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T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 luglio 2019, n. 597 - Nel termine di un anno decorrente dalla consegna del titolo edilizio, pertanto, erano state unicamente poste in essere attività qualificabili, tutt’al più, come sistemazione del sito e approntamento del cantiere, vale a dire opere preparatorie che, secondo costanti indicazioni giurisprudenziali, non sono sufficienti a comprovare l’avvio effettivo dei lavori né a manifestare, con ragionevole grado di certezza, la volontà di esercitare il diritto ad edificare (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Salerno sez. II, 15 giugno 2018, n. 961; T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 3 gennaio 2014, n. 2). Tali conclusioni si impongono a maggior ragione ove si consideri l’entità dello specifico intervento edilizio e il margine di tempo di cui aveva già beneficiato il titolare del permesso di costruire per realizzare opere di ridotta consistenza. Rimane da valutare la giustificazione riferita alla pretesa sopravvenienza di cause di forza maggiore che avrebbero impedito il proseguimento (in realtà: l’avvio) dei lavori, rappresentate dal parcheggio di un’autovettura e di un motorino nell’area di cantiere. Anche volendo ammettere che gli ostacoli suddetti fossero potenzialmente idonei a configurare cause di forza maggiore, si rendeva pur sempre necessaria la presentazione di apposita istanza di proroga da parte del titolare del permesso di costruire, sulla quale l’Amministrazione avrebbe dovuto pronunciarsi con un provvedimento espresso. In difetto, le circostanze allegate dal privato non potevano determinare l’automatica sospensione del termine di avvio dei lavori.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 17 ottobre 2016, n. 1006 - La realizzazione di “muretti” può essere qualificata come intervento di nuova costruzione, con quanto ne consegue ai fini del previo rilascio del necessario titolo abilitativo, qualora abbia l'effettiva idoneità di determinare significative trasformazioni urbanistiche ed edilizie (Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3408). Per valutare se l’opera necessiti di permesso di costruire ovvero se sia sufficiente la presentazione di una SCIA, pertanto, non rileva tanto il nomen attribuito al manufatto o la funzione che esso è destinato ad assolvere (muro di cinta o di contenimento), ma si deve avere essenzialmente riguardo al rapporto effettivo dell’innovazione con la preesistenza territoriale, onde valutare se essa superi in concreto o meno la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia (Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 10). Nel caso in esame, va esclusa, alla luce degli elementi contenuti nella relazione istruttoria del Comune, la consistenza quali-quantitativa degli interventi sanzionati con la demolizione. L’amministrazione, infatti, precisa che sono stati costruiti in assenza di titolo i seguenti manufatti: - un “piccolo muretto in pietra di contenimento del terreno” e del sovrastante camminamento, “alto circa 50 cm”; - un “muretto di confine del giardino di altezza pari a 80 cm circa in legno”. Le modeste dimensioni (e, nel caso del secondo muretto, anche il materiale di cui è costituito) dimostrano, all’evidenza, la scarsa incidenza sul piano urbanistico-edilizio di tali manufatti che, non richiedendo il rilascio di previo permesso di costruire, non sono passibili della sanzione demolitoria. L’amministrazione riferisce, inoltre, che il “muro di contenimento del marciapiede…” è stato costruito “a quota più elevata”, senza tuttavia indicarne le dimensioni e la misura dello scostamento rispetto alle previsioni progettuali. Ne consegue che, anche in questa parte, il provvedimento impugnato è inficiato sotto i dedotti profili del difetto di motivazione e di istruttoria.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 22 giugno 2016, n. 638 - Come noto, una condivibile parte della giurisprudenza (cfr. ad es. Tar Catania 1646\2015) ritiene che in sede di rilascio del titolo autorizzatorio edilizio, gravi sull'amministrazione l'obbligo di effettuare una sia pur non approfondita istruttoria per verificare la sussistenza di tutte le condizioni che realizzano un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l'istanza e il bene oggetto dell'autorizzazione. In particolare, attesa la possibilità che un determinato intervento edilizio, pur se astrattamente conforme alle norme urbanistico — edilizie, si ponga in contrasto con diritti reali di godimento o con altre facoltà di terzi, il Comune è tenuto a verificare l'esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull'area in questione, svolgendo un'attività istruttoria rivolta, non già a risolvere i conflitti tra le parti private in ordine all'assetto dominicale dell'area stessa, bensì ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente, sia per la notevole incidenza della concessione edilizia sugli interessi pubblici e privati coinvolti, sia per evitare il grave contenzioso che deriverebbe dall'incauto rilascio di quest'ultima a soggetti non idoneamente legittimati.   Cons. Stato, Sez. I, parere 28 giugno 2013, n. 3062 - Come fondatamente dedotto dalla ricorrente, infatti, l'amministrazione, in sede di rilascio del permesso di costruire, non è tenuta a svolgere complesse ricognizioni giuridico-documentali sul titolo di proprietà (o costituenete altro diritto reale) in favore del richiedente, essendo sufficiente l'esibizione di un titolo che formalmente legittimi il rilascio del provvedimento abilitante (Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5165). L'amministrazione, cioè, non è tenuta ad effettuare complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile considerato, anzi il principio generale del divieto di aggravamento del procedimento consente all'amministrazione di semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica sul titolo, valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata. Nè spetta all'amministrazione stessa dirimere eventuali conflitti tra titoli di proprietà (o costituenti altri diritti reali), in quanto il permesso di costruire fa salvi i diritti dei terzi, non incombendo all'amministrazione di compiere accertamenti in ordine a eventuali pretese che potrebbero essere avanzate da soggetti estranei al rapporto concessorio, essendo sufficiente per l'amministrazione l'acquisizione del titolo (nella specie la convenzione) che formalmente abiliti alla concessione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 maggio 2006, n. 3201). Posto che la legittimazione attiva a richiedere il rilascio del permesso di costruire è configurabile non solo in capo al proprietario del terreno, ma anche in favore del soggetto titolare di altro diritto reale di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne con un intervento costruttivo, la p.a. non è tenuta a svolgere una preliminare indagine istruttoria che si estenda fino alla ricerca d'ufficio di elementi limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2010, n. 675, Sez. V, 4 febbraio 2004, n. 368; Sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5487).      T.A.R. Liguria, Sez. I, 29 gennaio 2015, n. 146 - Il primo motivo contesta uno degli assunti su cui si basa l’atto impugnato, secondo cui le dichiarazioni sostitutive allegate dall’interessato non avrebbero valenza probatoria. Il collegio può ribadire in questa sede quanto la giurisprudenza ha da tempo affermato in ordine all’incapacità della dichiarazione autocertificata ad assurgere ad elemento probatorio definitivo in merito all’esistenza di un’opera ad una certa data; le pronunce hanno convenuto peraltro anche sull’illegittimità della motivazione di un provvedimento in materia edilizia che non tenga conto pregiudizialmente delle eventuali dichiarazioni allegate. Il tutto si iscrive nella condivisione dell’ulteriore assunto della giurisprudenza che accolla al richiedente l’onere probatorio in ordine alla data di realizzazione o conclusione dell’attività edilizia in contestazione. Le premesse poste inducono a ritenere infondato il motivo, posto che la p.a. ha effettivamente preso in esame le dichiarazioni dei ricordati testimoni, ma le ha ritenute non sufficientemente probanti, attesa la presenza in atti di allegazioni contrastanti con esse, come le fotografie aeree e gli atti di trasferimento che non menzionano il manufatto.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 13 gennaio 2015, n. 79 - La peculiarità in linea di diritto del potere provinciale esercitato nonché le risultanze, in linea di fatto, dell’analisi del provvedimento impugnato, impongono alcune considerazioni di carattere preliminare: per un verso sulla natura e l’estensione del potere di annullamento straordinario; per un altro verso sui motivi posti a fondamento dell’annullamento nel caso di specie, concernenti la peculiare disciplina del recupero sottotetti. Sul primo versante, come noto, la sezione ha già avuto modo di approfondire il tema del delicato esercizio del potere di annullamento straordinario, evidenziando (cfr. ad es. sent n. 161\2012 e 969\2013) che la normativa urbanistico- edilizia rientra nella materia "governo del territorio", attribuita alla potestà legislativa concorrente delle regioni (art. 117 comma 3, cost.), nulla si oppone a che tale normativa (nella specie, gli art. 39, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e 53, l. reg. Liguria 6 giugno 2008 n. 16) preveda la possibilità di un intervento della regione - o di un ente da questa delegato - al fine di assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, come in tema di annullamento straordinario, sulla base del principio di adeguatezza (stante la dimensione regionale dell'ordinamento urbanistico-edilizio). Sempre a fini di delimitazione del potere esercitato dalla Provincia, va ribadito che lo stesso è ben diverso dalla generale funzione di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia riordinata nel titolo IV t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 attuato in Liguria con la l.r. 16\2008, spettante esclusivamente al Comune, che ha il potere dovere di vigilanza ed eventuale repressione sull'attività urbanistico-edilizia svolta all'interno del territorio comunale, e non anche alla Regione (ovvero alla Provincia nella Regione Liguria), alla quale è attribuito soltanto l'esercizio dello specifico potere sostitutivo di cui all'art. 39, cit. d.P.R. n. 380 del 2001, limitato all'annullamento delle deliberazioni e dei provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione (cfr. ad es. CdS n. 5409\2009). In termini di inquadramento del potere di annullamento in questione rispetto a figure più generali, va distinto il potere generale ex art. 21 nonies l. n. 241 del 1990 da quello in questione, risultando il primo esercizio di un potere di autotutela, cioè di autoannullamento degli atti illegittimi, il cui esercizio va interpretato alla luce di una serie di fattori, tra cui altresì la concorrente e distinta previsione di annullamento di cui all'art. 39 cit., che attribuisce alle Regioni il potere di annullare i titoli edilizi illegittimi rilasciati dai Comuni entro dieci anni dalla loro adozione. Altri fattori da valutare in relazione all’autoannullamento, distinto da quello in esame appunto, sono: la tutela dei controinteressati danneggiati dall'attività edilizia autorizzata con atti abilitativi illegittimi; l'affidamento che il destinatario del provvedimento favorevole ha maturato circa il consolidamento della propria posizione giuridica. La norma generale di cui all’art. 39 statuisce: “1. Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla regione. 2. Il provvedimento di annullamento è emesso entro diciotto mesi dall'accertamento delle violazioni di cui al comma 1, ed è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare del permesso, al proprietario della costruzione, al progettista, e al comune, con l'invito a presentare controdeduzioni entro un termine all'uopo prefissato.” La disposizione, avente carattere di principio fondamentale del governo del territorio nei relativi tratti essenziali, è stata oggetto di attuazione a livello regionale, attraverso l’approvazione dell’art. 53 l.r. 16 cit., a mente del quale: “1. Il potere di annullamento dei titoli abilitativi già delegato alle Province a norma della legge regionale 6 aprile 1987, n. 7 (Delega alle Province delle funzioni regionali relative all'esercizio dei poteri di controllo in materia di abusivismo edilizio e disposizioni di attuazione degli articoli 3 e 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni) e successive modifiche e integrazioni è trasferito alle medesime Amministrazioni e si applica anche nei confronti delle autorizzazioni paesistico-ambientali rilasciate dai Comuni in violazione della legislazione in materia di beni paesaggistici. 2. Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i titoli abilitativi, ivi compresa la DIA, che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla Provincia, sempre che sussista un sostanziale interesse pubblico alla rimozione di tali atti. 3. Ove venga riscontrata la sussistenza delle condizioni per procedere ai sensi del comma 2, la Provincia, sentito il Comitato di cui all'articolo 54, contesta le relative violazioni al titolare del permesso di costruire o della DIA, al proprietario dell'immobile quale risultante dai registri immobiliari tenuti presso la competente Conservatoria al momento della contestazione stessa, al progettista nonché all'Amministrazione comunale, con l'invito a presentare controdeduzioni entro un termine all'uopo prefissato. 4. Il provvedimento di annullamento deve essere adottato entro diciotto mesi dalla contestazione di cui al comma 3, reso noto mediante pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione e notificato: a) al Comune per la sua affissione all'Albo pretorio comunale nonché per l'assunzione, entro il termine all'uopo fissato, dei conseguenti provvedimenti sanzionatori previsti dall'articolo 55, qualora non sia possibile la eliminazione dei vizi delle relative procedure amministrative; b) agli altri soggetti indicati al comma 3.” L’analisi della disposizione regionale pone diverse questioni, anche a fronte della non totale coincidenza con al disposizione nazionale. Invero, nel caso di specie gli elementi in contestazione rilevanti ai fini di causa sono la necessità di un sostanziale interesse pubblico alla rimozione (comma 2 ultimo inciso) e l’estensione dei presupposti dell’autotutela. Entrambe le nozioni appaiono non conformi ai canoni della ragionevolezza se non rettamente intese alla luce dei principi fondamentali, anche costituzionali, delle materie coinvolte, sia in sé (principio di ragionevolezza ad esempio) sia in relazione alla legislazione statale di principio (in tema di governo del territorio) sia rispetto alla natura speciale dell’autotutela straordinaria. Sotto il primo profilo, la nozione di sostanziale interesse pubblico è, per un verso, estranea alla norma statale ed alle generali figure del diritto amministrativo e, per un altro verso, non chiara nei propri presupposti. A quest’ultimo riguardo, o la nozione coincide con il corretto sviluppo del territorio, ma ciò nulla aggiungerebbe rispetto al presupposto giuridico della non conformità del titolo assentito alla disciplina urbanistico edilizia vigente, ovvero costituisce una diversa denominazione del c.d. interesse pubblico ulteriore, presupposto tradizionale del potere di annullamento in autotutela. Se è pur vero che la norma regionale costituisce diretta attuazione di quella statale, come manifestato letteralmente dallo stesso disposto normativo, la previsione di un interesse pubblico ulteriore può reputarsi esercizio, esteso ai massimi livelli ammissibili, di specificazione e chiarimento del potere di annullamento ex art. 39 cit., essendo ragionevole che la lesione dell’affidamento ingenerato dal rilascio dei titoli sia accompagnata dalla esplicazione di interessi pubblici ulteriori rispetto alla sola diversa interpretazione del dato normativo urbanistico edilizio, specie rispetto alla sempre crescente complessità di quest’ultimo, come dimostrato nel caso de quo in relazione ad una disciplina – quale quella sul recupero dei sottotetti – che ha impegnato a diversi livelli gli operatori del diritto urbanistico. Sotto il secondo profilo, l’eccezionalità del potere in questione non può che essere inteso, in conformità ai canoni costituzionali di cui all’art. 97 Cost e di ragionevolezza, sulla scorta dei medesimi presupposti che disciplinano l’autotutela della p.a. titolare del potere ordinario: sia in termini di interesse pubblico specifico, sia di doverosa valutazione degli interessi e degli eventuali affidamenti, con conseguente necessaria valutazione della situazione di fatto che si viene ad incidere in via straordinaria. Nel caso di specie, pur nel dilungarsi della parte motiva dell’atto, nessun elemento specifico e concreto in termini di interesse pubblico ulteriore rispetto alla mera diversa interpretazione del dato normativo edilizio risulta accompagnare l’esercizio del delicato ed eccezionale potere esercitato dalla Provincia. Né risulta in alcun modo concretamente preso in considerazione, conformemente ai principi fondamentali in tema di atutotutela, la situazione del privato titolare del permesso di costruire ed il relativo affidamento, concretizzatosi nella specie addirittura con l’ultimazione dell’intervento quasi due anni prima dell’adozione dell’annullamento. A quest’ultimo proposito, il dovere di adeguata valutazione predetto emerge altresì dal fatto che l’avvio dell’iter straordinario è avvenuto tre anni dopo il rilascio del titolo edilizio in contestazione. In definitiva, il grave provvedimento impugnato si è basato unicamente su di una diversa interpretazione del dato normativo edilizio – di per sé, come noto, oggetto di svariate difficoltà ermeneutiche ed applicative, come ad esempio è emerso dalla disapplicazione giurisprudenziale di circolari regionali integrative del dato normativo -, rispetto agli uffici comunali, alla stregua di un mero annullamento di illegittimità, potere di cui peraltro gli uffici provinciali appaiono già in astratto privi.     T.A.R. Liguria, Sez. I, 23 dicembre 2014, n. 1929 - Costituisce jus receptum il principio a mente del quale il Comune, nell'espletamento di attività istruttoria in ordine al possesso dei titoli legittimanti l'attività edilizia, non è chiamato ad effettuare indagini approfondite richiedenti particolari competenze tecniche, ma è tenuto ad accertare la mera sussistenza di un titolo legittimante in base al quale l'indagine volta all'accertamento tecnico specifico in ordine alla rispondenza dei titoli di proprietà ed alle particelle catastali ivi indicate non attiene ai presupposti specifici del provvedimento amministrativo di natura edilizia, che è rilasciato con la clausola “fatti salvi i diritti dei terzi” e, quindi, senza pregiudicare la possibilità per eventuali privati controinteressati di far valere le proprie ragioni civilisticamente rilevanti nelle sedi competenti.     T.A.R. Liguria, Sez. I, 30 ottobre 2014, n. 356 - In aggiunta, anziché assumere un provvedimento espresso, l’amministrazione ha disposto più volte la sospensione del procedimento che è un atto atipico, non suscettibile di reiterazione se non per ragioni di fatto sopravvenute, nel caso in esame assenti.     Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2014, n. 4518 - E’ innanzitutto destituita di fondamento la tesi degli appellanti circa l’inammissibilità del rilascio della concessione edilizia in deroga per un albergo, in quanto quest’ultimo non potrebbe essere considerato un edificio o impianto pubblico o di interesse pubblico, mancando in tal senso qualsiasi adeguata motivazione. La giurisprudenza ha invero avuto modo di evidenziare che per “edificio di interesse pubblico”, proprio ai fini del rilascio del titolo edilizio in deroga, deve intendersi ogni manufatto edilizio idoneo, per caratteristiche intrinseche o per destinazione funzionale, a soddisfare interessi di rilevanza pubblica (Cons. St., sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6136), potendo in tale categoria ricomprendersi anche una struttura alberghiera ed il suo ampliamento (Cons. St., sez. IV, 29 ottobre 2002, n. 5913; 28 ottobre 1999, n. 1641; 15 luglio 1998, n. 1044).

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