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CONS. STATO, SEZ. VI, 06/04/2020, N. 2261    Con l’appello proposto dall’Università in questione viene chiesta la riforma della sentenza con cui il TAR Calabria sezione di Catanzaro aveva accolto il ricorso proposto dall’odierno appellato in veste di dipendente del Policlinico Universitario sito all’interno della stessa università riconoscendogli la corresponsione    dell’indennità di specificità medica e di dirigente di struttura complessa. Con il primo ordine di motivi da parte dell’Università appellante veniva evidenziato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario. Il consiglio di Stato, in accoglimento dell’eccezione formulata ribadisce  il principio per il quale una controversia avente per oggetto un rapporto lavorativo del personale universitario  con l’azienda sanitaria, appartenga  al giudice ordinario. Quindi anche nel caso in esame ( come già deciso in fattispecie analoga dalle S.U. della Corte di Cassazione), non considerando le modalità di assunzione , “la controversia non ha ad oggetto la dinamica del rapporto universitario, ma l’accertamento nei confronti degli Enti gestori della sanità pubblica del (vantato) diritto a percepire spettanze economiche derivanti dall’espletamento del rapporto lavorativo nell’ambito dell’Azienda sanitaria…”.    In seguito alle suddette considerazioni l’appello viene accolto , e per tale effetto viene dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore di quello ordinario ex art. 11 C.P.A. Con la conseguente declaratoria del G.O. la causa potrà essere riassunta mantenendo gli effetti processuali e sostanziali della domanda come stabilito dall’Art. 11 comma 2 C.P.A.       TAR AMMINISTRATIVO, SICILIA, SEZ. STACCATA DI CATANIA, SEZ. IV, 20/01/2010, n. 134    La ricorrente chiede l’annullamento  del Decreto n. 666 del 17/04/2019 con cui l’amministrazione  ha disposto la revoca del contributo previsto dal programma comunitario di sviluppo rurale Sicilia. In particolare il centro studi ricorrente deduce:   Vizi di procedimento Violazione delle disposizioni attuative e procedurali del programma     L’amministrazione resistente deduce invece l’inammssibilità del gravame per difetto di giurisdizione del G.A.  Viene rilevata la circostanza che la controversia che la controversia ottiene l’erogazione di un pubblico finanziamento e che , pertanto essa non rientra nella giurisdizione  del Giudice Amministrativo.  In secondo luogo tale finanziamento non rientra tra gli investimenti disposti in sede di approvazione di un “ patto territoriale” nel senso  stabilito dalla Corte di Cassazione 27/10/2014 n. 22747 «La cognizione della controversia relativa all'impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario accordato ad una società per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un "patto territoriale" appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 11, co. ultimo, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione eco di erogazione di una sovvenzione economica»). Viene anche riportato e consolidato l’orientamento del Consiglio di Stato secondo il quale la  questione va quindi risolta secondo il criterio del petitum sostanziale.  In materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche sussiste la giurisdizione del G.O. quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge e quando si controverta dell’inadempimento degli obblighi cui è subordinata.   Sussiste quindi la giurisdizione del Giudice Ordinario purché la controversia riguardi l’ erogazione o la ripetizione del contributo. Sussiste invece la giurisdizione del Giudice Amministrativo qualora la controversia riguardi esclusivamente la fase procedimentale  precedente al provvedimento.   Nel caso in analisi il Collegio ritiene quindi  che la giurisdizione appartenga al Giudice Ordinario con conseguente inammissibilità del ricorso poiché si controverte sull’inadempimento da parte del beneficiario di alcune formalità che l’amministrazione  ha ritenuto non correttamente eseguite.      TAR AMM. SICILIA, SEZ.III, 14-04-2020, N. 712    Con ricorso la società ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui il Comune resistente ha comunicato la volontà di recedere dalla convenzione stipulata con un’altra società per la gestione del servizio di illuminazione pubblica del territorio comunale. Viene evidenziata dalla ricorrente l’illegittimità del provvedimento poiché  il Comune l’avrebbe adottato senza rispettare i requisiti procedurali per esercitare il diritto di recesso. Il comune intimato ha  eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e a tal merito ha chiesto il rigetto del ricorso. Il ricorso viene dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione poiché  la convenzione stipulata tra le due società non può che considerarsi come appalto ai servizi essendo l’attività svolta dal soggetto affidatario integralmente remunerata dall’Amministrazione. La giurisdizione del Giudice quindi non può protrarsi alla fase esecutiva dell’accordo. L’art. 1, comma 13, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, nel consentire alle pubbliche amministrazioni che abbiano validamente stipulato un autonomo contratto di fornitura e servizi di “recedere in qualsiasi tempo dal contratto, previa formale comunicazione all'appaltatore, con preavviso non inferiore a quindici giorni e previo pagamento delle prestazioni già eseguite, oltre al decimo delle prestazioni non ancora eseguite”non attribuisce al soggetto pubblico un potere di incidere in via autoritativa sul contratto, ma conferisce un diritto potestativo di matrice privatistica riconducibile al paradigma di cui agli artt. 1373 c.c. e 21-sexies della l. n. 241/1990 così come chiarito anche dall’inciso del citato art. 1, comma 13 del d.l. n. 95/2012 secondo cui “il diritto di recesso si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell'art. 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti”.   In tale ipotesi sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario.     CONS.STATO,SEZ.IV, 15/07/2020, N.4570       Viene proposto appello dai proprietari degli immobili avverso la sentenza del TAR che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore dell’autorità ordinaria. Le istanze presentate dai due proprietari erano finalizzate rispettivamente all’apposizione di  una barriera automatica al fine di regolamentare l’accesso veicolare alla strada riservando l’accesso agli aventi diritto. Tale istanza viene però rigettata dal comune perché “ introdurrebbe un ostacolo materiale alla libera fruibilità dell’accesso e del transito”. Il suddetto diniego viene impugnato dai proprietari e con un unico motivo i ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità del diniego per falsa violazione e falsa applicazione degli Art. 3 della legge n. 241 del 1990, 167 del dlg.n.42 del 2004 Art. 42 comma 1 e l’eccesso di potere per falsi presupposti. Il TAR ha ritenuto che l’unica motivazione su cui si fonda il diniego gravato è la sussistenza della servitù di uso pubblico sulla strada in relazione alla quale era stata chiesta l’autorizzazione paesaggistica per l’installazione di una barriera. quindi ha ritenuto che  anche se la richiesta è formalmente atta all’annullamento di un provvedimento… in realtà ha natura di accertamento petitorio dell’inesistenza del diritto di uso pubblico sul tratto stradale di proprietà dei ricorrenti  configurandosi in buona sostanza come un’azione volta ad accertare l’inesistenza di vincoli o servitù sul  bene suddetto. Con l’unico motivo di appello gli appellanti denunciano la violazione dell’Art.8 C.P.A. che prevede la giurisdizione incidentale del giudice amministrativo, tutte le volte che , nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva , deve decidere senza efficacia di giudicato di questioni relative a diritti. L’Appello viene accolto. Costituito principio consolidato  quello per cui se è vero che il giudice amministrativo non ha giurisdizione per l’accertamento della natura vicinale della strada ovvero della servitù pubblica di passaggio è vero altresì che il G.A. può, anzi deve, incidentalmente ( e quindi ai soli fini del giudizio concernente la legittimità degli atti amministrativi impugnati) valutare la natura pubblica o privata della strada. Viene affermato in conclusione il principio per cui l’accertamento giurisdizionale della esistenza della servitù  di pubblico passaggio  compete all’autorità giudiziaria ordinaria essendo materia di diritto soggettivo e non di interesse legittimo, ma il G.A. ha giurisdizione per una cognizione incidentale sulla questione ai sensi dell’art. 8 C.P.A.     CONS. GIUST. AMM. SICILIA, SENTENZA N. 323  26/05/2020     I ricorrenti chiedevano all’Assessorato regionale della agricoltura sviluppo rurale la revoca dell’esercizio provvisorio dell’attività di impresa del Consorzio e la revoca dell’incarico al commissario liquidatore pro-tempore deducendo  la violazione della par condicio creditorum . Rimasta silente l’amministrazione veniva quindi richiesto l’accertamento della  legittimità del silenzio della PA da parte degli interessati.  Il ricorso in primo grado viene ritenuto in  parte inammissibile dal TAR adito per : difetto di giurisdizione in poiché azione volta al soddisfacimento del credito  e per la mancanza di obbligo di provvedere a fronte di un’istanza volta a sollecitare i poteri della pubblica amministrazione. Con Il primo motivo d’appello si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’Art. 7 del C.P.A. e l’error in iudicando sulla giurisdizione.  Con il secondo  motivo dell’appello si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’Art. 2 , 31 e 117 del C.P.A. Viene sostenuto che nella liquidazione coatta amministrativa i poteri sono  attribuiti all’autorità amministrativa di vigilanza e tenuto conto della  speciale disciplina della liquidazione si configura un obbligo della regione a provvedere sull’istanza dei creditori.  Viene quindi  riconosciuta la sussistenza di un legittimo interesse  al corretto svolgimento della procedura amministrativa.  Fondato è inoltre  il secondo il motivo di appello , infatti l’obbligo di  provvedere della pubblica amministrazione può essere desunto anche dai principi generali oltre che dalle norme puntuali.  Ne consegue che alla violazione dell’obbligo corrisponde il dovere di intervento da parte dell’autorità di vigilanza.       L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ord, 28.7.2017, n. 4 ha chiarito che in materia di giurisdizione "la parte risultata vittoriosa di fronte al tribunale amministrativo sul capo di domanda relativo alla giurisdizione non è legittimata a contestare in appello la giurisdizione del giudice amministrativo".    Cons. Stato, Sez. V, 4 ottobre 2016, n. 4075 - Il Collegio - rilevata che la preponderanza delle opere realizzate o da realizzare concernono le sponde del cosiddetto Rio senza nome e conseguentemente, viste anche le previsioni dell’art. 217, lett. h, r.d. n. 1775 del 1933, le quali ricomprendono “le opere alle sponde dei pubblici corsi di acqua che possono alterare o modificare le condizioni delle derivazioni o della restituzione delle acque derivate”, non può che concludersi che la controversia in esame rientri necessariamente nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche ai sensi dell’art. 143, lett. a) e b) r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 - respinge l’appello proposto avverso la pronuncia del TAR Liguria n. 912/2015 con cui è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione a favore del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.     Con le importanti decisioni nn. 333 e 334 del 4 aprile 2016 il TAR Liguria si è pronunciato sul riparto di giurisdizione G.A./G.O. in tema di dismissione e razionalizzazione delle partecipazioni azionarie da parte degli Enti pubblici. Secondo il Giudice adito l’art. 1, c. 569, legge n. 14/2013, nel disporre la cessazione ope legis delle partecipazioni azionarie vietate e il conseguente diritto dell’Amministrazione alla liquidazione del relativo valore, è una tipica norma di relazione tesa a disciplinare non tanto i poteri degli organi pubblici, che sono anzi surrogati dalla previsione di un’ipotesi eccezionale di recesso ex lege, quanto i rapporti tra la pubblica amministrazione e le società partecipate, fonte immediata di diritti soggettivi (di recesso e liquidazione della quota) e di corrispondenti obblighi. La dismissione della partecipazione concreta quindi un atto jure privatorum, compiuto dal comune uti socius – e non jure imperii – a valle della scelta di fondo circa l’impiego del modello societario. Non venendo in rilievo l’esercizio di un potere amministrativo propriamente detto, ma soltanto l’accertamento vincolato del ricorrere dei presupposti di legge per la cessazione della partecipazione azionaria, deve ritenersi che la controversia esuli, ex art. 7 c.p.a., dalla giurisdizione del G.A. per rientrare in quella del G.O., al quale spetta d’altronde la cognizione delle domande concernenti il diritto di recesso del socio e, per il caso di contestazioni, sulla liquidazione del valore delle azioni. Viceversa, il Piano operativo ex art. 1, c. 611 e 612 L. n. 190/2014 di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni direttamente o indirettamente possedute in società aventi per oggetto attività di produzioni e servizi “indispensabili” al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente (e come tali non vietate) è redatto dagli Enti sulla base di una serie di criteri e obiettivi di risparmio, con definizione delle modalità e dei tempi di attuazione, dunque sulla base di valutazioni tipicamente discrezionali circa il quid, il quando e il quomodo della razionalizzazione. Viene quindi in rilievo una tipica norma di azione, con la conseguenza che le scelte operate in attuazione della stessa, sono sindacabili dal GA, involgendo posizioni di interesse legittimo, come accade generalmente per i provvedimenti generali e/o di pianificazione.          T.A.R. Liguria, Sez. I, 18 novembre 2014, n. 1634 - Al Collegio sono noti il dibattito e la conseguente incertezza applicativa in merito all’estensione della norma ancora vigente in materia, in specie con riferimento alla cognizione dei provvedimenti di diniego di sanatorie concernenti abusi edilizi basati sulla presunta violazione della fascia di rispetto delle acque pubbliche, ex art. 96 r.d. 523 cit. e norme derogatorie asseritamente attuative. In proposito, in linea generale il discrimine per individuare la giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche (ai sensi del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 143 lett. a) si fonda sul dato normativo con riferimento ai "ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche", cosicché tale speciale giurisdizione (da interpretarsi restrittivamente in ottica costituzionale, in quanto eccezionalmente limitata ad un unico grado) sussiste quando i provvedimenti amministrativi impugnati incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione e l'esercizio delle opere idrauliche o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificarne la localizzazione o a influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti. L'evidente incertezze che tale regola determina nei singoli casi, come emerge dalle difficoltà applicative reiterate in materia e dalla conseguente incertezza in cui si trovano ad agire gli operatori del diritto (specie gli avvocati che assistono i soggetti interessati ad esercitare il diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost.), impone di individuare sub criteri di - per quanto possibile - meno opinabile applicazione, oltre a far riferimento alla posizione espressa dalla stessa p.a. coinvolta. In tale ottica, nella specie assumono rilievo dirimente le finalità indicate nell'atto e l'oggetto primario dell'intervento, concernenti la sanzione edilizia di un abuso di tale natura (edilizia appunto); inoltre, l'unicità del grado esclude di poter seguire un'interpretazione estensiva del criterio normativo; infine, a conferma di ciò la stessa ordinanza impugnata in principalità indica il g.a. quale ordine cui eventualmente rivolgersi per la tutela giurisdizionale. Nel caso de quo, in ogni caso, il coinvolgimento dell’acqua pubblica e la relativa incidenza non appaiono strictu sensu dirette, risultando – pur nella comprensione della primaria finalità di tutela - solo eventuali in relazione alle finalità della fascia di rispetto a fronte delle possibili esondazioni delle acque coinvolte. In definitiva, nei casi in esame oggetto primario è la valutazione della compatibilità edilizia di un’opera posta ad una certa distanza da un’acqua pubblica; la valutazione della rilevanza della fascia di rispetto è, pur nella indicata rilevanza primaria del fine perseguito e dell’oggetto di tutela, una dei vari ambiti che l’organo competente in tema di edilizia (e non direttamente sul tema idrico) è chiamato a valutare. Cosicchè appare ragionevole garantire, proprio per la concorrente rilevanza di diversi ambiti di interesse e di materie coinvolte, il rispetto del doppio grado di giurisdizione.         T.A.R. Liguria, Sez. II, 24 ottobre 2014, n. 1508 - Nel caso in questione si osserva trattarsi di vicende che riguardano il malfunzionamento di un bene la cui realizzazione è bensì derivata dall’originario titolo, ma la cui manutenzione non può essere ricondotta all’esplicazione dell’autoritatività che comporterebbe l’esame delle censure proposte da parte del tribunale amministrativo: si tratta innanzitutto degli inviti, ancorché pressanti, affinché il condominio si facesse carico dei lavori resisi necessari, ed a tali atti seguirono le determinazioni relative al carico finanziario derivante dalla riparazione curata dalla citata Aster. In tutto ciò non possono essere individuati i profili di imperatività che comporterebbero l’esame delle censure da parte di questo tribunale amministrativo. A ciò va aggiunto che il reale oggetto del contendere risiede nell’interpretazione della convenzione stipulata per la realizzazione della rimessa e per l’attribuzione del diritto di superficie alla parte ricorrente: anche in questo caso si tratta di una tipica attività giurisdizionale che pertiene al giudice ordinario, al quale va pertanto rimesso l’affare.

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