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T.A.R. Liguria, Sez. I, 17 giugno 2019, n. 542 - Secondo la disciplina disegnata dall’art. 48 del d.lgs. n. 267 del 2000 (t.u. enti locali), infatti, la competenza in materia di piani urbanistici spetta al Consiglio comunale. Ha precisato la giurisprudenza amministrativa che, a seguito delle modifiche introdotte dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni nella legge 12 luglio 2011, n. 106, la competenza all’approvazione dei piani attuativi, qualora compatibili con lo strumento urbanistico vigente, spetta alla Giunta comunale, mentre sussiste la competenza del Consiglio comunale laddove il piano attuativo comporti una variante allo strumento urbanistico (Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2016, n. 888). Non è condivisibile, d’altronde, l’impianto argomentativo sulla base del quale una giurisprudenza minoritaria ha ascritto alla competenza dirigenziale il provvedimento di rigetto della domanda di approvazione di uno strumento attuativo, poiché si tratterebbe di un atto endoprocedimentale facente parte del più complesso procedimento urbanistico, ma autonomamente impugnabile alla stregua di arresto procedimentale (T.A.R. Molise, 4 novembre 2010, n. 1501). Né vi è ragione per derogare alla disciplina del riparto di competenze nel caso in cui l’istanza di approvazione di uno strumento attuativo sia stata presentata ai sensi dell’art. 38 t.u. edilizia. Deve ritenersi, pertanto, che la definitiva determinazione in tema di approvabilità dello strumento urbanistico attuativo proposto dal privato esorbiti dalla competenza del dirigente. Nel caso in esame, inoltre, non può trovare applicazione la sanatoria giurisprudenziale invocata dalla difesa comunale in quanto, non essendo possibile includere le norme regolatrici della competenza tra quelle sul procedimento amministrativo o sulla forma degli atti cui fa riferimento il capoverso dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, l’accertamento del vizio comporta necessariamente, anche nel caso di incompetenza relativa, l’annullamento dell’atto (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 13 ottobre 2016, n. 1536). Fermo restando che, alla luce delle delicate questioni interpretative emergenti nella presente controversia, va escluso che la contestata determinazione seguisse una sorte ineluttabile.

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