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Si riporta il testo dell'art. 33, comma 3-bis d.lgs. n. 163/06, così come dal d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito con modificazioni in l. 22.12.2011, n. 241, come successivamente modificato dal 6.7.2012, n. 95 , convertito con modificazioni in l. 7.8.2012, n. 135:  "I Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano obbligatoriamente ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici. In alternativa, gli stessi Comuni possono effettuare i propri acquisti attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza di riferimento, ivi comprese le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 e ed il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207".     Dal sito www.itaca.org Centrali di committenza per gli appalti nei piccoli comuni. Lo stato dell’arte in Italia nel primo Rapporto ITACA sull’attuazione dei nuovi obblighi 29/03/2013 - Le disposizioni recentemente introdotte all’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. 163/2006 sono destinate a modificare sensibilmente il sistema degli approvvigionamenti dei piccoli comuni. L’esigenza di razionalizzazione della spesa per gli acquisti della pubblica amministrazione ha infatti imposto di procedere alla riorganizzazione delle attività delle piccole amministrazioni locali mediante l’aggregazione e la gestione comune della domanda di lavori, servizi e forniture: più in particolare, l’imminente scadenza del prossimo 31 marzo 2013 impone ai comuni sotto i 5.000 abitanti di riorganizzare le proprie procedure di acquisto mediante il ricorso ad un nuovo modello organizzativo: la centrale di committenza. Lo stato dell’arte in Italia, nelle sue diverse declinazioni, è illustrato nel Primo Rapporto ITACA sull’attuazione dei nuovi obblighi dal titolo “Le centrali di committenza per gli appalti dei piccoli comuni”, nel quale vengono descritte alcune tra le più significative esperienze maturate in varie regioni ed amministrazioni locali. Le varie esperienze – in particolare quelle segnalate dalle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto – sono state analizzate nel corso di un’ampia ricerca “sul campo” realizzata per mezzo di questionari e interviste dirette ad amministratori, funzionari, e segretari comunali, realizzate durante tutto il corso del 2012: la ricerca ha consentito di rilevare, in particolare, lo stato di attuazione degli accordi stipulati dai comuni per la gestione associata degli appalti, nonché il ricorso dei comuni (quale possibile alternativa alla costituzione di una propria centrale) alle Convenzioni Consip ed al Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa). Una specifica sezione della ricerca è stata dedicata alla rilevazione degli strumenti preventivi in materia di contrasto alle infiltrazioni mafiose realizzati con la sottoscrizione dei Protocolli di Legalità tra gli enti locali e le Prefetture. Nel Rapporto vengono presentati anche alcuni specifici “strumenti operativi”, tra i quali una “check list” (il c.d. “schema dei flussi procedimentali”) che riepiloga i principali adempimenti che le stazioni appaltanti devono effettuare per l’affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture. Per quanto concerne le modalità di costituzione della centrale di committenza dei piccoli comuni, dal Rapporto emerge che l’art. 33, comma 3-bis del D.Lgs. n. 163/2006 consente di percorrere diverse soluzioni operative: − la costituzione della centrale di committenza nell’ambito di Unioni di Comuni già esistenti (o da costituire) ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs. n. 267/2000; − la costituzione della centrale di committenza mediante accordo consortile: a tale proposito vi è sostanziale unanimità di opinioni nel considerare tale accordo quale Convenzione ex art. 30 TUEL; − il ricorso da parte dei comuni - in via alternativa alla costituzione della centrale - agli strumenti elettronici di acquisto gestiti da altre centrali di committenza, ivi comprese le convenzioni di CONSIP e MEPA. Nel Rapporto si dà conto anche delle prime pronunce rese dalla giurisprudenza contabile: più in particolare, è stato affermato che possono ritenersi escluse dalla gestione obbligatoria mediante centrali di committenza: − le acquisizioni in economia mediante amministrazione diretta; − le ipotesi eccezionali di affidamento diretto consentite dalla legge, quali quelle previste all’art. 125, comma 8 e comma 11 del codice dei contratti pubblici (così Corte dei Conti - Sez. Reg. Controllo Piemonte, Delibera n. 271 del 6 luglio 2012). Nel Rapporto si evidenzia inoltre che l’attività della centrale di committenza potrà avere differenti caratteristiche e diverse modalità operative a seconda che essa, volta per volta, indica procedure: − in qualità di centrale di committenza, finalizzate alla stipula di convenzioni/accordi quadro ai quali i comuni potranno eventualmente aderire; − in qualità di stazione appaltante, ovverosia pubblicando bandi finalizzati all’affidamento di appalti in nome e per conto di uno o più comuni ad essa aderenti. Il Rapporto realizzato da ITACA, di prossima pubblicazione – per il quale è prevista anche la realizzazione di momenti di confronto con le varie istituzioni coinvolte sul tema dell’aggregazione della domanda pubblica – non costituisce un documento definitivo sul tema, ma aspira ad essere un primo momento di esplorazione e di analisi dell’effettivo livello di aggregazione della domanda da parte dei piccoli comuni, nell’imminenza dell’entrata in vigore dei nuovi obblighi.

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