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T.A.R. Milano, Sez. II, 12 agosto 2016, n. 1605 -  In caso di ripetizione delle somme versate dal precedente proprietario a titolo di oblazione e contributo di costruzione in relazione ad un condono edilizio poi annullato in sede giurisdizionale la legittimazione all'azione spetta esclusivamente al soggetto che ha effettuato il versamento non dovuto (c.d. solvens/dante causa) e non anche al nuovo proprietario dell'immobile. Infatti il mero trasferimento del bene non legittima di per sè l'acquirente ad attivarsi per la restituzione delle somme versate dal suo dante causa in dipendenza di quel titolo. Ai sensi dell'art. 81 c.p.c. non può ammettersi che un terzo (il nuovo proprietario del bene) faccia valere in giudizio, in nome proprio, un diritto di cui non è titolare. Non vale a trasferire le ragioni di credito dipendenti dal titolo edilizio la clausola del contratto per cui la compravendita immobiliare è stata convenuta "con gli inerenti diritti, azioni, ragioni, accessioni" trattandosi di previsione convenzionale che potrebbe tutt'al più trasferire le azioni inerenti alla cosa, e non già l'azione personale di ripetizione dell'impedito, i cui presupposti sono peraltro maturati dopo la stipulazione del contratto di compravendita. Ove la domanda di restituzione venisse ricondotta entro lo schema dell'art. 2041 c.c. (azione per arricchimento senza causa), difetterebbe la giurisdizione del Giudice amministrativo in quanto difficilmente potrebbe rinvenirsi un collegamento tra una situazione di arricchimento/impoverimento senza causa e l'esercizio di un potere autoritativo, tale da consentire di ricondurre la controversia entro il perimetro della giurisdizione esclusiva sugli atti e provvedimenti delle p.a. in materia di urbanistica ed edilizia (art 133, c. 1, lett. f), c.p.a.) e di oblazione (art. 35, c. 16, L. n. 47/1985).   T.A.R. Liguria, Sez. I, 17 marzo 2015, n. 288 - Atteso che per un altro verso, in ordine al diniego di sanatoria ed alla nuova conseguente sanzione, la sopravvenuta carenza di interesse deriva, analogamente, a fronte dell’obbligo per la p.a. resistente di previa valutazione delle due concorrenti istanze presentate da parte odierna ricorrente successivamente all’adozione degli atti impugnati ed alle impugnazioni stesse, sia in termini di integrazione della domanda di sanatoria (di cui alla documentazione prodotta in giudizio sub doc n. 17, istanza del 20\12\2013), sia in termini di esercizio della facoltà di cui all’art. 10 comma 2 l.r. 58\2009 (cfr. da ultimo doc n. 16 di parte ricorrente r.g. 1059\2012); - considerato che sotto entrambi i profili la proposizione delle istanze predette fa sorgere un obbligo di provvedere, sia in tema di sanatoria a fronte della possibile novità degli elementi prodotti, sia in tema di possibile avvio dell’iter di modifica al piano di bacino; - atteso che, a quest’ultimo proposito, a fronte di una documentata istanza da parte di un soggetto direttamente inciso dalla disciplina in questione, la palese natura discrezionale del potere comunale, desumibile dal testo normativo invocato (“Istanze di modifiche od integrazioni ai Piani vigenti possono, altresì, essere proposte alla Provincia competente dai comuni interessati sulla base di adeguata documentazione tecnica”) non esclude – anzi lo conferma – l’obbligo di presa in esame e di valutazione, salvo l’esito che potrà all’evidenza anche essere negativo, seppur a seguito della necessaria attività istruttoria e valutativa.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 13 novembre 2014, n. 1616 - In linea generale, va ricordato che la prova della realizzazione delle opere abusive entro la data prescritta grava sull'interessato che presenta la domanda di condono, il quale può avvalersi della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ma, a fronte di elementi acquisiti dall'Amministrazione idonei ad evidenziare una diversa epoca di realizzazione dell'abuso, l'istante è gravato dall'onere di provare, attraverso dati ed elementi certi, l'effettiva realizzazione dei lavori entro il termine previsto dalla legge per poter usufruire del beneficio, non potendo limitarsi a contestare i dati in possesso dell'amministrazione senza fornire alcun elemento di prova a corredo della propria tesi (cfr. ad es. TAR Lecce n. 181\2014, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 4750\2013). Più in generale, l'onere della prova dell'ultimazione dei lavori grava sul richiedente la sanatoria, in quanto, mentre l'amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sulla sanatoria, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data prevista (Cons. di St., sez. VI, 5 agosto 2013, 4075); pertanto in materia edilizia, se è pur vero che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà concernente l'intervenuta ultimazione delle opere entro la data utile invocata non ha alcun valore privilegiato, rappresentando solo un principio di prova potenzialmente idoneo e sufficiente a dimostrare la data di ultimazione delle opere e non preclude alla p.a. la possibilità di raccogliere nel corso del procedimento elementi a contrario e pervenire a risultanze diverse, non può farsi ricadere su quest'ultima l'onere di fornire la prova dell'ultimazione dei lavori in data successiva a quella dichiarata dall'interessato (cfr. ad es. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 24 maggio 2013, 1166). Ora, nel caso all'esame, a fronte della sussistenza delle dichiarazioni sostitutive presentate, valutate e quindi accolte da parte degli uffici comunali, nessun concreto e rilevante elemento in senso contrario risulta fornito; né quindi poteva pretendersi che l’amministrazione cercasse altrimenti prove contrarie.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 4 novembre 2014, n. 1531 - La giurisprudenza di primo e secondo grado è infatti concorde nel ritenere che “La specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l'assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria c.d. straordinaria (o condono), il parere della Commissione edilizia non obbligatorio, ma, tutt'al più, facoltativo, in quelle specifiche ipotesi in cui l'amministrazione ritenga discrezionalmente di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi. In assenza dei predetti casi di acquisizione facoltativa del parere dell'organo collegiale, il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei (pur numerosi) presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore” (Tar Pi. II 11\4\2012 n.438; CdS IV 2\11\2009 n.6784; Tar Liguria, I 27\1\2009 n.120).     T.A.R. Liguria, Sez. I, 21 ottobre 2014, n. 1457 - Rispetto alla sussistenza ed applicabilità del vincolo, assume rilievo dirimente quanto pacificamente ricavabile dalla stessa istanza di condono, in cui risulta confessoriamente indicata l’epoca di realizzazione degli abusi in oggetto rispettivamente in data 31\10\1987 (cfr. doc n. 6 di parte resistente) e 31\12\1990 (cfr. doc n. 5 di parte resistente), quindi in epoca successiva all’apposizione del vincolo che nella stessa prospettazione di parte ricorrente risale al 1985. In ogni caso, la palese infondatezza delle contestazioni emerge dal principio pacifico a mente del quale in tema di condono rileva l'esistenza del vincolo al momento in cui va valutata l'istanza di sanatoria, a prescindere dall'epoca della di lui introduzione e della realizzazione dell'opera.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 23 settembre 2014, n. 1359 - Sono illegittimi i dinieghi impugnati adottati trascorsi quattro anni (d. 20.09.2008) dalla presentazione dell’istanza di condono (d.10.12.2004). Il procedimento di condono che ha preso avvio dal deposito della domanda di condono ha accusato ingiustificati stalli: solo il 26.05.2007 la ricorrente ha ricevuto la comunicazione dei motivi ostativi mercé il richiamo del parere negativo espresso dalla Commissione edilizia che – a sua volta – ha operato stentoreo riferimento al parere del legale di fiducia, non allegato ai provvedimenti. Alle controdeduzioni presentate “al buio” dalla ricorrente il 5.06.2007, il Comune, senza prenderle specificamente in esame, rispondeva ancora una volta genericamente opponendo i dinieghi impugnati. Costituisce nozione di scaturigine dottrinale, fatta propria dalla giurisprudenza amministrativa consolidata, che il procedimento amministrativo è la forma dell’atto: la violazione delle norme che disciplinano il suo svolgimento rifluisce direttamente sul provvedimento conclusivo. Ancorché la ricorrente non abbia dedotto nell’atto introduttivo il motivo di censura sul silenzio assenso per il decorso del biennio dalla presentazione della domanda di condono, l’ingiustificato ritardo nella conclusione del procedimento, oltre a violare l’art. 2 bis l. 241/90, pregiudica i principi di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa, presidiati dagli artt. 1 e 1 bis l. 241/90 nella loro portata precettiva di norme attuative dell’art. 97 cost. Aggiungasi che è stato violato nella sostanza il principio del contraddittorio: la ricorrente, oltre a non essere stata messa in grado di conoscere le ragioni che hanno giustificato il diniego, fondato su parere del legale di fiducia del Comune mai resole formalmente ostensibile, non ha nemmeno visto esaminate funditus le puntuali osservazioni comunicate all’amministrazione in fase istruttoria.   Cons. Stato, Sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5598 - L'articolo 40, comma 6, della L. n. 47/1985 prevede espressamente che "Nella ipotesi in cui l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge". Il Consiglio di Stato con la pronuncia n. 5598/2013 ha chiarito che il termine predetto va interpretato in modo costituzionalmente orientato, nel senso che esso può decorrere solo nel caso in cui in cui sia immediatamente e inequivocamente percepibile l'esistenza dell'illecito edilizio. Detto termine, nel caso in cui l’abuso non sia percepibile all’atto del trasferimento, non può decorrere dalla data dell’atto di trasferimento stesso, ma solo dal momento dell’effettiva scoperta e conoscenza dell’opera abusiva.   Disciplina regionale (L.R. Liguria 29 marzo 2004, n. 5)  Corte Cost., 11 ottobre 2012, n. 225 - Dichiara illegittimità costituzionale degli articoli 3, comma 3, e 4, comma 1, quest'ultimo limitatamente alle parole della legge della Regione Liguria 29 marzo 2004, n. 5. --  Il T.A.R. Liguria ha sollevato (ordinanza 17 febbraio 2011, n. 330) questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 3, e 4, comma 1 (limitatamente alle parole

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