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Il T.A.R. Liguria, Sez. II, 29.05.2014, n. 835 chiarisce, abbandonando ogni vuoto formalismo in merito alle dichiarazioni personali ex art. 38 d.lgs. n. 163/06 già anteriormente all'entrata in vigore del comma 2-bis del detto articolo, che "si deve escludere che l’omessa dichiarazione da parte di uno dei due rappresentanti dell’odierna ricorrente costituisse, di per sé, circostanza sufficiente a determinare l’esclusione dalla gara"   Il T.A.R. Liguria, Sez. II, 21.03.2014, n. 453 ha acclarato che la verifica dei requisiti di cui all'art. 38, comma 1, lett. c) concerne soltanto i soci persone fisiche poiché "Secondo la lettera dell’art. 38, comma 1, lett. c), del codice dei contratti pubblici, l’obbligo dichiarativo (che, secondo l’impostazione fatta propria dall’Adunanza plenaria, riguarda anche i soggetti dell’impresa cedente) riguarda, nel caso di società di capitali, gli amministratori muniti di potere di rappresentanza, il direttore tecnico, il socio unico persona fisica ovvero il “socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci”. La disposizione legislativa non chiarisce se, nell’ultima ipotesi, l’accertamento dell’insussistenza di cause di esclusione e il connesso onere dichiarativo debbano intendersi circoscritti al socio persona fisica ovvero riguardino anche i soci persone giuridiche. Il Collegio condivide e fa propria, a questo riguardo, l’interpretazione suggerita dall’Autorità di vigilanza, con la determinazione n. 1 del 16 maggio 2012, secondo cui la prima soluzione si impone “in coerenza con la ratio sottesa alle scelte del legislatore” in quanto, “diversamente argomentando, risulterebbe del tutto illogico limitare l’accertamento de quo alla sola persona fisica nel caso di socio unico ed estendere, invece, l’accertamento alle persone giuridiche nel caso di società con due o tre soci, ove il potere del socio di maggioranza, nella compagine sociale, è sicuramente minore rispetto a quello detenuto dal socio unico”".   L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 6 novembre 2013, n. 24 chiarisce i contorni degli obblighi dichiarativi previsti dalle lett. b), c) e m-ter) dell'art. 38 d.lgs. n. 163/06 per l'individuazione dei soci tenuti a presentare la dichiarazione per le società con due o tre soci acclarando che: - nel caso di società con due soci al 50% l'obbligo dichiarativo spetti ad entrambi; - nel caso di società con tre soci, soltanto nel caso in cui uno di essi abbia una quota partecipativa pari o superiore al 50%. Ecco la parte di più pregnante della motivazione "Riguardo all’espressione letterale questo Consiglio ha già precisato che il riferimento al «socio» e non «ai soci» di maggioranza non è dirimente poiché «l'impiego del singolare non è decisivo, potendosi esso spiegare in funzione della portata dell'obbligo dichiarativo, che fa evidentemente capo al singolo esponente societario, non senza trascurare che la formulazione della norma non reca la specificazione che deve trattarsi di maggioranza assoluta» (Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2012, n. 4654). Per risolvere il dubbio è quindi necessario basarsi sulla finalità della normativa che, come detto, è quella di assicurare che non partecipino alle gare, né stipulino contratti con le amministrazioni pubbliche, società di capitali con due o tre soci per le quali non siano attestati i previsti requisiti di idoneità morale in capo ai soci aventi un potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione della società; dovendosi accedere ad un’interpretazione teleologica delle disposizioni de qua che, senza fermarsi al dato meramente letterale, si armonizzi con la ratio specifica della normativa sugli appalti pubblici, per la quale è ostativo il mancato possesso dei requisiti morali da parte di soci idonei a influenzare, in termini decisivi e ineludibili, le decisioni societarie. 9.2. Un socio ha un tale potere quando per adottare le decisioni non si può prescindere dal suo apporto, assumendo di conseguenza questo potere efficacia determinante non soltanto in negativo, in funzione di veto, ma anche in positivo, in funzione di codeterminazione, poiché il socio che ha il potere di interdire l’adozione di una decisione è anche quello che deve concorrere perché sia adottata. Questa situazione si riscontra nel caso di due soci al 50% poiché nessuna decisione può essere presa se uno dei due è contrario mentre entrambi devono concordare su ciascuna decisione. Ciò rilevato risulterebbe contrastante con la ratio della normativa che nessuno dei due soci provveda alle dichiarazioni richieste dalla legge necessarie per il controllo dell’idoneità morale della società, pur potendo ciascuno dei due condizionare, da solo, le decisioni societarie, dovendosi quindi concludere che entrambi i soci devono rendere le dichiarazioni prescritte. 9.3. Nella situazione di una società con tre soci la conclusione è diversa a seconda che nessuno dei tre soci partecipi al 50% ovvero ve ne sia uno titolare di tale partecipazione. Nel primo caso la percentuale della partecipazione di ciascun socio è variabile secondo le diverse situazioni concrete inclusa l’ipotesi che un socio sia titolare del 49% e gli altri due concorrano, con la propria partecipazione, a raggiungere il restante 51%. Ne consegue che nessun socio ha potere determinante poiché ognuno può essere sostituito da uno degli altri due per raggiungere la maggioranza decisionale; ciascun socio può perciò concorrere ad adottare la decisione ma non è mai esclusivamente e sempre da solo determinante, poiché se uno dei tre soci è contrario a una decisione questa può essere comunque assunta per accordo tra gli altri due, potendo ogni socio accordarsi con ciascuno degli altri in quanto non costretto a consentire con uno solo di essi data la ripartizione del capitale sociale (cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2013, n. 3963). Nessuno dei soci ha perciò l’obbligo delle dichiarazioni poiché nessuno esercita un potere decisionale condizionante in quanto imprescindibile, tale perciò da farne qualificare la relativa posizione sostanziale come quella di un socio di maggioranza; il concorso alle decisioni di volta in volta possibile da parte di ciascun socio non autorizza infatti la conclusione che ognuno di essi debba rendere le previste dichiarazioni, poiché la latitudine interpretativa consentita dalla norma, che comunque si riferisce al «socio di maggioranza», non è tale da giustificare l’obbligo delle dichiarazioni per il socio che non sia di maggioranza neanche nel significato sostanziale di cui si è detto. Neppure varrebbe perciò, contro quanto esposto, affermare che ciascun socio sarebbe, in tesi, dotato di potere condizionante in quanto nessuno di essi concordi con nessun altro sulle decisioni da adottare, dovendosi ritenere che la normativa sia riferita all’ipotesi fisiologica della gestione attiva della società, che esiste per operare, come appunto provato dal riferimento al «socio di maggioranza», cioè a un soggetto in posizione tale da condizionare la gestione nell’adozione di scelte operative. 9.4. Il caso della società con tre soci in cui uno sia partecipante al 50%, variando le partecipazioni degli altri due a concorrenza del restante 50%, risulta diverso sulla base delle medesime considerazioni sinora svolte. Il socio al 50% condiziona infatti, da solo, le decisioni sociali poiché in nessun caso possono essere adottate senza il suo consenso, che è quindi sempre necessario e imprescindibile mentre egli può accordarsi con l’uno o l’altro dei due restanti soci senza l’obbligo di farlo con uno solo di essi, nessuno dei quali esercita perciò un potere determinante. Ne consegue che nel caso in esame obbligato a rendere le previste dichiarazioni è soltanto il socio al 50% in quanto titolare di potere condizionante le decisioni della società. 9.5. Queste conclusioni, idonee a risolvere i dubbi interpretativi originati dalla normativa in modo coerente con la sua ratio, risultano anche adeguate allo scopo, sottolineato nell’ordinanza di rimessione, di evitare margini di discrezionalità e incertezza nell’azione amministrativa (e quindi per i concorrenti alle gare), essendo individuati preventivamente i soci obbligati alle dichiarazioni -i due soci al 50% e, se i soci sono tre, il socio al 50%, poiché in posizione determinante- oltre, pacificamente, il caso del socio che possegga la maggioranza economica del capitale (socio al più del 50%). 9.6. Esse appaiono anche coerenti con la normativa sulla tassatività e tipizzazione delle cause di esclusione. Infatti, da un lato, la mancata dichiarazione da parte dei soggetti sopra indicati si configura quale ragione di esclusione per “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice” (art. 46, comma 1-bis, del Codice, aggiunto dall’art. 4, del d.l. n. 70 del 2011), ponendosi l’inadempimento in questione in contrasto con le dette prescrizioni secondo il loro fine sostanziale di salvaguardia delle garanzie di affidabilità dei contraenti, e, dall’altro, la precisazione di fattispecie certe preclude nell’applicazione della normativa l’individuazione di cause di esclusione non preordinate, in coerenza con la prescrizione della loro tipizzazione. 9.7. A quest’ultimo riguardo appare opportuno precisare che la certezza delle cause di esclusione non sarebbe conseguita se, nel caso di tre soci, fosse qualificato socio di maggioranza chi possegga la maggioranza relativa del capitale (da più del 33% a meno del 50%) poiché ritenuto, per ciò solo, capace di un’influenza dominante sulla società. Considerato infatti che le restanti partecipazioni sociali non sono diffuse ma concentrate negli altri due soci, il cui accordo è quindi agevole, il socio di maggioranza relativa potrà prevenire, o condizionare, la maggioranza decisionale contraria soltanto se la sua posizione è rafforzata da ulteriori fattori di influenza, da riscontrare di volta in volta in concreto alla luce di specifiche statuizioni o accordi societari; sulla scorta perciò di valutazioni amministrative complesse e opinabili, tali da ingenerare margini di incertezza sull’operatività delle cause di esclusione: rischio questo che non si profila invece riguardo al socio al 50%, titolare effettivo, per quanto sopra detto, di una posizione di certo determinante apprezzabile sulla base di un dato oggettivo e incontrovertibile. 9.8. In riferimento specificamente alle s.r.l. le dette conclusioni risultano infine in linea con la nuova normativa posta con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative), e successive modifiche, che ha avvalorato l’elemento personale di tale tipo di società, rendendole le s.r.l. società a base personale con responsabilità limitata, e in cui è stabilito, per quanto qui più interessa, che l’assemblea dei soci è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno «la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta» (art. 2479, bis, c.c., comma terzo), con la conseguenza che «il titolare di tale porzione del capitale sociale è in grado di assumere tutte le decisioni necessarie per il funzionamento della società» (Cons. Stato, sez. V, n. 4564 del 2012). 10. Riguardo ai quesiti posti con l’ordinanza di rimessione si afferma quindi il seguente principio di diritto: «L’espressione “socio di maggioranza” di cui alle lettere b) e c) dell’art. 38, comma 1, del d.lgs n. 163 del 2006, e alla lettera m-ter) del medesimo comma, si intende riferita, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari ciascuno del 50% del capitale o, se i soci sono tre, al socio titolare del 50%»"     L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 16 ottobre 2013, n. 23 per quanto concerne l'ambito di applicazione soggettivo delle dichiarazioni personali di cui alle lett. b) e c) dell'art. 38 d.lgs. n. 163/06 ha acclarato che: a) "con la locuzione di «amministratori muniti del potere di rappresentanza» l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi, riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l’intera compagine sociale", per cui non sono tenuti alla presentazione delle dichiarazioni personali i cd. procuratori ad negotia, costituenti figure eventuali e non necessaria nell’assetto istituzionale delle società di capitali; b) "elemento differenziale fra gli amministratori ed i procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma, affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di chi ha conferito la procura"; c) ricadono, invece, nell'obbligo dichiarativo i "procuratori muniti di poteri decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori", poiché "in tal caso il procuratore speciale finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639, comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli, assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure eventualmente solo per una serie determinata di atti"; - tuttavia limitatamente ai soggetti di cui alle precedente lett. c) "in aderenza a quanto affermato da questa medesima Adunanza plenaria con sentenza n. 10 del 2012 a proposito delle fattispecie relative alla cessione di azienda o di ramo di azienda, stante la non univocità della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali) deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione".

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