Salta al contenuto principale
Con decisione 30 agosto 2018 n. 12 l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato torna sulla natura del contributo di costruzione e in particolare sulla natura e sul regime degli atti con i quali l'amministrazione può rideterminarne il valore. In particolare vengono evidenziati dall'A.P. i seguenti principi di diritto. Gli atti con i quali la p.a. determina e liquida il contributo di costruzione di cui all’art. 16 d.P.R. n. 380/2001, non hanno natura autoritativa, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, ma costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta, in quanto tale, al termine di prescrizione decennale. Agli atti di determinazione del contributo non possono applicarsi né la disciplina dell’autotutela dettata dall’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990 né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimentali manifestazioni di imperio. Nel corso di tale rapporto paritetico la p.a. può pertanto sempre rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo di tale contributo, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.) decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza. Il privato non è tenuto ad impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo, munito di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., nel medesimo termine di dieci anni, anche con un’azione di mero accertamento. L’amministrazione comunale, nel richiedere i detti importi con atti non aventi natura autoritativa, agisce quindi secondo le norme di diritto privato, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1-bis, della l. n. 241/1990, ma va esclusa l’applicabilità dell’art. 1431 c.c. a questa fattispecie, in quanto l’errore nella liquidazione del contributo, compiuto dalla pubblica amministrazione, non attiene ad elementi estranei o ignoti alla sfera del debitore ed è quindi per lui in linea di principio riconoscibile, in quanto o riguarda l’applicazione delle tabelle parametriche, che al privato sono o devono essere ben note, o è determinato da un mero errore di calcolo, ben percepibile dal privato, errore che dà luogo alla semplice rettifica.   La tutela dell’affidamento e il principio della buona fede, che in via generale devono essere osservati anche dalla pubblica amministrazione dell’attuazione del rapporto obbligatorio, possono trovare applicazione solo nella eccezionale ipotesi in cui la conoscibilità e verificabilità dell’errore non siano possibili con l’ordinaria diligenza richiesta al debitore, secondo buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), nell’ottica di una leale collaborazione volta all’attuazione del rapporto obbligatorio e al soddisfacimento dell’interesse creditorio vantato dal Comune.   Cons. Stato, Ad. Plen., 7 dicembre 2016, n. 24 - 5.1 Ritiene l’Adunanza plenaria che, nell’ambito dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali di cui ha riferito il giudice rimettente, sia senz’altro condivisibile l’orientamento maggioritario maturato in seno a questo Consiglio di Stato. La soluzione si impone alla luce delle chiare previsioni delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie nonché alla luce dei principi generali dell’ordinamento. Per vero, può fin d’ora anticiparsi come il quadro delle diposizioni normative applicabili al caso in esame non consenta di individuare, a carico della Amministrazione comunale qui appellata, un onere di collaborazione con il debitore nella finalizzazione del pagamento del contributo di costruzione tale per cui la sua violazione possa tradursi in una decadenza della stessa Amministrazione dal potere di sanzionare il ritardo nel pagamento. Peraltro, la soluzione non muta a seconda che la questione controversa sia affrontata sulla base dei principi desumibili dal sistema normativo applicabile ai rapporti intersoggettivi di diritto amministrativo, al cui novero la fattispecie andrebbe ascritta (quantomeno in relazione al rapporto debitore principale-pubblica amministrazione) ovvero attingendo ai canoni interpretativi di matrice civilistica. Ed infatti, quale che sia l’approccio interpretativo che si voglia seguire, si deve ritenere che resti in ogni caso integro il potere-dovere della amministrazione comunale di applicare le sanzioni pecuniarie per il ritardo nel pagamento dei contributi di costruzione al semplice verificarsi delle condizioni previste dalla legge, dovendosi per contro escludere la sussistenza di un obbligo di preventiva escussione della garanzia fideiussoria. 5.2 Giova premettere, riguardo alla natura del contributo di costruzione dovuto dal soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria, che detto contributivo rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire ( art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio. Il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, ed ha carattere generale, prescindendo totalmente delle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere. In sostanza, le opere di urbanizzazione ( per la cui remunerazione il contributo viene imposto) hanno spesso portata più ampia rispetto a quelle strettamente necessarie ad urbanizzare il nuovo insediamento edilizio posto in essere da chi abbia ottenuto il titolo edilizio ed hanno quindi sovente natura indivisibile, nel senso che non sono frazionabili in porzioni funzionali al soddisfacimento delle esigenze dei singoli nuovi insediati. In ragione di tanto, per l’esecuzione di dette opere, da realizzare in conseguenza del fatto edificatorio in sé considerato, l’amministrazione comunale attinge normalmente alla fiscalità generale, senza necessariamente attendere il pagamento del contributo da parte dell’obbligato, e quindi a prescindere dal suo puntuale adempimento. Per tale motivo, quand’anche risultino trasfuse in apposita convenzione urbanistica, le prestazioni da adempiere da parte dell’amministrazione comunale e del privato intestatario del titolo edilizio non sono tra loro in posizione sinallagmatica. Come si è detto, infatti, l’amministrazione è tenuta ad eseguire le opere di urbanizzazione ed a dotare degli indispensabili standard il comparto ove viene allocato il nuovo insediamento edilizio a prescindere dal puntuale pagamento del contributo di costruzione da parte del soggetto che abbia ottenuto il titolo edilizio; per parte sua, questi è tenuto al pagamento del contributo senza poter pretendere la previa realizzazione delle opere di urbanizzazione. Da ciò discende che il soggetto obbligato sia tenuto a corrispondere il contributo di costruzione nel rispetto dei termini convenuti e che l’amministrazione comunale deve eseguire le opere di urbanizzazione in coerenza, anche sul piano temporale, allo sviluppo edilizio del territorio. 5.3 Vale altresì osservare, ancora in via preliminare, come il contributo di costruzione, quale prestazione patrimoniale imposta funzionale a remunerare l’esecuzione di opere pubbliche, si collochi pacificamente nell’alveo dei rapporti di diritto pubblico. Ne è ulteriore riprova il fatto che , come si dirà meglio in seguito, il suo mancato pagamento legittima l’amministrazione all’applicazione di sanzioni pecuniarie crescenti in rapporto all’entità del ritardo ( art. 42 d.P.R. cit.) e, in caso di persistenza dell’inadempimento, alla riscossione del contributo e delle sanzioni secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate ( art. 43 d.P.R. cit.). 5.4 Tali preliminari affermazioni di principio, ad avviso di questa Adunanza plenaria, non sono senza conseguenze, per le ragioni che saranno via via esplicitate più avanti, nella risoluzione nei sensi già indicati del quesito interpretativo qui all’esame. 5.5 In tale direzione conduce anzitutto l’argomento, di per sé dirimente, di natura esegetico-letterale, desumibile dal contenuto delle specifiche disposizioni normative applicabili alla fattispecie. Il riferimento è qui sia alla disposizione ( art. 16 d.P.R. cit.) che prevede il meccanismo della prestazione della garanzia per il caso di pagamento rateale del contributo di costruzione, sia alla disposizione ( art 42 d.P.R. cit. ) che disciplina le sanzioni per l’omesso o ritardato pagamento. Orbene, nessuna di tali disposizioni consente di enucleare elementi letterali da cui desumere, anche indirettamente, la sussistenza di un onere collaborativo, o soltanto sollecitatorio dell’adempimento, a carico della amministrazione creditrice del contributo, una volta che siano venuti a scadenza i termini per il pagamento. In particolare, l’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, la cui rubrica reca contributo di costruzione prevede - per quel che qui rileva - che il Comune possa rateizzare, su richiesta dell’interessato, la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione mentre, per ciò che attiene alla quota di contributo relativa al costo di costruzione, la norma (art. 16, comma 3) dispone che la stessa sia corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie previste dal Comune. Pertanto, la fonte normativa che attribuisce al Comune la facoltà richiedere garanzia all’intestatario di un titolo edilizio cui sia stato accordato il beneficio della rateizzazione del contributo di costruzione ( nelle due componenti suindicate) nulla prevede riguardo all’ipotizzato dovere dell’amministrazione di attivarsi al più presto per la escussione della garanzia fideiussoria. Pertanto, già in base a tale rilievo, appare evidente come la costruzione interpretativa che enuclea dal sistema giuridico il suddetto dovere collaborativo in capo all’amministrazione risulti sfornita di una sicura base legale. Ancor più significativo in tal senso il dettato letterale della disposizione che regola l’applicazione delle sanzioni. L’art.42 del d.P.R. n. 380 del 2001 ( che riproduce il contenuto dell’art. 47 della legge 28 febbraio 1985 n. 47) prevede che “le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio. Dispone più nel dettaglio la norma che il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione di cui all'articolo 16 comporta: a) l'aumento del contributo in misura pari al 10 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni; b) l'aumento del contributo in misura pari al 20 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni; c) l'aumento del contributo in misura pari al 40 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni. Recita ancora la disposizione che le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano e che, nel caso di pagamento rateizzato, le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate. Infine, la norma stabilisce che decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del comma 2, il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall'articolo 43. E che, in mancanza di leggi regionali che determinino la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel comma 2. Di contenuto sostanzialmente analogo la legge regionale della Valle d’Aosta 6 aprile 1998 n. 11 ( adottata sulla base della legge 28 febbraio 1985, n. 47 art.3), applicabile alla fattispecie di causa, che tuttavia ha graduato diversamente ( in misura più consistente) gli aumenti del contributo dovuti in relazione al ritardo nel pagamento, determinandoli nella misura minima del 20% ( per il caso di ritardo contenuto entro il termine di 120 gg dalla scadenza del primo termine), nella misura intermedia del 40% ( per il caso di ritardo contenuto entro gli ulteriori 60 gg) fino a giungere al 100% del contributo (per ritardi ancora superiori). Orbene, anche dalla portata letterale delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio, si evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna, sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio, tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore e quella in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria accessoria per il pagamento del suddetto contributo. E soprattutto, ciò che appare davvero dirimente, è che la norma sanzionatoria (nazionale o regionale) non riconnette rilevanza alcuna ai comportamenti delle parti diverse dal debitore principale ( e cioè della amministrazione e del fideiussore) antecedenti al fatto-inadempimento. Ciò che unicamente rileva, nella logica della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento della rata di contributo imputabile al debitore principale. L’argomento esegetico-letterale depone pertanto per l’insussistenza di un dovere di “soccorso” dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del contributo di costruzione. Per contro, sempre sulla base del tenore letterale delle richiamate disposizioni, l’amministrazione è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista direttamente dalla fonte normativa di rango primario ( che trova applicazione ove la regione non abbia diversamente articolato l’entità delle sanzioni nel rispetto dei parametri fissati dalla legge nazionale) , all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei termini di pagamento, senza potersi sottrarre al potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria, l’importo del contributo dovuto. 5.6 Da quanto appena detto discende che risulta sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale ovvero presso il fideiussore. Ed invero il sistema di pagamento del contributo di costruzione è caratterizzato dalla presenza solo eventuale di una garanzia prestata per l’adempimento del debito principale e di un parallelo strumento a sanzioni crescenti, con chiara funzione di deterrenza dell’inadempimento, che trova applicazione, in base alla legge, al verificarsi dell’inadempimento dell’obbligato principale. In tale sistema, l’amministrazione comunale, allo scadere del termine originario di pagamento della rata ha solo la facoltà di escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada, l’amministrazione avrà comunque il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali crescenti all’aumentare del ritardo. Peraltro, solo alla scadenza di tutti termini fissati al debitore per l’adempimento (e quindi dopo aver applicato le massime maggiorazioni di legge), l’Amministrazione avrà il potere di agire nelle forme della riscossione coattiva del credito nei confronti del debitore principale ( art. 43 d.P.R. n. 380 del 2001). La portata di tale ultima disposizione è peraltro tale da ritenere che l’amministrazione, se pure non è impedita dallo svolgere attività sollecitatoria dei pagamenti ( senza attingere al rimedio straordinario della riscossione coattiva) in occasione delle scadenze dei termini intermedi cui sono correlati gli aumenti percentuali del contributo secondo il già indicato modello, è certo facultata ad attendere il volontario pagamento da parte del debitore (e eventualmente del suo fideiussore), salvo in ogni caso restando il suo potere-dovere di applicare le sanzioni di legge per il ritardato pagamento. Per quanto su evidenziato, deve convenirsi sul fatto che la lettera della legge sia chiara nell’assegnare all’amministrazione il potere/dovere di applicare le sanzioni al verificarsi di un unico presupposto fattuale, e cioè il ritardo nel pagamento da parte dell’intestatario del titolo edilizio ( o di chi gli sia subentrato secundum legem). La stretta osservanza del principio di legalità, imposta dalla rigorosa applicazione del canone interpretativo- letterale delle disposizioni richiamate, comporta pertanto che va ritenuta legittima l’applicazione delle sanzioni per il ritardo, a prescindere da richieste di pagamento che siano potute venire all’interessato o al suo fideiussore dalla amministrazione concedente il titolo edilizio. In definitiva, la facoltà per l’amministrazione di escutere direttamente il fideiussore (nei casi, quali quello di specie, in cui non è stato convenuto il beneficium excussionis) non può tradursi, in difetto di espressa previsione normativa, in una decadenza dell’amministrazione dal potere di sanzionare il pagamento tardivo dell’obbligato, essendo tale potere incondizionatamente previsto ( allo stato attuale della legislazione) dall’art. 42 d.P.R. cit.e dall’art.72 della legge 6 aprile 1998 n.11 della Regione Valle d’Aosta . Tali conclusioni risultano coerenti con l’affermazione secondo cui il principio di legalità che connota l’azione dei pubblici poteri va letto in una duplice declinazione: in senso proprio, secondo cui non può darsi esercizio legittimo di potere senza che sussista una specifica fonte legislativa legittimante; ma anche nel senso che, ove detta fonte legislativa sussista e, come nella fattispecie oggetto di causa, l’esercizio del potere ( sanzionatorio) sia vincolato al verificarsi di taluni presupposti fattuali, l’amministrazione non potrebbe, dopo aver riscontrato la ricorrenza delle condizioni previste dalla legge, sottrarsi legittimamente al suo esercizio. Ora, in applicazione di tali chiari principi normativi, il soggetto che abbia omesso o ritardato il pagamento del contributo di costruzione incorre nelle sanzioni per ritardato pagamento. Peraltro, il regime giuridico che connota la genesi e le modalità di riscossione del contributo de quo esclude che possano essere configurate ipotesi di non debenza della specifica prestazione patrimoniale diverse da quelle individuate dal legislatore (v. in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2009, n. 2359). 5.7 Tali considerazioni sarebbero già sufficienti a ritenere che la corretta soluzione della questione interpretativa sia quella già individuata dalla giurisprudenza prevalente di questo Consiglio di Stato (ex multis IV n. 5818 del 2012, IV n. 4320 del 2012 e V n. 777 del 2016), senza che la soluzione al quesito possa mutare nei casi in cui – quale quello oggetto di causa - al debitore principale si aggiunga un ulteriore obbligato ( il fideiussore) in funzione di un rafforzamento della garanzia patrimoniale. Ove sia costituita a richiesta della amministrazione, la garanzia fideiussoria, quale obbligazione accessoria di quella principale, è prestata nell’interesse esclusivo dell’ente locale, al fine di offrire maggiori garanzie di soddisfacimento del gettito relativo alla speciale entrata di diritto pubblico di che trattasi (i.e. il pagamento del contributo di costruzione) e rappresenta, ex latere debitoris, l’onere correlato al beneficio della rateizzazione del pagamento. Sarebbe paradossale se, in tale situazione giuridico-fattuale, per effetto del rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore, l’amministrazione risultasse privata del potere di sanzionare il ritardo o l’omesso pagamento del debitore principale se solo abbia mancato di escutere il fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto illogico sarebbe che, correlativamente, con la stipula della polizza fideiussoria , il debitore principale possa conseguire un’esimente speciale, non prevista dalla legge, rispetto all’applicazione a suo carico delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (nella misura in cui, così ragionando, alla scadenza del termine di pagamento, o l’amministrazione provvede ad escutere tempestivamente il fideiussore o perde il diritto di applicare le sanzioni di legge). Si aggiunga che, come correttamente rilevato nella richiamata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 777 del 2016, nei casi – quali quello in esame - di fideiussione con clausola a prima richiesta non alterante il tipo normativo di garanzia fideiussoria in senso stretto (e quindi non assimilabile al cd. contratto autonomo di garanzia), troverebbe comunque applicazione, sul piano dei principi generali, l’art. 1942 cod.civ.: a mente del quale la fideiussione si estende “a tutti gli accessori del debito principale”, con esclusione tuttavia delle somme dovute ad altro titolo ( quali certamente le sanzioni amministrative dovute ex lege per il ritardato versamento dei ratei del contributo di urbanizzazione. In tal senso, Cass. 12 giugno 2001 n. 7885). Nel caso di specie, peraltro, l’esclusione della responsabilità del fideiussore per il pagamento delle sanzioni risulta poi espressamente esclusa dal tenore testuale della polizza fideiussoria versata in atti. Da ciò conseguirebbero difficoltà ulteriori per l’amministrazione comunale nella riscossione del credito, ove dovesse predicarsi la sussistenza di una regola praeter legem che condizionasse la legittimità delle sanzioni alla previa escussione del fideiussore. Ed infatti, prima della scadenza del termine di pagamento, il comune non potrebbe azionare la garanzia; una volta scaduto il termine, l’ente non potrebbe richiedere al fideiussore (il quale, per quanto detto, sarebbe tenuto solo nei limiti del contributo omesso) le maggiorazioni del contributo dovute a titolo sanzionatorio. Con il risultato che, ove dovesse accedersi alla tesi del necessario coinvolgimento del fideiussore, l’amministrazione dovrebbe indirizzare in senso bidirezionale l’azione esecutiva, non utilizzando lo strumento normativo ben più rapido ed efficace che la legge le affida (art. 43 d.P.R. cit), rappresentato dalla riscossione coattiva di diritto pubblico nei confronti del solo debitore principale, per tutte le somme derivanti da contributi omessi o pagati in ritardo e dalle maggiorazioni dovute ex lege a titolo di sanzioni pecuniarie. Tale ulteriore contraddizione dimostra come debba essere senz’altro preferita la soluzione che esclude che l’applicazione delle sanzioni di legge possa essere correlata alla previa escussione della garanzia e come non sia ragionevolmente esigibile richiedere alla amministrazione comunale una tale attività supplementare nell’attuazione del rapporto obbligatorio.   Cons. Stato, Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5072 - La giurisprudenza, invero, è oramai orientata nel ritenere prevalente, all'interno delle convenzioni di urbanizzazione, il profilo della libera negoziazione. Infatti, sebbene sia innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, caratterizzato da un inestricabile intreccio di posizioni soggettive diversificate, non può negarsi che in questo – unitamente all’esercizio del potere pubblico che ne giustifica l’assimilazione agli accordi previsti dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990 - si assista all'incontro di volontà delle parti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta anche dalle norme del codice civile, al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale (Consiglio di Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 33; Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 luglio 2005, n. 4015; Cass. civ., SS.UU., 15 dicembre 2000, n. 1262, 7 febbraio 2002, n. 1763). Ciò comporta che la parte che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto, ha manifestato la volontà di aderirvi, restandone vincolata, salve le ipotesi di invalidità del negozio per vizi della volontà, che nel caso neppure sono stati prospettati.   Per quel che concerne, poi, l’asserita natura tributaria o paratributaria dei detti contributi, contrariamente a quanto prospetta la parte appellante, tale prestazione non ha natura tributaria e neppure di corrispettivo di diritto pubblico, non avendo il contributo per gli oneri di urbanizzazione una funzione meramente recuperatoria delle spese sostenute dalla collettività comunale per la trasformazione del territorio, bensì la caratteristica di corrispettivo dovuto per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione connesse all'edificazione e di realizzazione delle urbanizzazioni laddove l’intervento richieda la contestuale realizzazione delle urbanizzazioni (cfr. C.G.A. n. 466 del 2008). In realtà, il Comune ha applicato puntualmente le clausole previste al riguardo nella convenzione, sia quelle relative alla monetizzazione di parte degli oneri, sia quelle riguardanti la diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria con cessione delle aree. D'altra parte, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo ritenuto che la monetizzazione delle aree di urbanizzazione e la realizzazione delle urbanizzazioni non è alternativa e ben può essere prevista cumulativamente.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 30 settembre 2014, n. 1401 - L’affermazione della natura paratributaria del contributo di costruzione torna utile per definire il criterio ermeneutico che deve seguire l’interprete in materia. Trova campo elettivo d’applicazione, specie con riguardo alle norme che prevedono l’esonero e la riduzione del pagamento del contributo, il criterio interpretativo delle norme c.d. “a fattispecie esclusiva”, proprio delle disposizioni tributarie. Ossia l’interprete, oltre a doversi attenere alla littera legis, deve individuare il criterio in base al quale è stata disposto il beneficio che deroga all’ordinario regime paratributario, al fine di non estenderne l’applicazione oltre i casi espressamente preveduti. Per quel che ne occupa, il criterio di riduzione del 70% del contributo di costruzione riguarda gli interventi di ristrutturazione edilizia “comportanti mutamento di destinazione d’uso delle unità immobiliari o dei singoli locali in aggiunta all’unità immobiliare di partenza”. In senso letterale: solo singole unità immobiliari o singoli locali possono essere ristrutturatati con cambio di destinazione e fruire delle riduzione. In aggiunta, dalla lettura complessiva degli interventi nella tassonomia prevista nella deliberazione consiliare, s’evince la graduazione discendente dell’ammontare di riduzione del contributo in misura inversamente proporzionale alla incisività sull’assetto urbano della tipologia degli interventi: la ristrutturazione che comporti il mutamento di destinazione sconta una riduzione minore rispetto a quella che non comporti cambio di destinazione (quantificata nella misura del 90%). Tanto da costituire ipotesi limite per conseguire la riduzione. Oltre di essa, dispiega pieno vigore il regime ordinario. Un tipo d’intervento edilizio quello per cui è causa – è appena il caso d’aggiungere – che non rientra nell’ipotesi che sconta la riduzione del 60% prevista per la demolizione di preesistente edificio e sua (fedele) ricostruzione, di cui alla domanda subordinata. L’intervento realizzato della ricorrente, oltre al cambio di destinazione in commerciale del manufatto composto da più unità immobiliari – in origine strumentale all’attività, esercitata in forma d’impresa, d’oleificio – ha comportato il raddoppio della superficie utile interna, l’incremento del numero delle singole unità immobiliari, sì da esemplificare un intervento di ristrutturazione e mutamento di destinazione con consistente aggravio del carico urbanistico, e conseguente obbligo di corresponsione del contributo. Che, va sottolineato, nell’ordinamento di settore dell’urbanistica, assolve alla funzione di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione e costruzione (cfr., art. 16, commi 9 e 10, t.u.e.d., come norma espressiva di un principio che conforma la materia) facendoli gravare sui soggetti che ne usufruiscono.    T.A.R. Liguria, Sez. I, 15 gennaio 2014, n. 80 - Le opere interne con le quali si dà vita ad un accorpamento di due unità immobiliari non comportano aumento del carico urbanistico. Come tali non soggiacciono alla corresponsione degli oneri di urbanizzazione.

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355