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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 27.07.2016, n. 21 torna sull'argomento dell'errore di diritto in materia di revocazione acclarando il seguente principio "non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni".   L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 24.01.2014, n. 5 risolve una serie di dubbi sempre in materia di revocazione per errore di fatto. Innanzitutto si afferma, superando il precedente orientamento della Plenaria n. 2/2009 per effetto dell'entrata in vigore del nuovo codice del processo, che "salva ovviamente l’ipotesi di dolo del giudice, non sussiste per i magistrati che avevano pronunciato la sentenza revocanda alcuna incompatibilità a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione, atteso che essa non predica, per sua natura, un errore di giudizio", talché "alla luce del nuovo codice del processo amministrativo, debba escludersi l’applicabilità della norma di cui all’art. 51 n. 4 c.p.c. - richiamata dalla norma di rinvio di cui all’art. 17 c.p.a. - che prevede l’obbligo del giudice di astenersi quando abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, allorquando sia lo “stesso ufficio giudiziario” che ha reso la pronuncia oggetto di revocazione, competente a decidere nuovamente; ne consegue che, ad eccezione dell’ipotesi del dolo del giudice o, comunque, dell’ipotesi in cui il giudice abbia un interesse proprio e diretto nella causa, i magistrati che hanno pronunciato la sentenza impugnata per revocazione possono legittimamente far parte del collegio investito della cognizione del giudizio revocatorio". Per il resto la Plenaria ribadisce quelle che sono le caratteristiche che l'errore di fatto deve avere per poter costituire elemento di revocazione di un pronunciamento giurisdizionale: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa; d) l’errore deve inoltre apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche.   Aggiunge la Corte che l'errore di fatto revocatorio "non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione" (fattispecie relativa ad un'eccezione di tardività dell'appello ritenuta fondata dal Giudice, per cui trattandosi di una questione che è stata affrontata e dibattuta in sede processuale dal Giudice, essa non può costituire oggetto di giudizio di revocazione per errore di fatto).   L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (10.1.2013, n. 1) è tornata sui (numerosi) requisiti necessari per poter intraprendere azione di revocazione per errore di fatto: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;   b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;   c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa.   La decisione non è condivisibile nella parte in cui ritiene indispensabile che sul fatto non dev'esserci stata controversia, poiché fa dipendere il mezzo di gravame dal fatto contingente (e concretamente irrilevante) che il documento o la circostanza di fatto di cui trattasi non siano stati fatti oggetto di contestazione ad opera della parte avversaria.

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