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Importante pronunciamento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 23 aprile 2021, n. 7 nell'ambito della qualificazione della responsabilità della pubblica amministrazione. A questo riguardo vengono acclarati i seguenti principi di diritto: a) la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale; è pertanto necessario accertare che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano, in virtù dell’art. 2056 cod. civ. –da ritenere espressione di un principio generale dell’ordinamento- i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell’evitabilità con l’ordinaria diligenza del danneggiato, di cui agli artt. 1223 e 1227 cod. civ.; e non anche il criterio della prevedibilità del danno previsto dall’art. 1225 cod. civ.; b) con riferimento al periodo temporale nel quale hanno avuto vigenza le disposizioni sui relativi benefici, è in astratto ravvisabile il nesso di consequenzialità immediata e diretta tra la ritardata conclusione del procedimento autorizzativo ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 e il mancato accesso agli incentivi tariffari connessi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili quando la mancata ammissione al regime incentivante sia stato determinato da un divieto normativo sopravvenuto che non sarebbe stato applicabile se i termini del procedimento fossero stati rispettati; c) con riferimento al periodo successivo alla sopravvenienza normativa, occorre stabilire se le erogazioni sarebbero comunque cessate, per la sopravvenuta abrogazione della normativa sugli incentivi, nel qual caso il pregiudizio è riconducibile alla sopravvenienza legislativa e non più imputabile all’amministrazione, oppure se l’interessato avrebbe comunque avuto diritto a mantenere il regime agevolativo, in quanto la legge, per esempio, faccia chiaramente salvi, e sottratti quindi all’abrogazione, gli incentivi già in corso di erogazione e fino al termine finale originariamente stabilito per gli stessi; d) in ogni caso, il danno va liquidato secondo i criteri di determinazione del danno da perdita di chance, ivi compreso il ricorso alla liquidazione equitativa, e non può equivalere a quanto l’impresa istante avrebbe lucrato se avesse svolto l’attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell’amministrazione.     CORTE DI CASSAZIONE, SEZ.III, ordinanza 6 luglio 2020 n.13848: La regione Abruzzo ricorre pere la Cassazione per l'annullamento della sentenza n.70/18 del 6/2/2018 del Tribunale de l'Aquila che ha accolto solo in parte il gravame esperito contro la sentenza n.1043/16 del 22/8/2016 condannando la Regione al risarcimento del danno alla vettura subito dal Sig.M. causato dallo scontro con due cervi. In particolare la decisione del tribunale viene impugnata per erronea imputazione della responsabilità per danni cagionati dalla fauna selvatica. La regione abruzzo rileva che la propria responsabilità è stata riconosciuta per mancanza di attivazione barriere e di altre misure preventive. La responsabilità della Regione è stata affermata poichè in materia di controllo di fauna selvatica i compiti attribuiti pure alle Province sono considerate "funzioni amministrative ad esse delegate". La più recente giurisprudenza secondo la ricorrente Regione contraddirebbe le considerazioni sopracitate: infatti la responsabilità aquiliana sarebbe da ascrivere esclusivamente alle Province poichè ad esse spetta la gestione delle concrete funzioni amministrative e di gestione della fauna. La fattispecie rappresenta l'occasione per la Corte di "risolvere" i propri orientamenti non sempre univoci. Con la Legge 27/12/1997 la fauna selvatica è stata dichiarata "patrimonio indisponibile" dello Stato e tutelata dall'interesse della comunità nazionale...assetto in seguito confermato dalla Legge 11/2/1992 n.157 secondo cui le Regioni a statuto ordinario debbono emanare norme relative alla tutela della fauna selvatica di ogni specie. A differenza di quanto sostenuto in Dottrina la Corte rileva di come fino ad oggi si sia univocamente orientata affermando che il danno cagionato da fauna selvatica non è risarcibile in base alla presunzione stabilita dall'Art. 2052 C.C. che stabilisce il proprietario di un animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito proprio per la natura selvatica dell'animale. In base a ciò si richiedeva di individuare un vero e proprio comportamento colposo ascrivibile all'ente pubblico. per quanto riguarda invece l'individuazione della cosiddetta Generalklausel ex art.2043 C.C. in passato prevaleva l'idea che la responsabilità ricadesse sulla Regione. A questo indirizzo viene però a contrapporvisi un secondo orientamento secondo cui si attribuisce la responsabilità alla Regione a meno che l'ente delegato sia stato ragionevolmente posto in condizioni di agire e di adempiere alle proprie mansioni in maniera autonoma. In altri casi ancora si è stabilito che la responsabilità dovesse essre imputata alla provincia a cui appartiene la strada ove si è verificato il sinistro. A fronte di una vera e propria assenza di un indirizzo giurisprudenziale unico, deriva la necessità di un ripensamento del criterio di imputazione di responsabilità per danni causati da fauna selvatica. La Cassazione ha affermato l'applicabilità dell'Art.2052 C.C; l'Articolo fa riferimento agli animali esclusivamente suscettibili di " proprietà" o di " utilizzazione" da parte dell'uomo prescindendo dalla natura domestica o meno degli stessi. La norma inoltre prescinde dalla sussistenza di una situazione di effettiva custodia dell'animale come si evince dallo stesso tenore letterale che prevede espressamente che la responsabilità del proprietario sussista anche in caso di smarrimento o fuga dell'animale. Tale riferimento alla proprietà e all'utlizzazione ha la funzione di trovare un criterio oggettivo di allocazione della responsabilità in base al quale il proprietario dell'animale o comunque anche chi ne tragga beneficio debba rispondere dei danni causati da quest'ultimo con l'unica salvezza del caso fortuito. Che poi in un caso simile vi sia un diritto di proprietà statale in relazione ad alcune specie di animali selvatici è conseguenza che deriva dalla loro appartenenza al patrimonio indisponibile dello Stato, quanto, soprattutto dall'essere tale regime di proprietà pubblica espressamente disposto in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema.       T.A.R. Liguria, Sez. I, 3 gennaio 2019, n. 11 - 2. Il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati. 3. La responsabilità della pubblica amministrazione per attività amministrativa illegittima va ricondotta al paradigma della responsabilità extracontrattuale, disciplinata dall'art. 2043 Cod. civ., e i cui elementi costitutivi sono dati da: a) l'accertamento dell’illegittimità del provvedimento amministrativo; b) il danno, patrimoniale o non patrimoniale; c) il nesso causale tra la condotta e il danno e d) la colpa dell'amministrazione. (C.d.S. Sez. V, 9.07.2018, n. 4191). 3.1. Nel caso di specie il primo elemento, di carattere oggettivo, risulta provato dall’annullamento giudiziale dei provvedimenti che hanno determinato la sospensione o comunque il rallentamento nei lavori in questione e l’elemento soggettivo è dato dalla violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione pubblica deve costantemente ispirarsi, parimenti accertata dalle richiamate pronunce di annullamento. La sentenza del TAR Liguria, sez. I, n. 787/2014 ha, infatti, ritenuto ricorrente il vizio di eccesso di potere per sviamento, in quanto “gli organi decentrati del MIBAC sembrano essersi determinati a sospendere i lavori – oltretutto in palese contrasto con le proprie recenti determinazioni- non già sulla base di una meditata valutazione di nuovi elementi istruttori circa l’epoca di piantumazione del filare dei pini (elementi emersi soltanto in seguito, e valorizzati nel decreto del Direttore regionale 8.11.2013), ma al fine di assecondare gli impegni ormai pubblicamente assunti dal Ministro, di sospendere i lavori di realizzazione del progetto Vannetti-Buren”. 3.2. Va quindi verificata, in relazione ai pregiudizi esposti, la ricorrenza degli ulteriori presupposti per il positivo accertamento della responsabilità, ovvero il danno, patrimoniale o non patrimoniale, prodotto (c.d. danno conseguenza) ed il nesso causale, ovvero la sua riconducibilità alla condotta dell'amministrazione. 4. Detti elementi ricorrono per la prima voce per la quale viene richiesto il risarcimento, relativa al ritardo nei lavori di riqualificazione della piazza e alle somme che il Comune della Spezia ha conseguentemente corrisposto alla ditta esecutrice in relazione alle riserve da questa avanzate. 4.1. E’ infatti indubbio che i provvedimenti giudizialmente annullati abbiano determinato un rallentamento dei lavori per la realizzazione del progetto e, parimenti, che lo stesso abbia comportato, per il Comune, un onere di risarcimento in favore della ditta esecutrice, NEC s.p.a.. Sussistono pertanto le condizioni per accogliere tale domanda di danno, attesa la rilevata sussistenza dei presupposti per la sua fondatezza.    L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 23 febbraio 2018, n. 1 con riferimento al rapporto esistente tra azione risarcitoria ed un'indennità per fatto illecito già corrisposta, ha enucleato il seguente principio "la presenza di un’unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario"     Finalmente l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 6 luglio 2015, n. 6 ha chiarito che "Il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall’articolo 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all’entrata in vigore del codice".

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