 dicembre 2011, n. 22, in materia di impugnazione del provvedimento di revoca del porto d’armi adottato da organo periferico dell’amministrazione statale; nonché, con riferimento al pregresso assetto normativo, Cons. Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4965; sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3739; id., 27 aprile 2005, n. 1928". Peraltro "Non vale a spostare i termini della questione la dedotta circostanza fattuale della ripercussione prodotta dall’informativa in esame, anche attraverso l’intermediazione di informative rese da altri Uffici Territoriali di Governo, su ulteriori rapporti con altre stazioni appaltanti operanti nelle circoscrizioni di diversi tribunale periferici. A prescindere dalla qualificazione di detta propagazione effettuale in termini di efficacia diretta o indiretta, assume valore decisivo il principio della cd. scindibilità degli effetti, secondo cui, a fronte dell’ impugnazione di atto potenzialmente idoneo a operare in più regioni, debbono essere apprezzati, ai fini della statuizione sulla competenza territoriale, i soli effetti interessati dall’azione giudiziaria proposta e, quindi, la portata effettuale dell’ipotetica pronuncia di accoglimento (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8213)".

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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza 10.12.2014, n. 34 in materia di cauzione provvisoria chiarisce che è pienamente legittima la previsione contemplata nei bandi di bara della sanzione "dell’incameramento della cauzione provvisoria in caso di mancanze relative ai requisiti generali di cui all’art. 38, riferibili a tutti i concorrenti e non al solo aggiudicatario", fermo restando che la Corte rammenta come recentemente con l'introduzione del comma 2-bis dell'art. 38 ad opera dell'art. 39, comma 1 del d.l. 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114, la problematica assumerà in futuro contorni diversi in forza della circostanza che la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria (assegnando termine per regolarizzare e prevedendo altresì che le irregolarità non essenziali non rilevino). In caso di inutile decorso del termine il concorrente è escluso dalla gara.   L'art. 28 del d.lgs. 19 settembre 2012, n. 169  recante «Ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonche' modifiche del titolo V del testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attivita' finanziaria e dei mediatori creditizi». (G.U. n. 230 del 2.10.2012, in vigore dal 17.10.2012) ha modificato il comma 3 dell'art. 75 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 in materia di cauzione provvisoria. Ecco il nuovo testo: "3. La fideiussione, a scelta dell'offerente, puo' essere  bancaria o assicurativa o rilasciata dagli intermediari iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 del decreto legislativo 1°  settembre  1993,  n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell'albo  previsto  dall'articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58".   Il nuovo testo precisa che gli intermediari finanziari oltre che iscritti nell'apposito albo (non più elenco speciale) oltre che svolgere in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, devono essere sottoposti ad una società di revisione contabile iscritta nell'apposito albo.   Sempre l'art. 28, al comma 2 abroga il d.P.R. in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie, da parte di intermediari finanziari, di fideiussioni in relazione all'affidamento di lavori pubblici, ai sensi  dell'articolo 30, comma 1, della legge 11 febbraio 1994,  n. 109.

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