Salta al contenuto principale
Segnaliamo l'interessante sentenza della C.G.U.E., sez. V, del 28 giugno 2018, n. C-512/17 in materia di individuazione della residenza di un neonato nell'ambito di un contesto familiare in cui i genitori risiedevano in Stati diversi. La problematica ha sicuramente rilevanza per l'individuazione della cittadinanza del medesimo. La Corte ha chiarito, infatti, che "Secondo la giurisprudenza della Corte, la residenza abituale del minore dev’essere stabilita sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie. Oltre alla presenza fisica del minore sul territorio di uno Stato membro, si devono considerare altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea od occasionale e che essa denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare (v., in tal senso, sentenze del 2 aprile 2009, A, C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 37 e 38; del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti 44, da 47 a 49, nonché dell’8 giugno 2017, OL, C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punti 42 e 43)", in particolare "L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, dev’essere interpretato nel senso che la residenza abituale del minore, ai sensi di tale regolamento, corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita. Spetta al giudice nazionale determinare il luogo in cui si trovava tale centro al momento della proposizione della domanda concernente la responsabilità genitoriale nei confronti del minore, sulla base di un complesso di elementi di fatto concordanti. Al riguardo, in un caso come quello di specie, alla luce dei fatti accertati da detto giudice, costituiscono, congiuntamente, circostanze determinanti: –        il fatto che il minore, dalla nascita fino alla separazione dei genitori, abbia generalmente abitato con questi ultimi in un determinato luogo; –        la circostanza che il genitore che esercita di fatto, dopo la separazione della coppia, la custodia del minore continui a vivere quotidianamente con quest’ultimo in tale luogo e ivi eserciti la sua attività professionale, la quale si inserisce nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e –        il fatto che il minore, in questo luogo, abbia contatti regolari con l’altro genitore, che continua a risiedere nel medesimo luogo".

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

T.A.R. Liguria, Sez. I, 19 novembre 2018, n. 891 - Il terzo motivo censura l’illegittimità del provvedimento gravato nella parte in cui subordina l’efficacia del titolo edilizio alla presentazione della documentazione attestante il pagamento del contributo di costruzione. La censura merita accoglimento. L’articolo 42 del D.P.R. n. 380 del 2001, ai commi 2 e 5, disciplina le conseguenze del mancato o ritardato versamento del costo di costruzione, limitandosi a sancire in tali ipotesi unicamente l'aumento della percentuale del contributo stesso e l’esecuzione coattiva. Non sono pertanto legittime l'imposizione di una condizione di efficacia dell'emesso titolo abilitativo edilizio, l’irrogazione di una sanzione o l’applicazione di una modalità esecutiva diverse da quelle prefigurate dall'ordinamento per colpire l'inadempimento o la mora nel versamento del contributo di costruzione e per assicurarne il recupero all'amministrazione. (TAR Campania, Napoli Sez. VIII, 12 gennaio 2012, n. 108). Né in senso opposto assumono rilevanza le argomentazioni addotte dal comune e relative al fatto che l’intervento è già stato realizzato e che alla ricorrente è stata accordata la possibilità di un versamento rateale dell’importo dovuto, in quanto dette circostanze esulano dalla questione relativa agli effetti sul titolo edilizio dell’inadempimento o della mora nel pagamento del contributo.

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

Consiglio di Stato, Sez. III, 31 ottobre 2017, n. 5040: «a fronte di un rapporto di convivenza evidente e dichiarato, la Questura avrebbe dovuto valutare, ai sensi dell’art. 5, comma 9, del d. lgs. n. 286 del 1998, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 30, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 286 del 1998, disposizione che, seppure introdotta per regolare i rapporti sorti da unioni matrimoniali, non può non applicarsi, in base ad una interpretazione analogica imposta dall’art. 3, comma secondo, Cost., anche «al partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione ufficiale», secondo la formula prevista, seppure in riferimento al diritto di soggiorno di un cittadino di uno Stato membro UE dei suoi familiari in un altro Stato membro, l’art. 3, comma 2, lett. b), del d. lgs. n. 30 del 2007. 4.3. Una simile interpretazione non risponde solo ad un fondamentale principio di eguaglianza sostanziale, ormai consacrato, a livello di legislazione interna, anche dall’art. 1, comma 36, della l. n. 76 del 2016 … 4.6. La circostanza che l’attuale legislazione in materia di permessi di soggiorno non sia stata ancora adeguata o comunque ben coordinata, sul punto, alle riforme introdotte dalla l. n. 76 del 2016 sulle unioni civili e di fatto, consentendo il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, di cui all’art. 30, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 286 del 1998, anche al convivente straniero di cittadino italiano, purché ne ricorrano le condizioni, formali e sostanziali, ora previste dalla stessa l. n. 76 del 2016 (e, in particolare, dall’art. 1, commi 36 e 37), non osta all’applicazione mediata, anche in via analogica, degli istituti previsti dalla legislazione in materia di immigrazione per le unioni matrimoniali e, quindi, dello stesso art. 30, e ciò per la forza, essa immediata, di principî costituzionali ed europei, la cui cogenza prescinde dalla normativa sopravvenuta della medesima l. n. 76 del 2016 e dalle conseguenti disposizioni di attuazione e/o coordinamento».

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

L'Agenzia delle Entrate  con atto di risposta ad interpello antielusivo prot. n. 954-817/2017, accogliendo la tesi del contribuente, ha chiarito che l'operazione di scissione parziale non proporzionale asimmetrica effettuata da parte di due società in modo che ai soci uscenti vengano assegnate lequote/azioni della società possedente gli immobili di pertinenza, "non costituisca un'operazione abusiva ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, non consentendo la realizzazione di alcun vantaggio fiscale indebito". Secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, "in linea di principio, l'operazione di scissione èfiscalmente neutrale, ai sensi dell'articolo 173 del Testo unico delle imposte sui redditiapprovato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito "TUIR"), e il passaggio delpatrimonio della società scissa ad una o più società beneficiarie - che non usufruiscanodi un sistema di tassazione agevolato - non determina la fuoriuscita degli elementitrasferiti dal regime ordinario d'impresa.In particolare, i plusvalori relativi ai componenti patrimoniali trasferiti dallascissa alla società beneficiaria, mantenuti provvisoriamente latenti dall'operazione inargomento, concorreranno alla formazione del reddito secondo le ordinarie regoleimpositive vigenti al momento in cui i beni fuoriusciranno dalla cerchia dei benirelativi all'impresa, ossia, verranno ceduti a titolo oneroso, diverranno oggetto dirisarcimento (anche in forma assicurativa) per la loro perdita o danneggiamento, verranno assegnati ai soci, ovvero destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa".

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

T.A.R. Liguria, Sez. I, 28 gennaio 2019, n. 63 - Il certificato di agibilità (abitabilità) è un documento la cui funzione precipua è quella di attestare la regolarità urbanistica del bene, in tal modo garantendo, nell’ottica della sicurezza dei traffici, l’interesse dell’acquirente, assicurando la capacità del bene di assolvere alla funzione economico sociale cui è destinato e, quindi, tutelandone il legittimo godimento e la commerciabilità. All'acquirente di un immobile va riconosciuto un interesse specifico e tutelato a che lo stesso sia perfettamente conforme alla normativa urbanistica ed edilizia (Cons. Stato , sez. IV , 24/10/2012 , n. 5450). Pertanto, è rilevante che il provvedimento certificativo sia il più possibile completo e preciso. In particolare, l’istituto in esame, sin dall’origine, ha avuto la funzione di rendere “certa” la sussistenza delle condizioni idonee a garantire “la vivibilità e la salubrità degli ambienti” (si veda il r.d. 27 luglio 1934, n. 1265). Poco rileva, ai fini della fattispecie che ci occupa, il fatto che, nel passato, la normativa facesse riferimento sia all’”agibilità” che all’abitabilità, in quanto, con l’entrata in vigore del d.p.r. n. 380 del 2001, è “scomparso” il termine “abitabilità” (che si riferiva sostanzialmente agli immobili ad uso abitativo) in favore dell’unitaria espressione “agibilità degli edifici”. E’ significativo, al riguardo, che il titolo III del d.p.r. n. 380 del 2001 è rubricato “Agibilità degli edifici”, con ciò intendendosi l’unità immobiliare o fabbricato nel suo complesso. L’art. 24, comma 1, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, recante “certificato di agibilità,” (ora “agibilità” in seguito alla riforma operata dal d.lgs 222/16 che ha introdotto la c.d. segnalazione certificata di agibilità) definiva la funzione ed il contenuto di tale atto quale volto ad attestare >, fa comprendere come il certificato di agibilità non assume esclusivamente la ristretta funzione di garantire la conformità delle opere al progetto approvato, ma è volto ad accertare ed attestare che a seguito delle opere eseguite l’edificio (fabbricato) nel suo complesso abbia i requisiti sopra descritti e, quindi, sia, secondo la sua destinazione, effettivamente agibile, cioè utilizzabile secondo l’uso determinato. D’altronde, poiché plus semper in se continet quod est minus, il certificato di agibilità continua pur sempre a svolgere la sua funzione di accertamento della conformità o meno delle opere al progetto approvato. A conferma di quanto sin qui detto, infatti, si richiama l’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale > (Cons.Stato sez. IV, 24/04/2018, n.2456).

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

La Corte di Cassazione penale, Sez. III, 21 gennaio 2019, n. 2569 ha statuito che la costituzione di un trust per sottrarsi al pagamento anche delle imposte, oltre che di altri debiti verso soggetti privati, integra il reato di sottrazione fraudolenta di cui all'art. 11, comma 1 d.lgs. n. 74/2000. Ricordiamo che l'art. 11, comma 1 del citato decreto legislativo stabilisce che "E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi e' superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni". Occorre evidenziare come nel caso di specie: - la natura simulata del trust fosse ammessa dallo stesso imputato, essendosi il disponente riservato ogni facoltà, diritto e potere di disporre dei beni conferiti nello strumento senza alcuna limitazione; - il trust era stato costituito successivamente alla notificazione delle cartelle di pagamento.

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

Si rinvia per la lettura del provvedimento, nonché di una breve sinossi dello stesso, alla parte del sito dedicata alla documentazione alla voce "Le manovre del Governo Conte"

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

E' stato pubblicato in G.U. n. 152 dell'1.7.2022 il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83 recante "Modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio  2019,  n.  14,  in  attuazione  della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del  Consiglio  del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione  preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le  misure  volte  ad  aumentare l'efficacia  delle  procedure  di  ristrutturazione,  insolvenza   ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132  (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza) introducendo numerosissime le novità alla vigilia della sua entrata in vigore (15 luglio 2022) .   E' stato pubblicato in G.U. n. 143 del 21.6.2022 il d.m. 3 marzo 2022, n. 75 recante "Regolamento recante  disposizioni  sul  funzionamento  dell'albo  dei soggetti incaricati  dall'autorita'  giudiziaria  delle  funzioni  di gestione e di controllo nelle procedure di cui all'articolo  356  del decreto legislativo 12 gennaio 2019,  n.  14,  recante  codice  della crisi d'impresa e dell'insolvenza"     E’ stato pubblicato in G.U. n. 254 del 23.10.2021 la l. 21 ottobre 2021, n. 147 recante conversione del decreto legge 24 agosto 2021, n. 118 recante “misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia” (G.U. n. 202 del 24 agosto 2021). Ecco le principali novità   CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA D.LGS. N. 14/2019   L’entrata in vigore slitta dal 16 maggio 2022, mentre l’entrata in vigore del Titolo II (Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi) al 31 dicembre 2023 (artt. 1 e 1-bis).   Si prevede, inoltre, che l’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa (art. 2).   E’ prevista l’istituzione di un albo degli esperti di crisi aziendali nonché di una piattaforma telematica nazionale gestita dalle Camere di commercio, purché abbiano i seguenti requisiti (artt. 3-19):   - gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili;   - gli iscritti da almeno cinque anni all’albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa;   - gli iscritti da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati:   - coloro che, pur non iscritti in albi professionali, documentano di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti delle quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza.   L’iscrizione all’elenco è altresì subordinata al possesso della specifica formazione prevista con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia.   La domanda è presentata all’ordine professionale di appartenenza oppure alla Camera di commercio per i soggetti che non sono iscritti ad alcun albo. Ai fini del primo popolamento dell’elenco, fino al 16 maggio 2022, l’aggiornamento dei dati comunicati dagli ordini professionali è continuo e, a partire dal 17 maggio 2022, avviene con cadenza annuale.   L’imprenditore può chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza l’applicazione di misure protettive del patrimonio. L’istanza di applicazione delle misure protettive è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto e, dal giorno della pubblicazione, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Non sono inibiti i pagamenti. Sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori.   L’esperto può avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale, non legati all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale.   Chi ha svolto l’incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata.   L’imprenditore può dichiarare che, dalla pubblicazione della medesima istanza e sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, non si applicano nei suoi confronti gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482 -bis , quarto, quinto e sesto comma, e 2482 -ter del codice civile e non si verifica la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile. A tal fine, l’istanza o la dichiarazione sono pubblicate nel registro delle imprese e gli effetti di cui al primo periodo decorrono dalla pubblicazione.   In caso di archiviazione dell’istanza, l’imprenditore non può presentare una nuova istanza prima di un anno dall’archiviazione stessa.   Nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell’imprenditore.   L’imprenditore informa preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento.   Su richiesta dell’imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può:   a) autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;   b) autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;   c) autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di cui all’articolo 13 a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;   d) autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile.   Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di squilibrio economico-finanziario, le parti possono, alternativamente (art. 11):   a) concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all’articolo 14 (misure premiali) se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’articolo 5, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni;   b) concludere una convenzione di moratoria ai sensi dell’articolo 182-octies del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;   c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto n. 267/1942, senza necessità dell’attestazione prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d).   2. L’imprenditore può, all’esito delle trattative, domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 182-bis, 182-septies e 182-novies del regio decreto n. 267/1942. La percentuale di cui all’articolo 182-septies, secondo comma, lettera c), è ridotta al sessanta per cento se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto.   3. L’imprenditore può, in alternativa:   a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto n. 267/1942;   b) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 18 del presente decreto;   c) accedere ad una delle procedure disciplinate dal regio decreto n. 267/1942, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.   Non sono soggetti all’azione revocatoria di cui all’articolo 67, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere dall’imprenditore nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purché coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti (art. 12).   Sono previste disposizioni specifiche nel caso di gruppi di imprese ovverosia le imprese che esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica (art. 13).   Sono previste misure premiali (art. 14), prevedendosi che dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e sino alla conclusione delle composizioni negoziate, gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore sono ridotti alla misura legale.   Le sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga, sono ridotte alla misura minima se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione della istanza di cui all’articolo 2, comma 1.   Le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di cui all’articolo 2, comma 1, e oggetto della composizione negoziata sono ridotti della metà nelle ipotesi previste dall’articolo 11, commi 2 e 3.   L’Agenzia delle entrate concede all’imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall’esperto, un piano di rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta e imposta sul valore aggiunto non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori.   Quando l’esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate non sono praticabili, l’imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all’articolo 5, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell’articolo 161, secondo comma, lettere a) , b) , c) e d) , del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi (art. 18).   LIQUIDAZIONE DI SOCIETA’ PARTECIPATE PUBBLICHE (art. 19, comma 3-sexies)   Al fine di accelerare le operazioni di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche nonché la revisione straordinaria delle medesime di cui agli articoli 20 e 24 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, le amministrazioni pubbliche possono affidare alla Fintecna S.p.A. o a società da questa interamente controllata le attività di liquidatore delle società in cui detengono partecipazioni, nonché le attività di supporto al collocamento sul mercato e alla gestione di procedure di natura liquidatoria e concorsuale comunque denominate, anche sottoscrivendo apposita convenzione con la quale sono regolati i rapporti, le attività da svolgere, il relativo compenso, nonché le modalità di rendicontazione e controllo con oneri a valere sul valore di realizzo delle operazioni   MODIFICHE ALLA LEGGE FALLIMENTARE (artt. 20-23)   In particolare, si prevede l’introduzione:   - dell’art. 182-septies (Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa);   - dell’art. 182-octies (Convenzione di moratoria);   - dell’art. 182-nonies (Accordi di ristrutturazione agevolati);   - dell’art. 182-decies (Coobbligati e soci illimitatamente responsabili), secondo cui “Salvo patto contrario, gli accordi di ristrutturazione della società hanno efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo, salvo che non sia diversamente previsto”   - dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine previsto dall’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il termine fissato ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è compreso fra sessanta e centoventi giorni anche quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento ed è prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni;   - la previsione dell’art. 9, comma 5-bis d.l. n. 23/2020 convertito in l. n. 40/2020 secondo la quale “Il debitore che […] ha ottenuto la concessione dei termini di cui all'articolo 161, sesto comma, o all'articolo 182-bis, settimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può, entro i suddetti termini, depositare un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando di avere predisposto un piano di risanamento ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese, e depositando la documentazione relativa alla pubblicazione medesima. Il tribunale, verificate la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara l'improcedibilità del ricorso presentato ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, o dell'articolo 182-bis, settimo comma, del citato regio decreto n. 267 del 1942” viene prorogata dal 31.12.2021 al 31.12.2022;   - sono improcedibili fino al 31 dicembre 2021 i ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e i ricorsi per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che hanno presentato domanda di concordato preventivo ai sensi dell’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, omologato in data successiva al 1° gennaio 2019. L’istanza di cui all’articolo 2, comma 1, non può essere presentata dall’imprenditore in pendenza del procedimento introdotto con domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o con ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, anche ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.   ENTRATA IN VIGORE   Gli articoli 2, 3, commi 6, 7, 8 e 9, e gli articoli da 4 a 19 entrano in vigore il 15 novembre 2021.       E' stato pubblicato in G.U. n. 276 del 5.11.2020 il d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 recante "Disposizioni integrative e correttive a norma dell'articolo 1,  comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 20, al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d'impresa  e  dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155", il quale introduce una serie di rilevanti modifiche al Codice della crisi d'imoresa e dell'insolvenza.     E’ stato pubblicato in G.U. n. 38 del 14.12.2019 in S.O. n. 6 il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 recante “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza  in  attuazione  della legge 19 ottobre 2017, n. 155”. Il testo entrerà in vigore tra 18 mesi ad eccezione delle seguenti disposizioni che entreranno in vigore dopo 30 giorni indicate dall’art. 389: a) Per   i   procedimenti   di   regolazione   della   crisi   o dell'insolvenza e le  controversie  che  ne  derivano  relativi  alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi  di  imprese  di rilevante dimensione e' competente il tribunale  sede  delle  sezioni specializzate in materia di imprese di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168. Il tribunale sede  della  sezione specializzata  in  materia  di  imprese  e'   individuato   a   norma dell'articolo 4 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha  il  centro  degli  interessi principali (art. 27, comma 1); b) modifiche all’individuazione del giudice competente in materia di amministrazione straordinaria (art. 350); c) l’istituzione dell’albo dei  soggetti  incaricati   dall'autorita'   giudiziaria   delle funzioni di gestione e di controllo nelle  procedure  di  cui  al codice della crisi e dell'insolvenza (artt. 356 e 357); d) la realizzazione di un’area web riservata per la pubblicazione della domanda di accesso alle procedure di crisi e dell’insolvenza le cui notificazioni non siano andate a buon fine (art. 359); e) Certificazione dei debiti contributivi e per premi assicurativi e certificazione dei debiti tributari (artt. 363 e 364); f) modifica all’art. 147 del Testo Unico delle spese di giustizia che ora così recita “(Recupero delle  spese  in  caso  di  revoca  della dichiarazione di apertura della liquidazione  giudiziale).  -  1.  In caso di revoca della dichiarazione  di  apertura  della  liquidazione giudiziale, le spese della procedura e il compenso del curatore  sono a carico del  creditore  istante  quando  ha  chiesto  con  colpa  la dichiarazione di  apertura  della  liquidazione  giudiziale;  sono  a carico del debitore persona fisica, se con il  suo  comportamento  ha dato  causa  alla  dichiarazione  di  apertura   della   liquidazione giudiziale. La  corte  di  appello,  quando  revoca  la  liquidazione giudiziale, accerta se l'apertura della procedura  e'  imputabile  al creditore o al debitore.» (art. 366); g) viene sostituito l’art. 2086, comma 1, c.c. che ora così recita “L'imprenditore, che operi in forma societaria o  collettiva,  ha il dovere di istituire un  assetto  organizzativo,  amministrativo  e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa,  anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi  dell'impresa  e della perdita della continuita' aziendale, nonche' di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il  recupero  della continuita' aziendale” (art. 375); h) viene sostituito l’art. 2257, comma 1 c.c. che ora così recita “La  gestione  dell'impresa  si  svolge  nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo  comma, e spetta esclusivamente agli  amministratori,  i  quali  compiono  le operazioni necessarie per l'attuazione  dell'oggetto  sociale.  Salvo diversa  pattuizione,  l'amministrazione  della  societa'  spetta   a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri” e analogamente sono modificati gli artt. 2380-bis, 2409-novies e 2475 c.c.(art. 377); i) viene inserito dopo il quinto comma dell’art. 2476 c.c. (società a responsabilità limitata) il seguente “Gli  amministratori  rispondono   verso   i creditori sociali per l'inosservanza  degli  obblighi  inerenti  alla conservazione dell'integrita' del patrimonio sociale.  L'azione  puo' essere proposta dai creditori quando il  patrimonio  sociale  risulta insufficiente  al  soddisfacimento  dei  loro  crediti.  La  rinunzia all'azione  da  parte  della  societa'  non   impedisce   l'esercizio dell'azione da parte  dei  creditori  sociali.  La  transazione  puo' essere  impugnata  dai  creditori  sociali  soltanto   con   l'azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”. Viene anche inserito dopo il secondo comma dell’art. 2486 c.c. il seguente “Quando e' accertata la  responsabilita'  degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di  un diverso  ammontare,  il  danno  risarcibile  si  presume  pari   alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui  l'amministratore e' cessato dalla carica o, in  caso  di  apertura  di  una  procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il  patrimonio netto determinato alla data in cui si  e'  verificata  una  causa  di scioglimento di cui all'articolo 2484, detratti i costi  sostenuti  e da sostenere, secondo un criterio di normalita', dopo il  verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della  liquidazione. Se e' stata aperta una procedura concorsuale e mancano  le  scritture contabili o se a causa dell'irregolarita' delle stesse  o  per  altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno e' liquidato in misura pari alla  differenza  tra  attivo  e  passivo accertati nella procedura” (art. 378); l) sempre per quanto concerne le società a responsabilità limitata si prevede in sostituzione dei commi 2 e 3 dell’art. 2477 che “La  nomina  dell'organo  di  controllo   o   del   revisore   e' obbligatoria se la societa':  a) e' tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una societa' obbligata  alla  revisione  legale  dei conti; c) ha superato  per  due  esercizi  consecutivi  almeno  uno  dei seguenti limiti: 1) totale dell'attivo dello  stato  patrimoniale:  2 milioni di euro; 2) ricavi  delle  vendite  e  delle  prestazioni:  2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10 unita'.  L'obbligo di nomina dell'organo di controllo o  del  revisore  di cui alla lettera c) del terzo comma cessa quando,  per  tre  esercizi consecutivi, non e' superato alcuno dei predetti limiti.» (art. 379); m) sono parzialmente modificati gli artt. 3-6 d.lgs. n. 122/2005 in materia di tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire (artt. 385-388). Si rinvia ad un secondo momento il commento alle disposizioni che entreranno in vigore tra diciotto mesi.

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 27 febbraio 2019, nn. 4 e 5, ha chiarito che "Il giudicato amministrativo – in assenza di norme ad hoc nel codice del processo amministrativo – è sottoposto alle disposizioni processualcivilistiche, per cui il giudicato opera solo inter partes, secondo quanto prevede per il giudicato civile l’art. 2909 c.c.. I casi di giudicato amministrativo con effetti ultra partes sono, quindi, eccezionali e si giustificano in ragione dell’inscindibilità degli effetti dell’atto o dell’inscindibilità del vizio dedotto: in particolare, l’indivisibilità degli effetti del giudicato presuppone l’esistenza di un legame altrettanto indivisibile fra le posizioni dei destinatari, in modo da rendere inconcepibile – logicamente, ancor prima che giuridicamente – che l’atto annullato possa continuare ad esistere per quei destinatari che non lo hanno impugnato. Utilizzando tale criterio, dottrina e giurisprudenza hanno individuato alcune eccezionali ipotesi di estensione ultra partes degli effetti del giudicato. Tale estensione dipende spesso da una pluralità di fattori concorrenti, fra i quali rileva non solo la natura dell’atto annullato, ma anche, cumulativamente, il vizio dedotto, nonché il tipo di effetto prodotto dal giudicato della cui estensione si discute. Più nel dettaglio, secondo l’orientamento tradizionale, gli effetti inscindibili del giudicato amministrativo possono dipendere: a) in alcuni casi (ma raramente), solo dal tipo di atto annullato; b) altre volte, più frequenti, sia dal tipo di atto annullato, sia dal tipo di vizio dedotto; c) altre volte ancora, dal tipo di effetto che il giudicato produce e di cui si invoca l’estensione. Si ritiene, in particolare, che produca effetti ultra partes: a) l’annullamento di un regolamento (l’efficacia erga omnes in questo caso trova una base normativa indiretta nell’art. 14, comma 3, d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, che, proprio presupponendo tale efficacia, prevede che il decreto decisorio di un ricorso straordinario che pronunci l’annullamento di un atto normativo deve essere pubblicato nelle stesse forme dell’atto annullato); b) l’annullamento di un atto plurimo inscindibile (ad es. il decreto di esproprio di un bene in comunione); c) l’annullamento di un atto plurimo scindibile, se il ricorso viene accolto per un vizio comune alla posizione di tutti i destinatari (ad es. il decreto di approvazione di una graduatoria concorsuale travolto per un vizio comune); d) l’annullamento di un atto che provvede unitariamente nei confronti di un complesso di soggetti (ad es. il decreto di scioglimento di un Consiglio comunale). In tutti i casi indicati, tuttavia, l’inscindibilità riguarda solo l’effetto di annullamento (l’effetto caducatorio), perché è solo rispetto ad esso che viene a crearsi la sopra richiamata situazione di incompatibilità logica che un atto inscindibile possa non esistere più per taluno e continuare ad esistere per altri. 31. Ben diverso è il discorso per ciò che concerne gli ulteriori effetti del giudicato amministrativo (di accertamento della pretesa, ordinatori, conformativi). Secondo un risalente e consolidato orientamento interpretativo gli effetti di accertamento della pretesa e, consequenzialmente a tale accertamento, quelli ordinatori/conformativi operano sempre solo inter partes, essendo soltanto le parti legittimate a far valere la violazione dell’obbligo conformativo o dell’accertamento della pretesa contenuto nel giudicato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1° dicembre 2017, n. 5634; Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; Cons. Stato, sez. IV, 5 settembre 2003, n. 4977; Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; Cons. Stato, sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561)"

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 27 febbraio 2019, nn. 4 e 5 ha chiarito in materia di decorrenza del termine per la proposizione dell'impugnazione che "costituisce principio basilare del processo amministrativo quello secondo cui il dies a quo per impugnare decorre dalla piena conoscenza dell’atto lesivo. Si può discutere se e in che modo, ai fini della decorrenza del termine, rilevi la conoscenza e conoscibilità (oltre che della lesività) delle ragioni di illegittimità, ma non è mai stato sostenuto, né in dottrina né in giurisprudenza, che il termine per impugnare possa addirittura essere differito alla pronuncia di almeno una sentenza che accerti tali illegittimità. Riconoscere al giudicato di annullamento l’effetto di rimettere in termini tutti i cointeressati che non hanno tempestivamente impugnato significa pretermettere ineludibili, quanto elementari, esigenze di certezza e porta alla negazione di istituti cardine del diritto processuale amministrativo, primo fra tutti quello dell’inoppugnabilità dell’atto non tempestivamente gravato".

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355

Iscriviti a