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CONTRASTO AL CYBERBULLISMO Con l. 29 maggio 2017, n. 71 (in G.U. n. 127 del 3.6.2017) recante "Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed  il  contrasto del fenomeno del cyberbullismo" sono state finalmente emanate una serie di previsioni ad hoc per combattere il fenomeno del cyberbullismo nei confronti dei minori di 14 anni. Ecco le principali notività: - per  «cyberbullismo»  si  intende qualunque  forma  di  pressione,  aggressione,   molestia,   ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identita', alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento  illecito  di  dati personali in danno  di  minorenni,  realizzata  per  via  telematica, nonche' la diffusione di contenuti on line aventi  ad  oggetto  anche uno o  piu'  componenti  della  famiglia  del  minore  il  cui  scopo intenzionale e predominante sia quello di  isolare  un  minore  o  un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco  dannoso, o la loro messa in ridicolo (art. 1, comma 2); - ciascun minore ultraquattordicenne, nonche' ciascun  genitore  o soggetto esercente la responsabilita' del  minore  che  abbia  subito talunoun aatto di cyberbullismo  puo' inoltrare al titolare del trattamento o  al  gestore  del sito internet o del social media  un'istanza  per  l'oscuramento,  la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale  del  minore, diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali, anche qualora le condotte di  cui  all'articolo  1,  comma  2,  della presente legge, da identificare espressamente  tramite  r, non  integrino  le  fattispecie  previste dall'articolo 167 del  codice  in  materia  di  protezione  dei  dati personali. Qualora, entro le ventiquattro  ore  successive  al  ricevimento dell'istanza, il soggetto  responsabile  non  abbia comunicato di avere assunto l'incarico di provvedere all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, o comunque  nel  caso  in  cui  non  sia  possibile identificare il titolare  del  trattamento  o  il  gestore  del  sito internet o del social media,  l'interessato  puo'  rivolgere  analoga richiesta,  mediante  segnalazione  o  reclamo,  al  Garante  per  la protezione dei dati personali, il quale, entro  quarantotto  ore  dalricevimento della richiesta, provvede ai sensi degli articoli  143  e 144 del citato decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (art. 2); - piano di azione integrato e interventi educativi in ambito scolastico (artt. 3, 4 e 5); - procedimento di ammonimento emesso dal questore ai sensi dell'art. 8,  commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009,  n.  11,  convertito,  con modificazioni, dalla legge  23  aprile  2009,  n.  38,  e  successive  modificazioni (ar. 7)

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Il Ministero della Salute con la nuova circolare 1.9.2017, n. 26382 precisa ulteriormente l'applicazione del d.l. n. 73/2017 come convertito in l. n. 119/2017 con particolare riguardo all'imminente inizio dell'anno scolastico. In particolare, si consente di presentare in luogo della documentazione indicata, sempre entro l'11 settembre 2017 è possibile per i genitori presentare autocerficazione "tuttavia, nel caso in cui, entro il 10 marzo 2018, i genitori/tutori/affidatari non facciano pervenire idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (paragrafo 1, lettera a), della presente circolare), il minore sarà escluso dall’accesso ai servizi".   Si pubblica la circolare del Ministero della Salute del 14.8.2017 nella quale si precisano le vaccinazioni obbligatorie in relazione a ciascuna coorte di nascita: - per i nati dal 2012 al 2016: dovranno essere garantite in offerta attiva e gratuita le vaccinazioni previste dal Calendario vaccinale incluso nel Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014 (Intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2012 – G.U. Serie Generale n. 60 del 12 marzo 2012, suppl. n. 47), e, quindi, oltre a quelle obbligatorie (anti-epatite B, anti-tetano, anti-poliomielite, anti-difterite, anti-morbillo, anti-parotite, anti-rosolia, anti-pertosse e anti-Haemophilus influenzae tipo b), anche l’anti-pneumococcica e l’anti-meningococcica C;- per i nati dal 2017 in poi: dal momento che il 19 gennaio 2017 è stato approvato, con Intesa in Conferenza Stato-Regioni il nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (G.U. Serie Generale n. 41 del 18 febbraio 2017), si dovranno garantire, sempre in offerta attiva e gratuita, oltre alle vaccinazioni di cui al punto precedente e l’anti-varicella (obbligatoria), anche l’anti-rotavirus. Per le ulteriori informazioni in merito alle modifiche apportate dalla legge di conversione del d.l. n. 73/2017 si rinvia alla lettura del circolare ministeriale.   In G.U. n. 182 del 5.8.2017  la conversione in l. 31 luglio 2017 n. 119  del d.l. n. 73/2017, con modificazioni. E' prevista la vaccinazione obbligatoria e gratuita  per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati le vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-poliomielitica; b) anti-difterica; c) anti-tetanica; d) anti-epatite B; e) anti-pertosse; f) anti-Haemophilus influenzae tipo b. nonché a) anti-morbillo; b) anti-rosolia; c) anti-parotite; d) anti-varicella. E' ora previsto che, per i minori di eta' compresa tra zero e sedici anni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano l'offerta attiva e gratuita, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, delle vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-meningococcica B; b) anti-meningococcica C; c) anti-pneumococcica; d) anti-rotavirus.   In G.U. n. 130 del 7.6.2017 è stato pubblicato il d.l. 7 giugno 2017, n. 73 recante "Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale". Ecco le principali novità: a) sono vaccinazioni obbligatorie e gratuite (per i minori di anni 16)  le seguenti dodici (art. 1, comma 1): - anti-poliomielitica; - anti-difterica; - anti-tetanica; - anti-epatite B; - anti-pertosse; - anti-Haemophilus influenzae tipo b; - anti-meningococcica B; - anti-meningococcica C; - anti-morbillo; - anti-rosolia; - anti-parotite; - anti-varicella; b) in caso di mancata osservanza dell'obbligo vaccinale ai genitori esercenti la responsabilita'  genitoriale  e  ai tutori e' comminata la sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  euro 500 a euro 7.500. Non incorrono nella sanzione di cui al primo periodo del presente comma i  genitori  esercenti  la responsabilita'  genitoriale  e  i   tutori   che,   a   seguito   di contestazione da parte dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente,   provvedano,   nel   termine   indicato   nell'atto   di contestazione, a far somministrare al minore  il  vaccino  ovvero  la prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del ciclo previsto per ciascuna  vaccinazione  obbligatoria  avvenga  nel rispetto delle tempistiche  stabilite  dalla  schedula  vaccinale  in relazione  all'età. Decorso il termine di cui al comma 4, l'azienda sanitaria locale territorialmente  competente  provvede  a  segnalare  l'inadempimento dell'obbligo  vaccinale  alla  Procura  della  Repubblica  presso  il Tribunale  per  i  Minorenni  per  gli   eventuali   adempimenti   di competenza (art. 1, commi 4 e 5); c) i dirigenti scolastici delle istituzioni del  sistema  nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri di  formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole private non  paritarie  sono  tenuti,  all'atto  dell'iscrizione  del minore di eta' compresa tra zero  e  sedici  anni,  a  richiedere  ai genitori esercenti la responsabilita'  genitoriale  e  ai  tutori  la presentazione di idonea  documentazione  comprovante  l'effettuazione delle  vaccinazioni o  la  presentazione della formale richiesta di vaccinazione all'azienda sanitaria  locale territorialmente   competente,   che   eseguira'   le    vaccinazioni obbligatorie secondo la  schedula  vaccinale  prevista  in  relazione all'eta', entro la fine dell'anno scolastico. Per  i  servizi  educativi   per   l'infanzia   e   le   scuole dell'infanzia,  ivi  incluse  quelle   private   non   paritarie,   la presentazione della documentazione di  vaccinazione costituisce requisito  di  accesso.  Per  gli  altri  gradi  di  istruzione, la presentazione della documentazione di vaccinazione non  costituisce requisito di accesso alla scuola o agli esami (art. 3); d) per  l'anno  scolastico  2017/2018,  la  documentazione  di  cui all'articolo 3 deve essere presentata entro il 10 settembre 2017.  La documentazione   comprovante   l'effettuazione   delle   vaccinazioni obbligatorie puo' essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi deld.P.R. n. 445/2000. In tale caso, la  documentazione  comprovante  l'effettuazione  delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro  il  10  marzo 2018.  Si pubblica anche la circolare del Ministero della Salute pubblicata immediata dopo la pubblicazione (ma senza data e numero di protocollo) del decreto legge che precisa, tra l'altro, gli obblighi di vaccinazione in relazione all'anno di nascita (fonte http://www.salute.gov.it).

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E' stata pubblicata in G.U. n. 135 del 13.6.2017 l. 22 maggio 2017, n. 81 recante "Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi  e  nei  luoghi del lavoro subordinato". Ecco le principali novità: a) le disposizioni del d.lgs. n.  231/2002 si  applicano,  in  quanto  compatibili,   anche   alle   transazioni commerciali  tra  lavoratori  autonomi  e  imprese,  tra   lavoratori autonomi e amministrazioni pubbliche(art. 2); b) si considerano abusive  e  prive  di  effetto  le  clausole  che attribuiscono (art. 3, commi 1 e 2): b.1) al committente: - la facolta' di modificare unilateralmente le condizioni del contratto; - nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere  da  esso senza congruo preavviso; b.2) le  clausole  mediante  le  quali le parti concordano termini di pagamento  superiori  a  sessanta  giorni dalla data del ricevimento da parte del committente della  fattura  o della richiesta di pagamento; b.3) il rifiuto del committente di stipulare  il contratto in forma scritta c) trovano applicazione le previsioni dell’art. 9 l. 192/1998 in materia di nullità delle clausole che costituiscano un accordo di dipendenza economica (art. 3, comma 4); d)i  diritti di  utilizzazione  economica  relativi  ad  apporti  originali  e   a invenzioni realizzati nell'esecuzione del contratto  stesso  spettano al lavoratore autonomo (art. 4);   e)delega al Governo in materia di atti pubblici rimessi alle professioni organizzate in ordini o collegi (art. 5); f) Deleghe al Governo in materia di sicurezza e protezione sociale dei   professionisti iscritti a ordini o collegi e di  ampliamento delle prestazioni di maternita' e di malattia riconosciute ai  lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata (art. 6); g) per eventi successivi al 1º luglio 2017 la DIS-COLL e' riconosciuta ai lavoratori autonomi, nonche' agli assegnisti e ai dottorandi di  ricerca  con  borsa  di  studio  in  relazione  agli  eventi   di disoccupazione  verificatisi  a  decorrere  dalla  stessa  data (art. 7); h) a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2017 mentre in linea generale le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell'ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta, detti limiti non si applicano più ai lavoratori autonomi se addebitate analiticamente al committente. Inoltre, Tutte le spese relative all'esecuzione  di  un  incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non  costituiscono compensi in natura per il professionista (art. 8, commi 1 e 2); i) sempre in ambito fiscale le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a  corsi  di aggiornamento professionale, incluse quelle di  viaggio  e  soggiorno non sono più deducibili nella misura del 50%, bensì  sono ora integralmente  deducibili, entro il limite annuo di 10.000 euro, le  spese  per  l'iscrizione  a master e a corsi  di  formazione  o  di  aggiornamento  professionale nonche' le spese di  iscrizione  a  convegni  e  congressi,  comprese quelle di viaggio e soggiorno. Sono integralmente  deducibili,  entro il limite annuo di 5.000 euro,  le  spese  sostenute  per  i  servizi personalizzati  di  certificazione  delle  competenze,  orientamento, ricerca e  sostegno  all'auto-imprenditorialita',  mirate  a  sbocchi occupazionali effettivamente esistenti  e  appropriati  in  relazione alle condizioni del  mercato  del  lavoro,  erogati  dagli  organismi accreditati  ai  sensi  della  disciplina  vigente.   Sono   altresi' integralmente deducibili gli oneri sostenuti per la  garanzia  contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita  da forme  assicurative o di solidarietà (art. 9) l) a decorrere dalla data  di  entrata, le lavoratrici ed i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della l. n. 335/1995,  n.  335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme  previdenziali obbligatorie, tenuti al versamento della contribuzione maggiorata  di cui all'art. 59, comma 16, l. 449/1997, hanno diritto ad un trattamento economico per congedo  parentale  per un periodo massimo pari a sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino. I trattamenti economici  per  congedo  parentale,  ancorche' fruiti  in  altra  gestione  o  cassa  di  previdenza,  non   possono complessivamente  superare  tra  entrambi  i   genitori   il   limite complessivo di sei mesi (art. 8, comma 5). Si veda anche gli artt. 13 e 14; m) delega al Governo in materia di semplificazione  della normativa sulla salute e sicurezza                        degli studi professionali (art. 11); n) le amministrazioni pubbliche promuovono, in qualita' di stazioni appaltanti, la partecipazione dei lavoratori  autonomi  agli  appalti pubblici per la prestazione di servizi o ai bandi per  l'assegnazione di incarichi  personali  di  consulenza  o  ricerca,  in  particolare favorendo il  loro  accesso  alle  informazioni  relative  alle  gare pubbliche. Inoltre, Al fine di consentire la partecipazione ai  bandi  e  concorrere all'assegnazione di incarichi e appalti privati, è  riconosciuta  ai soggetti che svolgono attivita' professionale,  a  prescindere  dalla forma giuridica rivestita, la possibilità di costituire reti di professionisti, consorzi stabili e RTI (art. 12); o) introduzione della nuova forma di lavoro subordinato detto «agile», anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e  obiettivi e senza precisi vincoli di orario  o  di  luogo  di  lavoro,  con  il possibile  utilizzo  di  strumenti  tecnologici  per  lo  svolgimento dell'attivita' lavorativa. La prestazione lavorativa viene  eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una  postazione  fissa,  entro  i  soli  limiti  di  durata   massima dell'orario di lavoro  giornaliero  e  settimanale,  derivanti  dalla legge e dalla contrattazione collettiva (artt. 18-24);

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In vigore dal 10 novembre 2019 le nuove regole antiriciclaggio introdotte con D.Lgs. n. 125 del 4 ottobre 2019 (in G.U. n. 252 del 26/10/2019) "Modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 25 maggio  2017,  n. 90 e n. 92, recanti attuazione della direttiva (UE) 2015/849, nonche' attuazione della direttiva (UE) 2018/843 che  modifica  la  direttiva (UE)  2015/849,  relativa  alla  prevenzione  dell'uso  del   sistema finanziario ai fini di riciclaggio e finanziamento del  terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE".         Avvocati: approvate dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 20 settembre 2019 le "Regole Tecniche ai sensi degli Art.li 11,comma 2 e 16 comma 2 del D.Lgs.231/07  in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo".        In G.U. n. 135 del 13 giugno 2018 la deliberazione CONSOB 31 maggio 2018 di adozione del regolamento recante disposizioni di attuazione del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di organizzazione, procedure e controlli interni dei revisori legali e delle societa' di revisione con incarichi di revisione su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio, a fini di prevenzione e contrasto dell'uso del sistema economico e finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.         In GU n. 128 del 5 giugno 2018 il d.lgs. 18 maggio 2018 n. 60 recante  “Attuazione della direttiva 2016/2258/UE del Consiglio, del 6 dicembre 2016, recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio,  del 15 febbraio 2011,  per  quanto  riguarda  l'accesso  da  parte  delle autorita' fiscali alle informazioni in  materia  di  antiriciclaggio”.         E' stato pubblicato in G.U. n. 140 del 19.6.2017 il d.lgs. 25.5.2017, n. 90 recante "Attuazione della direttiva (UE) 2015/849  relativa  alla  prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei  proventi di attivita' criminose e di finanziamento del  terrorismo  e  recante modifica delle direttive 2005/60/CE e  2006/70/CE  e  attuazione  del regolamento (UE) n.  2015/847  riguardante  i  dati  informativi  che accompagnano i trasferimenti di fondi e  che  abroga  il  regolamento (CE) n. 1781/2006".   Tante le novità. Per i professionisti le principali sono l'abrogazione del registro e il diverso sistema sanzionatorio in caso di violazioni per il quale è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria.        Il testo del D.lgs. n. 125/2019       Testo d.lgs. n. 231/2017 aggiornato al giugno 2018       Le linee guida del CNF in materia di antiriciclaggio       Comunicazione Banca d'Italia febbraio 2018 in materia di obblighi antiriciclaggio per intermediari bancari e finanziari

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Con delibera n. 556 del 31 maggio 2017 ANAC ha aggiornato al Correttivo appalti le "Linee Guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136" di cui alla determinazione n. 4 del 7 luglio 2011.

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Cons. Stato, Adunanza Plenaria n. 6 del 19 settembre 2017 - La notificazione del ricorso instaurativo del processo amministrativo poteva  avvenire per posta elettronica certificata (PEC), nel rispetto delle disposizioni che la regolano, anche prima dell’adozione del d.P.C.M. 16 febbraio 2016 n. 40 ed indipendentemente dall’autorizzazione presidenziale, di cui all’art. 52, comma 2, del codice del processo amministrativo”.

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RAPPORTI ITALIA - MONGOLIA In G.U. n. 21 del 26.01.2018 il comunicato con il quale si annuncia l'entrata in vigore dell'accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Mongolia, dall'altra, fatto a Ulan-Bator il 30 aprile 2013. La ratifica e' stata autorizzata con legge 25 maggio 2016, n.  107, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 20 giugno 2016. In conformita' all'art. 63, paragrafo 1, l'Accordo e' entrato in  vigore il 1 novembre 2017.     In data 6 dicembre 2017 è stato stipulato un Accordo tra il Governo della Mongolia e l'Autorità di sistema del Mar Ligure Occidentale (ex Autorità Portuale di Genova) che prevede di intensificare le relazioni economiche e marittime individuando il porto di Genova quale terminale di destinazione dei traffici commerciali dalla Mongolia all'Europa e dall'Europa alla Mongolia.     Come da comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 13 ottobre 2017 è stato ratificato l'Accordo tra il governo italiano equello della Mongolia sulla cooperazione nel settore della difesa fatto a Roma il 3 maggio 2016 tra il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e il collega Tserendash Tsolmon. Ricordiamo i principali accordi bilaterali esistenti tra i due Paesi: •           1973 Accordo di collaborazione culturale tra la Repubblica della Mongolia e la Repubblica Italiana •           1992 Accordo bilaterale tra Governo Italiano - Mongolia per il Sostegno alimentare irrevocabile in Mongolia •           1993 Accordo bilaterale tra Governo italiano - Mongolia per il Sostegno alimentare irrevocabile in Mongolia •           1993 Accordo bilaterale tra Governo Italiano e Mongolo per il "Sostegno e la Salvaguardia dell'investimento" •           1994 Accordo bilaterale tra Governo Italiano - Mongolia per il Sostegno alimentare irrevocabile in Mongolia •           2007 Protocollo di Collaborazione tra Ministero degli Affari Esteri della Mongolia e il Ministero degli Affari Esteri Italiano •           1996 Accordo bilaterale tra Governo Italiano e Governo Mongolo per la collaborazione tecnologica ed economica •           2000 Protocollo di Collaborazione bilaterale tra due governi 2001-2003  sulla cultura, educazione, e la scienza •           2007 Accordo bilaterale tra Governo Italiano e Mongolo sul progetto governativo riguardo al debito per migliorare la salute dei bambini •           2014 Accordo bilaterale di libera entrata senza visto dei cittadini con passaporto diplomatico •           2016 Accordo bilaterale di collaborazione sulla difesa tra Governo Italiano e Governo Mongolo Ricordo infine che l'Italia con l. 30 novembre 2012, n. 241 ha ratificato e dato esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Mongolia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con protocollo aggiuntivo, fatta a Ulan Bator l'11 settembre 2003 (G.U. n.11 del 14.1.2013).

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E' stata pubblicata in G.U. n. 254 del 30.10.2017 la l. 19 ottobre 2017, n. 155 recante "Delega al Governo per la riforma  delle  discipline  della  crisi  di impresa e dell'insolvenza". Il Governo ha ora 12 mesi di tempo per adottare il decreto legislativo di riforma di tutte le procedure concorsuali e paraconcorsuali. Assai numerose risultano essere le novità. Solo per citare alcune delle principali: - adozione di un unico modello processuale per l'accertamento dello stato  di  crisi  o  di  insolvenza  del  debitore; - assoggettamento al procedimento di accertamento  dello  stato  di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore,  sia  esso  persona fisica o giuridica, ente collettivo,  consumatore,  professionista  o imprenditore   esercente   un'attivita'   commerciale,   agricola   o  artigianale, con esclusione dei  soli  enti  pubblici; - priorita' di trattazione alle proposte che comportino il superamento della  crisi  assicurando la continuita' aziendale,  anche  tramite  un  diverso  imprenditore, purche' funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori; - notificazione nei confronti del debitore, che sia un professionista o un imprenditore, degli atti  delle procedure concorsuali  e,  in  particolare, dell'atto che da' inizio al procedimento  di  accertamento  dello  stato  di  crisi  abbia  luogo obbligatoriamente all'indirizzo del servizio elettronico di  recapito certificato  qualificato  o  di  posta  elettronica  certificata; - introduzione di previsione specifiche per i gruppi di imprese; - introduzione di procedure di allerta e  di  composizione assistita della crisi, di  natura  non  giudiziale  e  confidenziale, finalizzate a incentivare l'emersione anticipata  della  crisi  e  ad  agevolare lo svolgimento di  trattative  tra  debitore  e  creditori; - incentivazione degli accordi  di  ristrutturazione  dei  debiti conestensione deòla procedura di  cui  all'art.  182-septies l.fall. all'accordo di ristrutturazione non  liquidatorio  o  alla  convenzione  di  moratoria  conclusi  con creditori,  anche  diversi  da  banche  e  intermediari   finanziari, rappresentanti almeno il 75%  dei  crediti  di  una  o  piu'  categorie giuridicamente ed economicamente omogenee nonché eliminazione  o riduzione del limite del 60% dei  crediti previsto nell'art. 182-bis l. fall., ove il debitore non proponga  la  moratoria  del  pagamento  dei creditori estranei,  di  cui  al  primo  comma  del  citato  articolo 182-bis, ne' richieda le misure protettive previste dal  sesto  comma del medesimo articolo; - revisione della procedura di concordato preventivo e della procedura della liquidazione giudiziale, termine che andrà sostituire integralmente quello di fallimento; - revisione dell'istituto giuridico esdebitazione e del sovraindebitamento; - revisione dei privilegi e delle garanzie.

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T.A.R. Liguria, Sez. I, 21 gennaio 2019, n. 43 - L’iter valutativo risultava viziato, quindi, dalla mancata conoscenza di un elemento decisivo, non riferito dai privati richiedenti il titolo edificatorio, costituito dall’esistenza di un vincolo a non effettuare ulteriori edificazioni nell’area in questione. Non sarebbe ragionevole, d’altronde, imputare alla Soprintendenza eventuali responsabilità in ordine all’intempestiva conoscenza di un elemento che, pur derivando da una prescrizione impartita dalla stessa Autorità, risaliva ad un atto trascritto molti anni addietro e solamente a favore del Comune….Tanto più che, nel caso di specie, la destinazione a verde discendeva dalle prescrizioni a suo tempo impartite dalla stessa Autorità e recepite mediante l’atto di asservimento dell’area successivamente individuata per la nuova costruzione….Infine, il silenzio serbato dai privati in ordine ad una circostanza di assoluto rilievo, quale l’esistenza dell’atto di asservimento, comporta l’inapplicabilità del termine di diciotto mesi per l’annullamento d'ufficio.   Cons. Stato, Sez. P., 17 ottobre 2017, n. 8 -  "…dal punto di vista generale, il Collegio ritiene di esaminare la questione sottoposta secondo una precisa sequenza logico-sistematica: - in primo luogo occorrerà domandarsi se l’annullamento ex officio di un titolo edilizio in sanatoria presupponga – sulla base di generali principi trasfusi nella previsione dell’articolo 21-nonies, cit. – la motivata valutazione dell’interesse pubblico al ripristino della legalità violata, anche alla luce degli interessi dei destinatari alla permanenza di effetti di tale titolo, ovvero se in tale particolare materia possa affermarsi la non necessità di un siffatto onere motivazionale, sussistendo un interesse pubblico in re ipsa al ripristino dell’ordine giuridico violato; - in secondo luogo (e laddove si considerino applicabili al caso che ne occupa le generali categorie di cui all’articolo 21-nonies, cit.) ci si domanderà se il decorso di un considerevole lasso di tempo possa incidere in radice sul potere di annullamento d’ufficio e quale sia il corretto dies a quo per l’individuazione del termine ‘ragionevole’ di esercizio di tale potere; - in terzo luogo (e sempre laddove si considerino applicabili al caso in esame le richiamate, generali categorie) ci si domanderà se l’onere motivazionale comunque gravante sull’amministrazione possa restare in qualche misura attenuato in ragione della rilevanza degli interessi pubblici tutelati; - in quarto luogo ci si domanderà se la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto sottese all’adozione dell’iniziale provvedimento favorevole consenta comunque di configurare in capo a lui una posizione di affidamento incolpevole e se (in caso negativo) l’amministrazione possa adeguatamente motivare l’adozione dell’atto di annullamento in base al mero dato dell’originaria, inveritiera prospettazione. 9. Ebbene, prendendo le mosse dal primo dei richiamati quesiti, questa Adunanza plenaria ritiene che le generali categorie in tema di annullamento ex officio di atti amministrativi illegittimi trovino applicazione (in assenza di indici normativi in senso contrario) anche nel caso di ritiro di titoli edilizi in sanatoria illegittimamente rilasciati, non potendosi postulare in via generale e indifferenziata un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione di tali atti. Conseguentemente, grava in via di principio sull’amministrazione (e salvo quanto di seguito si preciserà) l’onere di motivare puntualmente in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell’atto, tenendo altresì conto dell’interesse del destinatario al mantenimento dei relativi effetti. 9.1. Non si tratta qui di negare l’evidente esigenza di un deciso contrasto al grave e diffuso fenomeno dell’abusivismo edilizio, che deve essere fronteggiato con strumenti efficaci e tempestivi e con la piena consapevolezza delle gravi implicazioni che esso presenta in relazione a svariati interessi di rilievo costituzionale (quali la salvaguardia del territorio e del paesaggio, nonché la tutela della pubblica incolumità). Occorre tuttavia responsabilizzare le amministrazioni all’adozione di un contegno chiaro e lineare, tendenzialmente fondato sullo scrupoloso esame delle pratiche di sanatoria o comunque di permesso di costruire già rilasciato, e sul diniego ex ante di istanze che si rivelino infondate, nonché sull’obbligo di serbare – in caso di provvedimenti di sanatoria già rilasciati – un atteggiamento basato sul generale principio di clare loqui. Se infatti è certamente condivisibile l’intento di agevolare le amministrazioni nel contrastare anche ex post l’abusivismo edilizio (consentendo loro di motivare anche in modo sintetico in ordine alla prevalenza delle ragioni di interesse pubblico sottese all’annullamento dei provvedimenti di sanatoria illegittimamente concessi), non emergono invece argomenti che legittimino la sostanziale de-responsabilizzazione delle amministrazioni stesse attraverso una radicale e indistinta esenzione dal generale obbligo di motivazione. Si osserva al riguardo che l’incondizionata adesione alla (pur suggestiva) formula dell’interesse pubblico in re ipsa può produrre effetti distorsivi, consentendo in ipotesi-limite all’amministrazione- la quale abbia comunque errato nel rilascio di una sanatoria illegittima – dapprima di restare inerte anche per un lungo lasso di tempo e poi di adottare un provvedimento di ritiro privo di alcuna motivazione, in tal modo restando pienamente de-responsabilizzata nonostante una triplice violazione dei principi di corretta gestione della cosa pubblica. Si osserva inoltre che, nel corso del tempo, la richiamata formula dell’interesse pubblico in re ipsa ha assunto talora una connotazione assiologica, inducendo ad annettere un valore in sé all’annullamento del titolo in sanatoria illegittimo, perfino se fondato su profili di illegittimità di carattere meramente formale o procedimentale. Ma il punto è che, in siffatte ipotesi, non è predicabile un effettivo ed immanente interesse pubblico alla rimozione di un atto (la sanatoria illegittima) che non si pone in contrasto in termini sostanziali con la pertinente disciplina edilizia e urbanistica (e quindi con il complesso di valori cui tale disciplina presiede), ma risulta viziato soltanto in relazione ad aspetti formali o procedimentali, non giustificando in definitiva – e pure in presenza di un atto illegittimo – il riconoscimento di un interesse pubblico in re ipsa all’adozione dell’atto di ritiro. Si tratta, del resto, di un aspetto che è stato in tempi recenti puntualmente preso in considerazione dal Legislatore il quale ha escluso che l’annullamento ex officio di un atto illegittimo possa essere disposto nel caso delle illegittimità cc.dd. non invalidanti di cui al comma 2 dell’articolo 21-octies della l. 241 del 1990 (in tal senso la modifica al comma 2 dell’articolo 21-nonies, cit., disposta dall’articolo 25 , comma 2, lettera b-quater) del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133). 9.2. Sempre restando sugli argomenti desumibili dal diritto positivo, è rilevante osservare che il legislatore ha in tempi recenti espunto dall’ordinamento la disposizione che rappresentava il più evidente richiamo alla nozione di interesse pubblico in re ipsa. In particolare, è noto che il comma 2 dell’articolo 36 della l. 7 agosto 2015, n. 124 ha espressamente abrogato il comma 136 dell’articolo 1 della l. 30 dicembre 2004, n. 311 (il quale consentiva in ogni tempo alle amministrazioni pubbliche di disporre l’annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l'esecuzione degli stessi fosse ancora in corso, a condizione che tale annullamento mirasse “al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari”). 9.3. Si osserva poi che il riconoscimento di un interesse pubblico al ripristino della legalità violata (la cui sussistenza è di intuitiva evidenza, anche a notevole distanza di tempo dall’originaria adozione dell’atto) non sta necessariamente a significare che tale interesse sia l’unico fattore idoneo a orientare le scelte discrezionali dell’amministrazione in caso di risalenti violazioni in materia urbanistica, sì da esonerare in radice l’amministrazione da qualunque motivata valutazione in ordine ad ulteriori fattori e circostanze rilevanti. Si intende con ciò rappresentare che la sussistenza di un interesse pubblico alla rimozione di un atto amministrativo illegittimo (anche a prescindere dal ricorso alla formula dell’interesse in re ipsa) è oggettivamente connaturata alla rilevata sussistenza di una situazione antigiuridica. Ma ciò non sta a significare che il riconoscimento di un tale interesse (peraltro, espressamente richiamato dal comma 1 del più volte richiamato articolo 21-nonies) comporti di per sé la pretermissione di ogni altra circostanza rilevante (come gli interessi dei destinatari dell’atto, di cui la disposizione chiede espressamente di tener conto) ed esoneri l’amministrazione da qualunque – seppur succintamente motivata - valutazione sul punto. Una cosa è infatti la tendenziale prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino dell’ordine giuridico rispetto agli altri interessi rilevanti; ben altra cosa è la radicale pretermissione, anche ai fini motivazionali, di tali ulteriori circostanze attraverso una loro innaturale espunzione dalla fattispecie (e tanto, in distonia con la generale previsione di cui all’articolo 21-nonies, cit. il quale – con previsione applicabile anche al settore che ne occupa - impone al contrario una considerazione degli elementi sopra indicati). 9.4. Si osserva ancora che la tesi dell’interesse pubblico in re ipsa all’annullamento in autotutela del titolo edilizio illegittimo presenta rilevanti quanto evidenti aspetti di contiguità sistematica con la teorica dell’inconsumabilità del potere (o di quella che un risalente orientamento ebbe a definire “la perennità della potestà amministrativa di annullare in via di autotutela gli atti invalidi” – in tal senso: Cons. Stato, II, 7 giugno 1995, n. 2917/94 -). Ma è altresì evidente che quella teorica (predicabile senza riserve in periodi caratterizzati dalla prevalenza del momento autoritativo nei rapporti fra amministrazione e cittadino e dal sostanziale privilegio riconosciuto all’amministrazione in sede di esercizio dell’autotutela) debba essere almeno in parte rimeditata nell’attuale fase di evoluzione di sistema, che postula una sempre maggiore attenzione al valore della certezza delle situazioni giuridiche e alla tendenziale attenuazione dei privilegi riconosciuti all’amministrazione, anche quando agisce con poteri squisitamente autoritativi e nel perseguimento di primarie finalità di interesse pubblico. Si osserva inoltre che, laddove si aderisse senza riserve alla tesi dell’interesse pubblico in re ipsa (e conseguentemente alla teorica dell’inconsumabilità del relativo potere), si finirebbe per legittimare nel settore che qui rileva – e in assenza di un solido fondamento normativo – un assetto in tema di presupposti per l’esercizio dell’autotutela decisoria tale da espungere in via ermeneutica due elementi normativamente indefettibili quali la ragionevolezza del termine e la motivata valutazione dei diversi interessi in gioco. Si osserva infine che, a ben vedere, la teorica dell’interesse in re ipsa all’annullamento in autotutela del titolo edilizio illegittimo, laddove condivisa, finirebbe per rendere nei fatti vincolato l’esercizio del potere di autotutela che un consolidato orientamento giurisprudenziale (prima) e un’espressa previsione di legge (poi) hanno delineato come tipico potere discrezionale dell’amministrazione. Ed infatti, una volta affermata la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa al ripristino della legittimità violata, non residuerebbero in alcun caso effettivi spazi per l’amministrazione per non esercitare il proprio ius poenitendi attraverso l’annullamento d’ufficio. L’amministrazione non potrebbe valutare a tal fine né il decorso del tempo (inidoneo, nell’ottica in esame, ad attenuare la prevalenza dell’interesse pubblico al ripristino), né la sussistenza di un interesse pubblico in senso contrario (il quale sarebbe per definizione insussistente, a meno di voler determinare un vero e proprio ossimoro), né – infine – l’interesse del privato destinatario dell’atto, che non potrebbe in alcun caso essere valorizzato neppure nell’ottica del legittimo affidamento. 9.5. E’ necessario riconoscere che il Legislatore (pur consapevole della gravità e diffusività del fenomeno dell’abusivismo edilizio e della frequente inadeguatezza delle risorse messe in campo dalle amministrazioni locali per fronteggiarlo) non ha tutt’oggi approntato una speciale disciplina in tema di presupposti e condizioni per l’adozione dell’annullamento ex officio di titoli edilizi, in tal modo giustificando un orientamento volto a riconoscere anche in tali ipotesi la generale valenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990. Invero, il Legislatore ha talora disciplinato in modo peculiare le ipotesi di c.d. ‘illegittimità sopravvenuta’ dell’intervento edilizio (in particolare, nel caso di annullamento ex officio o in sede giurisdizionale di un titolo edilizio ab origine sussistente), fissando peraltro un apparato sanzionatorio tendenzialmente meno afflittivo di quello previsto per le ipotesi di interventi ab origine abusivi (in tal senso l’articolo 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale corrisponde in larga parte alle pregresse previsioni dell’articolo 15 della l. 28 gennaio 1977, n. 10 e dell’articolo 11 della l. 28 febbraio 1985, n. 47). Tuttavia, anche in tali ipotesi il Legislatore si è limitato a disciplinare in modo puntuale le sole conseguenze dell’annullamento del titolo edilizio, ma non anche i relativi presupposti, condizioni e modalità, che restano quindi assoggettati (per quanto riguarda l’annullamento d’ufficio) alla disciplina generale di cui all’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990, ivi compresi i profili motivazionali. 9.6. Concludendo sul punto, si osserva che, per le vicende sorte nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 -, l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio anche in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole, non potendosi predicare in via generale la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione in autotutela di tale atto. 10. E’ ora possibile passare alla disamina del secondo dei quesiti sub 8 al fine di stabilire se, pur in assenza di puntuali prescrizioni di legge che dispongano in tal senso, il decorso di un considerevole lasso di tempo possa incidere significativamente sul potere di annullamento d’ufficio e quale sia il corretto dies a quo per l’individuazione del termine ‘ragionevole’ di esercizio di tale potere. 10.1. Esaminando la questione nei suoi aspetti generali e sistematici, è innegabile che, anche nel diritto amministrativo, il tempo venga in rilievo - tanto nelle sue singole frazioni, tanto nel suo continuo trascorrere – determinando la costituzione, la modificazione e l’estinzione di situazioni giuridiche. Secondo un consolidato orientamento, infatti, il tempo rientra nella categoria dei fatti giuridici oggettivi ed è idoneo a sortire i propri effetti sui rapporti giuridici (anche di matrice pubblicistica) indipendentemente dall’atteggiamento psicologico dei soggetti interessati. L’incidenza del decorso del tempo nei rapporti di diritto pubblico opera tanto sul versante dei poteri esercitabili dall’amministrazione, quanto su quello delle posizioni giuridiche riconosciute ai privati. Per quanto riguarda il primo aspetto ci si limiterà qui a richiamare le previsioni normative che connettono a carico dell’amministrazione un effetto decadenziale quale conseguenza del mancato esercizio del potere entro un torno temporale normativamente stabilito: si pensi ai termini – perentori – per l’avvio e la conclusione dei procedimenti sanzionatori amministrativi. Si pensi altresì al rilievo che il decorso del tempo sortisce sul potere di provvedere nelle ipotesi legali di silenzio significativo e all’invalidità che colpisce il provvedimento tardivamente adottato rispetto ai termini in parola. Per quanto riguarda poi l’incidenza del decorso del tempo sulle posizioni giuridiche dei privati nei rapporti di diritto pubblico basterà qui richiamare la tradizionale ipotesi della decadenza per decorso del tempo quale conseguenza del mancato esercizio delle facoltà inerenti ad un rapporto derivante da un provvedimento amministrativo (si pensi al caso della decadenza del permesso di costruire per mancato rispetto dei termini legali per l’inizio dei lavori e per il completamento dell’opera). Si pensi inoltre alla previsione di cui all’articolo 2934, primo comma del cod. civ. (secondo cui “ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”), la quale trova applicazione anche nei rapporti con la pubblica amministrazione. D’altro canto, è innegabile che la particolare configurazione dell’ordinamento pubblicistico nazionale riconosca taluni temperamenti al generale principio della consumabilità delle posizioni giuridiche per effetto del decorso del tempo. Basti richiamare al riguardo la previsione, in ambito pubblicistico, di numerosi diritti indisponibili, ai quali è connesso il carattere della imprescrittibilità ai sensi dell’articolo 2934, cpv. cod. civ. (si pensi al carattere di imprescrittibilità dei diritti sui beni sottoposti al regime demaniale). 10.2. Occorre a questo punto esaminare in che modo il principio della modificabilità delle posizioni giuridiche per effetto del decorso del tempo (e i relativi temperamenti in ambito amministrativo) siano stati declinati nel settore – che qui viene in rilievo – dell’esercizio dell’autotutela decisoria da parte dell’amministrazione. 10.3. Si è già ricordato al riguardo che un pregresso quanto risalente orientamento predicava la sostanziale perennità della potestà amministrativa di annullare in autotutela gli atti invalidi. La successiva evoluzione dell’ordinamento pubblicistico si è mossa in chiave di maggiore protezione per i soggetti incisi dall’esplicazione del potere di autotutela e, prima ancora che la l. 15 del 2005 legificasse le principali acquisizioni in materia, la giurisprudenza amministrativa aveva già temperato il richiamato principio di perennità predicando invece la necessità che l’annullamento e la revoca intervenissero entro un termine ragionevole (sul punto – ex multis -: Cons. Stato, VI, 15 novembre 1999, n. 1812; id., V, 20 agosto 1996, n. 939). Il richiamo alla ragionevolezza del termine, tuttavia, non stava a significare che il decorso di un lasso temporale particolarmente ampio consumasse in via definitiva il potere di riesame da parte dell’amministrazione, quanto – piuttosto – che tale circostanza imponesse una valutazione via via più accorta fra l’interesse pubblico al ritiro dell’atto illegittimo e il complesso delle altre circostanze e interessi rilevanti (e, in primis, quello del destinatario del provvedimento illegittimo – in ipotesi a lui favorevole il quale maturava, per effetto del decorso del tempo, un affidamento legittimo alla permanenza dell’assetto di interessi delineato dal provvedimento medesimo). In definitiva, l’evoluzione dell’ordinamento pubblicistico ha comportato che il decorso del tempo condizioni in modo rilevante le modalità di esercizio del potere di autotutela. 10.4. Ciò non esclude, proprio nella materia che ne occupa, che esistano disposizioni che testimoniano la possibilità per l’amministrazione di disporre l’annullamento del titolo edilizio anche dopo un apprezzabile lasso di tempo dall’adozione del titolo medesimo. Ci si riferisce in particolare all’articolo 39 del d.P.R. 380 del 2001 che consente alla Regione di annullare entro dieci anni “le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione” (è qui appena il caso di osservare che il più risalente antecedente storico di tale previsione – l’articolo 27 della l. 17 agosto 1942, n. 1150 – riconosceva tale potere di annullamento “in qualunque tempo”). Un condiviso orientamento ha al riguardo peraltro chiarito che il potere in questione non è ascrivibile al novero delle attività di controllo, rappresentando – piuttosto – puntuale espressione del ruolo partecipativo della Regione nella complessiva azione di governo del territorio. 10.5. Deve quindi concludersi nel senso che, in relazione alle vicende sorte nella vigenza della l. 15 del 2005, il decorso di un considerevole lasso di tempo dal rilascio del titolo edilizio non incide in radice sul potere di annullare in autotutela il titolo medesimo, ma onera l’amministrazione del compito di valutare motivatamente se l’annullamento risponda ancora a un effettivo e prevalente interesse pubblico di carattere concreto e attuale. 10.6. La locuzione ‘termine ragionevole’ richiama evidentemente un concetto non parametrico ma relazionale, riferito al complesso delle circostanze rilevanti nel caso di specie. Si intende con ciò rappresentare che la nozione di ragionevolezza del termine è strettamente connessa a quella di esigibilità in capo all’amministrazione, ragione per cui è del tutto congruo che il termine in questione (nella sua dimensione ‘ragionevole’) decorra soltanto dal momento in cui l’amministrazione è venuta concretamente a conoscenza dei profili di illegittimità dell’atto. In particolare, in caso di titoli abilitativi rilasciati sulla base di dichiarazioni oggettivamente non veritiere (e a prescindere dagli eventuali risvolti di ordine penale), laddove la fallace prospettazione abbia sortito un effetto rilevante ai fini del rilascio del titolo, è parimenti congruo che il termine ‘ragionevole’ decorra solo dal momento in cui l’amministrazione ha appreso della richiamata non veridicità. Si tratta del resto (e ai limitati fini che qui rilevano) di un’impostazione del tutto coerente con il nuovo comma 2-bisdell’articolo 21-nonies, cit. (per come introdotto con la novella del 2015), secondo cui “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445” (si osserva anzi che la nuova disposizione neppure richiama per tali ipotesi la nozione di ragionevolezza del termine, limitandosi a stabilire che in tali casi l’annullamento possa essere disposto dopo la scadenza del generale termine di diciotto mesi). 11. E’ ora possibile passare all’esame del terzo dei quesiti dinanzi richiamati sub 8 e domandarsi se l’onere motivazionale comunque gravante sull’amministrazione nel caso di annullamento in autotutela del titolo edilizio in precedenza adottato possa restare in qualche misura attenuato in ragione della rilevanza degli interessi pubblici tutelati. Al quesito deve essere fornita risposta in senso affermativo alla luce della pregnanza degli interessi pubblici sottesi alla disciplina in materia edilizia e alla prevalenza che deve essere riconosciuta ai valori che essa mira a tutelare. Vero è infatti che – per le ragioni dinanzi esposte – il decorso del tempo onera l’amministrazione che intenda procedere all’annullamento in autotutela di un titolo edilizio illegittimo di motivare puntualmente in ordine alle ragioni di interesse pubblico sottese all’annullamento e alla valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. E’ parimenti vero, però, che tale onere motivazionale non muta il rilievo relativo da riconoscere all’interesse pubblico e la preminenza che deve essere riconosciuta al complesso di interessi e valori sottesi alla disciplina edilizia e urbanistica. Si pensi (e solo a mo’ di esempio) al titolo edilizio illegittimamente rilasciato in area interessata da un vincolo di inedificabilità assoluta o caratterizzata da un grave rischio sismico: in tali ipotesi la motivazione dell’atto di ritiro potrà essere legittimamente fondata sul richiamo all’inderogabile disciplina vincolistica oggetto di violazione, ben potendo tale richiamo assumere un rilievo preminente in ordine al complesso di interessi e di valori sottesi alla fattispecie. Nelle ipotesi di maggiore rilievo, quindi (e laddove venga in rilievo la tutela di preminenti valori pubblici di carattere – per così dire – ‘autoevidente’), l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate le quali normalmente possano integrare le ragioni di interesse pubblico che depongono nel senso dell’esercizio del ius poenitendi. Non pare quindi condivisibile la tesi (talora affermata dalla giurisprudenza anche di questo Consiglio) secondo cui, anche in sede di motivazione dell’annullamento in autotutela di titoli edilizi illegittimi, occorrerebbe riconoscere maggiore rilevanza all’interesse dei privati destinatari dell’atto ampliativo e minore rilevanza all’interesse pubblico alla rimozione dell’atto, i cui effetti si sarebbero ormai prodotti in via definitiva. 11.1. Si osserva inoltre che l’onere motivazionale richiesto all’amministrazione in sede di adozione dell’atto di ritiro risulterà altresì agevolato nelle ipotesi in cui la non veritiera prospettazione dei fatti rilevanti da parte del soggetto interessato abbia sortito un rilievo determinante per l’adozione dell’atto illegittimo Se infatti è vero in via generale che il potere della P.A. di annullare in via di autotutela un atto amministrativo illegittimo incontra un limite generale nel rispetto dei principi di buona fede, correttezza e tutela dell’affidamento comunque ingenerato dall’iniziale adozione dell’atto (i quali plasmano il conseguente obbligo motivazionale), è parimenti vero che le medesime esigenze di tutela non possono dirsi sussistenti qualora il contegno del privato abbia consapevolmente determinato una situazione di affidamento non legittimo. In tali casi l’amministrazione potrà legittimamente fondare l’annullamento in autotutela sulla rilevata non veridicità delle circostanze a suo tempo prospettate dal soggetto interessato, in capo al quale non sarà configurabile una posizione di affidamento legittimo da valutare in relazione al concomitante interesse pubblico. 12. Le considerazioni appena svolte consentono di passare all’esame della quarta delle questioni dinanzi richiamate (se, cioè, la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto sottese all’adozione dell’iniziale provvedimento favorevole consentano comunque di configurare in capo a lui una posizione di affidamento incolpevole e se - in caso negativo - l’amministrazione possa adeguatamente motivare l’adozione dell’atto di annullamento sul mero dato dell’originaria, inveritiera prospettazione). Al primo di tali quesiti deve essere fornita risposta negativa, non potendosi affermare (per le ragioni già esposte sub 11.1) la sussistenza di un affidamento legittimo e incolpevole al mantenimento dello status quo ante in capo al soggetto il quale abbia determinato, attraverso la non veritiera prospettazione delle circostanze rilevanti, l’adozione di un atto illegittimo a lui favorevole. Né può deporre in favore del maturare di uno stato di affidamento incolpevole il contegno negligente ed erroneo dell’amministrazione la quale non abbia tempestivamente rilevato l’oggettiva falsità delle circostanze rappresentate. 12.1. La giurisprudenza di questo Consiglio ha condivisibilmente stabilito al riguardo che non sussiste l’esigenza di tutelare l’affidamento di chi abbia ottenuto un titolo edilizio – anche in sanatoria – rappresentando elementi non veritieri, e ciò anche qualora intercorra un considerevole lasso di tempo fra l’abuso e l’intervento repressivo dell’amministrazione (in tal senso: Cons. Stato, IV, 12 dicembre 2016, n. 5198; id., V, 13 maggio 2014, n. 2451). 12.2. La giurisprudenza di questo Consiglio ha inoltre stabilito (in modo parimenti condivisibile) che non può essere configurato alcun affidamento legittimo, in specie ai fini risarcitori, il quale risulti fondato su un provvedimento illegittimo. Si è osservato al riguardo che può essere non più opportuno far luogo all’annullamento in autotutela, in considerazione del tempo trascorso e degli interessi dei destinatari e dei controinteressati; ma quando tali condizioni sono rispettate non vi è spazio per la tutela patrimoniale (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, VI, 27 settembre 2016, n. 3975). Ebbene, se le acquisizioni in parola risultano valide ai fini risarcitori e a fronte di illegittimità imputabili all’amministrazione, esse risulteranno tanto più condivisibili nel caso in cui l’illegittimità dell’atto sia stata determinata dalla non veritiera prospettazione dei fatti rinveniente dal soggetto che si sarebbe in seguito avvantaggiato dell’errore dell’amministrazione. In tali ipotesi (e per le ragioni già esposte retro, sub 11 e 11.1) l’amministrazione potrà adeguatamente motivare l’adozione dell’atto di annullamento sul mero dato dell’originaria, non veritiera prospettazione. Nelle medesime ipotesi, infatti (e anche a prescindere dai profili di rilevanza penale), l’oggettiva falsità della prospettazione dei fatti rilevanti e la sua incidenza ai fini dell’adozione dell’atto illegittimo non consentiranno di configurare una posizione di affidamento legittimo e consentiranno all’amministrazione di limitare l’onere motivazionale alla dedotta falsità, non sussistendo un interesse privato meritevole di tutela da porre in comparazione con quello pubblico (comunque sussistente) al ripristino della legalità violata. 13. In conclusione l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato enuncia il seguente principio di diritto: “nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 - l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole. In tali ipotesi, tuttavia, deve ritenersi: i) che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro; ii) che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi); iii) che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte”.

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Si pubblica l'interessante decisione della Commissione Tributaria di Genova 6.11.2017, n. 1341 che statuisce la rimborsabilità dell'euroritenuta corrisposta dal contribuente che ha presentato istanza di collaborazione volontaria per il rientro dei capitali detenuti all'estero ai sensi della l. 14.12.2014, n. 186, non avendo a suo tempo dichiarato tali capitali in sede di dichiarazione dei redditi. Secondo il Giudice tributario genovese, infatti, "non ritiene condivisibile l'impostazione dell'ufficio in quanto non viene in alcun modo impugnato il perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria, La contribuente contesta il rifiuto dell'Ufficio a procedere al rimborso delle Euroritenute applicate in relazione all'applicazione da parte degli istituti di credito esteri dell'accordo bilaterale UE/Svizzera riguardante la tassazione dei redditi da risparmio. Ritiene la Commissione che occorre considerare che l'Accordo tra la UE e la Confederazione Svizzera stabilisce misure equivalenti a quelle definite con la direttiva 2003/48/CE del Consiglio in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi [...] Se l'importo delal ritenuta supera l'importo dell'imposta dovuta secondo la legislazione nazionale, sull'amontare lordo degli interessi sul quale la ritenuta è stata prelevata, lo Stato membro in cui il beneficiario effettivo ha la residenza fiscale rimborsa a quest'ultimo l'importo di ritenuta eccedente l'imposta dovuta". Inoltre, la previsione che ai sensi dell'art. 165 del TUIR la possibilità di compensare le imposte pagate all'estero con quelle italiane sarebbe consentita esclusivamente nell'ipotesi in cui le stesse risultassero dalla dichiarazione dei redditi del contribuente va sostanzialmente disapplicata poiché si pone in contrasto con il diritto eurounitario.

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