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T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 novembre 2018, n. 880 - Il Comune di Lavagna con nota di data 19 giugno 2018, in espresso riscontro all’istanza di accesso, ha individuato, elencandoli, i lavori previsti, corrispondenti a quelli previsti nell’ordinanza demolitoria e facendo riferimento ai documenti della relativa pratica edilizia per i quali era già stata accolta una precedente istanza di accesso dell’esponente.  Nell’ambito delle memorie difensive prodotte nel corso del giudizio l’amministrazione ha chiarito che detto rinvio alla precedente richiesta di accesso discende dall’inesistenza agli atti di documenti ulteriori rispetto a quelli già esibiti, atteso che l’esecuzione dell’ordinanza di ripristino non richiede il rilascio di titolo edilizio né la predisposizione di documentazione progettuale. Pertanto, alla luce della conferma, nelle difese prodotte dall’amministrazione resistente, dell’inesistenza di documentazione ulteriore rispetto a quella già precedentemente rilasciata alla ricorrente, la domanda di accertamento del diritto di accesso e di conseguente condanna dell’amministrazione al rilascio di documenti non può essere accolta. “Poiché ad impossibilia nemo tenetur, anche nei procedimenti d’accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto o l’ordine di esibizione impartito dal giudice non può riguardare, per un evidente ragione di buon senso, che i documenti esistenti e non anche quelli non più esistenti o mai formati, spettando alla P.A. destinataria dell’accesso indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli atti inesistenti che non è in grado di esibire.” (C.d.S., sez. VI, 8 gennaio 2002, n. 67; C.d.S., sez. IV, 27 giugno 2018, n. 3938; T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, 2 novembre 2018, n. 10553; TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 38 luglio 2014, n. 344). T.A.R. Liguria, Sez. I, 30 marzo 2016, n. 303 - Il presupposto sostanziale del silenzio, inteso come inerzia imputabile alla pubblica amministrazione, è la sussistenza di un obbligo di provvedere, in ossequio al precetto dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990, ossia di adottare un provvedimento espresso a fronte dell’istanza che ad essa è stata avanzata, anche qualora l’amministrazione ritenga di doverla respingere. L’istituto del silenzio si configura, quindi, come strumento diretto a superare l’inerzia dell’amministrazione nell’emanazione di un provvedimento motivato, a seguito di un’istanza volta a dare impulso all’esercizio del potere amministrativo. Nel processo amministrativo, in altre parole, l’azione contro il cosiddetto silenzio inadempimento è preordinata all’accertamento della violazione dell’obbligo di pronunciarsi in modo espresso, attraverso l’adozione di un provvedimento amministrativo, sull’accoglibilità di una domanda avanzata dal privato (nei casi in cui, ovviamente, la legge non attribuisca al silenzio un significato di assenso o di diniego).    T.A.R. Liguria, Sez. I, 30 ottobre 2014, n. 1515 - Atteso che, in primo luogo, già all’epoca della presentazione della diffida le opere in contestazione risultavano oggetto di provvedimento di sanatoria (risalente al febbraio precedente), cosicchè non poteva - né può - ancora sussistere alcun obbligo di provvedere in capo al Comune; - rilevato che a quest’ultimo proposito la diffida non potrebbe assumere alcun rilievo neppure in termini di sollecito di autotutela, in base al consolidato principio per cui l'esercizio del potere di ritiro ha natura discrezionale a fronte del quale l'amministrazione non ha l'obbligo di riesaminare su richiesta dell'interessato il provvedimento che lo stesso non abbia impugnato tempestivamente (cfr. ad es. Tar Liguria n. 874\2014).

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