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T.A.R. Liguria, Sez. I, 23 gennaio 2018, n. 32 - E’ fondata e assorbente la censura di legittimità sollevata con il primo motivo del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti, concernente il tardivo esercizio del potere inibitorio dei lavori da parte del Comune. L’art. 26, comma 1, della l.r. Liguria n. 16/2008 stabiliva, nel testo vigente ratione temporis, che “il proprietario dell’immobile o chi abbia titolo presenta allo SUE la DIA, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, nei casi previsti dall’articolo 23, commi 1 e 2”. L’art. 30, comma 1, della stessa legge prevedeva che “il responsabile dello SUE: a) ove entro il termine indicato all’articolo 26, comma 1, riscontri l’assenza di una o più delle condizioni stabilite all’articolo 26, comma 2, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento”. E’ pacifico che il termine per il controllo della DIA da parte dell’amministrazione ha natura perentoria e che la sua scadenza comporta la decadenza dal relativo potere, fatta salva la successiva possibilità di intervento in via di autotutela. E’ parimenti indubbio che si tratti di un atto recettizio il quale, ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 241/1990, acquista efficacia nei confronti del destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata. Ciò premesso, occorre rammentare come, in tema di notificazioni e comunicazioni in materia civile, la Corte costituzionale abbia avuto modo di affermare che gli artt. 3 e 24 della Costituzione impongono che le garanzie di conoscibilità dell'atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso, individuando come soluzione costituzionalmente obbligata quella desumibile dal principio della sufficienza del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante (Corte cost., 26 novembre 2002, n. 477). Ha precisato ancora la Consulta che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale l’agente postale) sottratta al controllo e alla sfera di disponibilità del notificante. Tali principi sono stati trasfusi nel terzo comma dell’art. 149 c.p.c. (aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. e), della legge 28 dicembre 2005, n. 263), a mente del quale “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”. Questa Sezione ha già fatto applicazione di tali principi nell’interpretazione del citato art. 30, comma 1, stabilendo che, per evitare la decadenza dell’amministrazione, è necessario che l’atto di inibizione dei lavori non venga soltanto adottato, ma anche consegnato all’agente postale entro il termine prescritto per l’esercizio del potere (T.A.R. Liguria, sez. I, 2 novembre 2011, n. 1511). Nel caso in esame, la DIA è stata presentata al Comune di Genova in data 11 dicembre 2012. L’impugnato atto inibitorio è stato adottato in data 11 gennaio 2013 ed è stato consegnato all’agente postale il successivo giorno 15. Il termine decadenziale previsto dalla legge, quindi, era già spirato al momento della formazione dell’atto inibitorio (anche se per un solo giorno) e, comunque, era ampiamente scaduto quando l’atto medesimo è stato consegnato all’agente postale. Ne consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.   TAR Liguria, I, 22 dicembre 2017, n. 973 -  In base al principio di tipicità degli atti amministrativi, trasposto in materia di d.i.a. edilizia, l’autorità comunale può interrompere il termine di efficacia della denuncia per la presentazione di documentazione integrativa oppure inibire l’avvio dei lavori qualora non sussistano i requisiti di legge (in primis nel caso di ritenuto contrasto con la disciplina urbanistica che governa la fattispecie concreta). Non sussistono i presupposti atti a legittimare un provvedimento che, senza evidenziare eventuali carenze della documentazione presentata dal privato o ragioni sostanziali atte ad escludere il legittimo compimento dei lavori, determini un’arbitraria e indeterminata interruzione del termine di efficacia della d.i.a., in ragione di generiche esigenze di approfondimento che richiederebbero l’ausilio di un esperto esterno al Comune. L’art. 26, comma 13, della l.r. Liguria 6 giugno 2008, n. 16, vigente ratione temporis, stabiliva che, “nel caso in cui l’intervento soggetto a DIA sia subordinato alla stipula di un apposito atto convenzionale”, il termine in questione “è elevato a novanta giorni per consentire la relativa approvazione da parte del competente organo comunale dello schema di convenzione. In ogni caso l’efficacia della DIA resta sospesa fino all’avvenuta stipula dell’atto convenzionale”: tale disposizione comporta che l’efficacia della d.i.a. sia subordinata ad un termine più ampio di quello ordinario e che, comunque, essa rimanga sospesa fino alla stipula della convenzione urbanistica.   Viceversa la decorrenza del termine de quo dalla stipula della convenzione contrasterebbe con il tenore letterale della legge e, comunque, non potrebbe condividersi in quanto consentirebbe al Comune, sottraendosi alla stipula, di procrastinare arbitrariamente l’efficacia della d.i.a. E' viziato da indeterminatezza dei contenuti l'atto in cui non sia possibile apprezzare, sulla base del suo tenore letterale, se abbia carattere interruttivo dell’efficacia della d.i.a. ovvero di provvedimento di autotutela decisoria. In quest’ultimo caso, esso sarebbe completamente sprovvisto dei requisiti legittimanti, attesa la mancanza di garanzie partecipative e di indicazioni in ordine all'interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione degli effetti della d.i.a.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 22 aprile 2016, n. 405 - In caso di illegittimità di un titolo abilitativo per errata rappresentazione dei luoghi, risultano applicabili i consolidati principi a mente dei quali “l’erronea rappresentazione da parte del privato dello stato di fatto, quando risulti rilevante ai fini del rilascio della concessione, esclude anche la necessità di provare ulteriori interessi pubblici particolari in sede di annullamento in autotutela del titolo edilizio” (cfr. ex multis Tar Lazio n. 11660\2015). Inoltre, è applicabile l’opinione giurisprudenziale per cui l'annullamento in autotutela di una concessione edilizia rilasciata in violazione delle norme rilevanti sotto profili igienico sanitarie (come in tema di distanze o di altezze minime) non necessita di specifica motivazione né dell'espressa comparazione tra l'interesse pubblico all'annullamento e quello del privato alla conservazione dell'atto illegittimo, essendo tali norme inderogabili ed esse stesse tese al rispetto di principi fondamentali in termini di salubrità, con la conseguenza che l'attività posta in essere dal comune è vincolata (cfr. in materia ad es. CdS n. 3201\2006). Nel caso di specie, il provvedimento impugnato ha preso in esame tutti gli elementi della fattispecie, evidenziando i vizi di legittimità che minavano l’intervento annullato; vizi di tale rilevanza da escludere la necessità, secondo il principio appena richiamato, dell’indicazione di ulteriori considerazioni e profili di interesse pubblico.   T.A.R. Liguria, Sez. I, Ord. 16 ottobre 2014, n. 342 - Il diniego di dia non deve essere preceduto dalla comunicazione di cui all’art. 10 – bis l. 241/90.   Cons. Stato, Sez. IV, 3 ottobre 2014, n. 4962 - Al momento della proposizione del ricorso (dicembre 2008) era maggioritario, se non addirittura esclusivo l'orientamento giurisprudenziale che qualificava la fattispecie a formazione progressiva costituita dalla presentazione della d.i.a., dal decorso del termine dilatorio per l'avvio dei lavori, e dall'inerzia dell'amministrazione in ordine all'esercizio dei poteri inibitori, come un provvedimento tacito, abilitativo dell'intervento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1474 e 25 novembre 2008 n. 5811, Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550; n. 5811; vedi anche Sez. II, 28.5.2010, parere n. 1990), laddove sparte affatto minoritaria della giurisprudenza, peraltro successiva all'introduzione dell'impugnativa (cfr. Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717) aveva ritenuto che essa fosse "...atto di natura privata che abilita il dichiarante all'esercizio di un diritto riconosciutogli direttamente dalla legge il potere dell'amministrazione di vietare lo svolgimento dell'attività (e ordinare l'eliminazione degli effetti già prodotti) entro un ragionevole lasso di tempo, dopo aver valutato gli interessi in conflitto e sussistendone le ragioni di pubblico interesse", epperò riconducendo la tutela giurisdizionale del terzo ad una azione di accertamento autonomo in ordine all'insussistenza dei presupposti legittimanti l'attività. In effetti quest'ultima è la prospettiva ermeneutica accolta dall'Adunanza Plenaria, salva la ricostruzione del contenuto della tutela giurisdizionale in termini impugnatori, essenzialmente attraverso la fictio del provvedimento tacito negativo in ordine all'esercizio del potere inibitorio. Ne consegue che il ricorso è stato ritualmente introdotto in forma impugnatoria censurandosi, bensì, oltre al supposto provvedimento tacito positivo, anche l'inerzia dell'Amministrazione Comunale in relazione al mancato esercizio dei poteri inibitori doverosamente correlati al denunciati carenti presupposti per la formazione di legittima ed efficace fattispecie abilitativa della realizzazione del manufatto. Sotto quest'ultimo rilievo, poi, e al di là delle espressioni utilizzate dal ricorrente, è indubbio che la domanda sia volta all'accertamento dell'illegittimità dell'attività edilizia siccome non assistita dai presupposti cui è condizionato il perfezionamento di una valida fattispecie riconducibile al paradigma dell'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2011, n. 380. La sentenza gravata, ancorché nel dispositivo abbia annullato in senso generico e impreciso il "silenzio significativo maturatosi sulla d.i.a. presentata dalla controinteressata", nella motivazione all'opposto ha ben compreso e qualificato il contenuto della domanda, riferendola sia alla carenza di uno dei presupposti condizionanti la formazione della fattispecie abilitativa ("...la dichiarazione presentata in assenza del predetto parere non poteva essere assentita dall’Amministrazione...") sia al mancato illegittimo esercizio del potere inibitorio ("... si appalesa illegittimo il mancato esercizio da parte dall’Amministrazione comunale dell’attività di controllo, cui consegue la necessità che l’Amministrazione si attivi successivamente nell’ambito dei poteri di autotutela"). 3.2.2) Non ha maggior fondatezza l'altra eccezione d'improcedibilità, formulata in relazione alla novella dell'art. 19 della legge n. 241/1990, come introdotta dall'art. 6 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011, n. 148. Tale disposizione, come noto, ha stabilito che: "La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all' art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104". Orbene, ad avviso del Collegio, in disparte ogni considerazione sul rapporto tra lo schema generale ex art. 19 e la disciplina speciale di cui all'art. 23 del d.P.R. n. 380/2001, la norma, in quanto intesa a qualificare la fattispecie ha portata innovativa, e non già interpretativa, e sopratutto sostanziale e non già processuale; del pari il successivo riconoscimento dell'esperibilità, previa sollecitazione all'Amministrazione in ordine all'esercizio dei poteri inibitori, dell'azione disciplinata dall'art. 31 c.p.a., e quindi dell'azione di accertamento dell'obbligo di provvedere corrispondente alla tradizionale impugnativa del silenzio-rifiuto quale inadempimento dell'obbligo, non può che essere rivolta de futuro e non può incidere, per giunta frustrando i principi di pienezza, effettività, tempestività della tutela giurisdizionale, sulle controversie pendenti, anche secondo una lettura costituzionalmente orientata rispettosa dei principi costituzionali relativi al diritto di difesa (art. 24 Cost.), al giusto processo (art. 111 Cost.), alla tutela giurisdizionale amministrativa (art. 113 comma 2 Cost.).    T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 ottobre 2010, n. 10008 - "La ricostruzione derivabile dalle norme sulla d.i.a. (artt. 22 e seguenti del dpr 6.6.2001, n. 380 e 26 della legge regione Liguria 6.6.2008, n. 16) induce ad affermare che l’amministrazione ha la potestà di rappresentare al dichiarante la sussistenza di motivi ostativi alla realizzazione in progetto nel termine perentorio individuato dalle disposizioni citate; dopo tale scadenza è tuttora controverso quale debba essere la condotta della p.a. che ravvisi un contrasto tra il progetto e le norme vigenti. Va notato che l’apposizione ad un provvedimento della rubrica ‘rettifica’, operando con ciò il riferimento ad un atto risalente a mesi addietro, non può comportarne la retrodatazione degli effetti al tempo della pubblicazione del provvedimento che si vorrebbe, appunto, rettificato.Si tratterebbe infatti di un mezzo per evitare la decadenza prevista dalla legge, ma tale possibilità non è ammessa da alcuna norma. L’atto di impugnazione si diffonde nel delineare i presupposti della rettifica, al fine di comprovare che il provvedimento non avrebbe potuto essere individuato in tal senso dal comune di Varazze. Il collegio osserva che la manifestazione di volontà impugnata non offre elemento alcuno per assecondare la tesi che vorrebbe il primo atto affetto da un mero errore, e come tale rettificabile con effetti retroattivi. Lo svolgimento degli eventi successivi all’adozione del primo provvedimento ha conosciuto la proposizione del presente ricorso, per cui deve ritenersi che la p.a. avrebbe dovuto chiarire le ragioni per le quali ha ritenuto di denominare il provvedimento 12.3.2010, n. 8969 come rettifica, dopo che le parti private avevano dedotto l’illegittimità del precedente atto 31.12.2009, n. 44725 per tardività. Risulta allora del tutto sfornita di prova la circostanza dedotta a corredo della rubrica adottata, sì che l’inibitoria 12.3.2010, n. 8969 va qualificata alla stregua di un nuovo provvedimento, che ha per oggetto la d.i.a. 24.12.2009, n. 44112. La scansione temporale ora indicata chiarisce che anche il secondo intervento dell’amministrazione risulta intempestivo ai sensi dell’art. 26 della legge regione Liguria 6.6.2008, n. 16, per cui esso va dichiarato illegittimo in accoglimento delle censure dedotte. Per conseguenza va riservata favorevole considerazione anche alla domanda proposta dai ricorrenti, volta ad ottenere la dichiarazione di intervenuta efficacia delle dichiarazioni presentate".

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