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Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2014, n. 44 -  L'articolo 6 della Legge Urabnistica della Regione Toscana (L.R. Toscana n. 1/2005) prevede che: "Nei casi in cui il regolamento urbanistico preveda la possibilità di piani attuativi di iniziativa privata, la perdita di efficacia di cui al comma 5 si verifica allorché entro cinque anni non sia stata stipulata la relativa convenzione ovvero i proponenti non abbiano formato un valido atto unilaterale d'obbligo a favore del comune". A riguardo il Consiglio di Stato ha chiarito che "All'evidenza la disposizione di cui al comma 6 detta una prescrizione specifica dedicata ai piani attuativi di iniziativa privata, che prescinde del tutto dalla natura della prescrizione  vincolistica: costituisce illazione, infatti, non suffragata dalla portata testuale della norma, l'affermazione secondo la quale, per i piani attuativi privati, la disposizione vada restrittivamente intesa, nel senso che la perdita di efficacia operi soltanto allorchè i vincoli abbiano natura espropriativa e non conformativa. Fermo il detto convincimento, aderente al dato letterale ivi contenuto, neppure persuade la ratio della necessità di una interpretazione restrittiva della detta disposizione, siccome postulato da parte appellante. E’ ben vero che la legislazione nazionale è ancorata al binomio vincolo conformativo/durata indeterminata, vincolo espropriativo/scadenza prefissata. Ma è altresì vero, che tale scissione concettuale “nasce” a tutela della posizione del privato e si rende necessaria alla stregua dei principi espressi dalla Corte costituzionale, con la “storica” sentenza 20 maggio 1999, n. 179 (dichiarativa dell'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 7, n. 2, 3 e 4 e 40 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, e 2, primo comma, della L. 19 novembre 1968, n. 1187, nella parte in cui consente all'Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di un indennizzo). Il che ha portato la uniforme giurisprudenza amministrativa ad affermare (ex multis Cons. Stato Sez. V, 13-04-2012, n. 2116) che “i vincoli urbanistici non indennizzabili, che sfuggono alla previsione del predetto articolo 2 della L. 19 novembre 1968, n. 1187, sono quelli che riguardano intere categorie di beni, quelli di tipo conformativo e i vincoli paesistici, mentre i vincoli urbanistici soggetti alla scadenza quinquennale, che devono invece essere indennizzati, sono: a) quelli preordinati all'espropriazione ovvero aventi carattere sostanzialmente espropriativo, in quanto implicanti uno svuotamento incisivo della proprietà, se non discrezionalmente delimitati nel tempo dal legislatore statale o regionale, attraverso l'imposizione a titolo particolare su beni determinati di condizioni di inedificabilità assoluta; b) quelli che superano la durata non irragionevole e non arbitraria ove non si compia l'esproprio o non si avvii la procedura attuativa preordinata a tale esproprio con l'approvazione dei piani urbanistici esecutivi; c) quelli che superano quantitativamente la normale tollerabilità, secondo una concezione della proprietà regolata dalla legge nell'ambito dell'art. 42 Cost..”. Non apparirebbe quindi contrario ad alcun principio, né collidente con la valutazione espressa dal Giudice delle leggi, una prescrizione contenuta in una legge regionale che prevedesse la perdita di efficacia anche dei vincoli conformativi (mentre, al contrario, lo sarebbe certamente, l’inversa ipotesi di una durata sine die di quelli espropriativi). E d’altro canto, allorchè l’appellante richiama la consolidata interpretazione del Giudice delle Leggi secondo la quale “categorie” ed “istituti” contenuti del TU edilizia e nel TU espropriazioni hanno natura generale e vincolano i Legislatori regionali (ex aliis Corte Cost. n. 303 del 2003) è poi “costretto” a mentovare una disposizione del dPR n. 327/2001 (l’art. 9) che ben poco ausilio può portare alla tesi dallo stesso patrocinata, in quanto ivi è certamente affermato il principio della decadenza del vincolo preordinato all’esproprio, ma non il divieto di disporlo per quello zonizzante, per cui non è agevole comprendere quale prescrizione “nazionale” avrebbe violato il Legislatore regionale (e/o il Tar nell’interpretare secondo lettera la prescrizione legislativa regionale surriportata). Se così è , e non pare al Collegio di ciò si possa dubitare, non v’è ragione né esigenza di forzare la lettera della prescrizione regionale in esame, limitandola ai vincoli di natura espropriativa, laddove invece esse fa generico ed indeterminato richiamo al “piano attuativo di iniziativa privata” senza aggettivazioni (vedasi punto 5 della memoria depositata in primo grado dalla resistente amministrazione comunale e datata 20.2.2012). Ne consegue che: stante la univoca interpretazione della succitata norma, e la incontestata circostanza che l’atto d’obbligo venne sottoscritto a più di 5 anni di distanza dall’approvazione del RU non v’era neppure necessità di interrogarsi sulla natura della prescrizione attingente il compendio immobiliare di parte appellante, e ciò sarebbe sufficiente a disattendere l’appello".     T.A.R. Liguria, Sez. I, 4 dicembre 2012, n. 1563 - Un vincolo preordinato all'esproprio sorge soltanto con la specifica indicazione di una determinata opera pubblica o di interesse collettivo o sociale (ex art. 7 comma 1 n. 4 L. n. 17.8.1942, n. 1150), non già per effetto della semplice operazione di zonizzazione (ex art. 7, comma 1, n. 2 L. 17.8.1942, n. 1150), cioè della suddivisione del territorio comunale in zone con destinazione urbanistica omogonea, la quale ha la precipua finalità di indicare la tipologia di interventi edificatori assentibili e, conseguentemente, di conformare l'attività edilizia (T.A.R. Lazio, II, 24.4.2008, n. 3535). Ciò vale -- ovviamente -- anche con riguardo alla destinazione a zona F ex art. 2 D.M. 2.4.1968 che, in mancanza della specifica previsione e localizzazione di un determinato intervento di interesse generale realizzabile soltanto ad iniziativa pubblica, costituisce nient'altro che un vincolo di carattere conformativo (Cons. Stato, Sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 2444; T.A.R. Liguria, Sez. I, 27 aprile 2012, n. 592).   Allorquando è apposto un vinvolo meramente conformativo e non espropriativo non è richiesta una specifica motivazione oltre quella generale derivante dalla descrizione fondativa del P.U.C. ed è altresì esclusa la previsione di un indennizzo (C. Cost. 20.5.1999, n. 179).

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