Salta al contenuto principale
T.A.R. Liguria, Sez. I, 4 maggio 2016, n. 419 - In termini edilizi, se le censure dedotte in termini di violazione della pianificazione vigente si scontrano con la natura speciale e di eccezionale deroga proprio alla pianificazione nei termini derivanti dall’invocazione della l.r. 24 cit., nel caso de quo è prima facie fondato il primo ordine di vizi nella parte in cui si contesta la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tale eccezionale disciplina. Infatti, nella specie manca un manufatto preesistente qualificabile in termini di sottotetto ai sensi della peculiare legislazione regionale. In linea generale, in ordine alla disciplina eccezionale in questione, la sezione ha già avuto modo di svolgere diverse considerazioni di inquadramento e conseguente applicazione (cfr. da ultimo sent n. 68\2015 e precedenti ivi richiamati). Il recupero dei sottotetti è stato qualificato come formula di sintesi - contenuta in varie leggi regionali - che designa genericamente l'utilizzazione a fini abitativi di spazi tecnici accessori in preesistenti fabbricati, suscettibile di essere realizzata mediante diverse modalità progettuali ed esecutive. Tale disciplina legislativa è di pacifica valenza e natura eccezionale, così da non poter essere applicata, in termini di interpretazione estensiva, oltre i limiti dalla stessa specificati. In proposito, la giurisprudenza condivisa dal Collegio ha avuto modo di specificare, proprio in relazione alla legge regionale ligure, che l'oggetto del recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti deve essere individuato nei volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici destinati in tutto o in parte a residenza; pertanto, è legittimo il diniego di rilascio di concessione di costruzione, richiesta con richiamo a detta normativa, per la trasformazione ad uso abitativo di un locale a piano terra, adibito a deposito e coperto da un terrazzo (cfr. ad es. CdS 7429\2009). Nel caso di specie, come emerge dalla documentazione agli atti, ci si trova dinanzi ad una fattispecie del genere: la trasformazione di un locale posto a piano terra, da commerciale a residenziale, senza alcun recupero di volume sovrastante, del tutto assente nel locale oggetto di intervento. D’altronde, una volta esclusa l’assentibilità con la eccezionale normativa invocata dalla d.i.a. per assenza dei relativi presupposti, riemergono i limiti ostativi all’intervento dettati dalla pianificazione ordinaria vigente la quale, al di fuori della speciale deroga ex l.r. 24 cit., si riespande nei termini dedotti da parte ricorrente.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 13 gennaio 2015, n. 68 - In linea generale va ricordato come il recupero dei sottotetti sia stato qualificato dalla Sezione come formula di sintesi — contenuta in varie leggi regionali — che designa genericamente l'utilizzazione a fini abitativi di spazi tecnici accessori in preesistenti fabbricati, suscettibile di essere realizzata mediante diverse modalità progettuali ed esecutive, tutte riconducibili — entro gli estremi del risanamento conservativo fino alla costruzione di una (vera e propria) nuova costruzione — ai tipi d'intervento edilizi definiti (cfr. art. 10) nel testo unico dell'edilizia, sicché, la qualificazione nella legge regionale dell'intervento come ristrutturazione (come del resto tutte le definizioni contenute nella legge la quale ha il compito di disporre, non già di qualificare istituti o comportamenti che è attività riservata all'interprete) non vincola affatto l'operatore, il quale, chiamato ad individuare la disciplina edilizia applicabile all'intervento astrattamente ascritto al recupero ai fini abitativi del sottotetto, deve previamente qualificarlo “per quello che è”, vale a dire secondo i consueti parametri: la concreta consistenza strutturale delle opere, l'effettivo impatto di esse sul territorio come conformato dalla disciplina urbanistica locale. In definitiva, qualora il progettato intervento di recupero del sottotetto dia luogo ad un nuovo volume sarà applicabile la disciplina edilizia prevista per le nuove costruzioni, sì da osservare (per esempio, come più volte affermato in giurisprudenza) la norma sulla distanza minima di cui all'art. 9 d.m. 1444 del 1968 fra edifici fronteggianti (cfr. ad es. Tar Liguria n. 1005\2014 e 1406\2013). Sempre in linea generale va ribadito che la disciplina legislativa applicata nella specie è di pacifica valenza e natura eccezionale, così da non poter essere applicata, in termini di interpretazione estensiva, oltre i limiti dalla stessa specificati. In proposito, la giurisprudenza condivisa dal Collegio ha avuto modo di specificare, proprio in relazione alla legge regionale ligure, che l’oggetto del recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti deve essere individuato nei volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici destinati in tutto o in parte a residenza; pertanto, è legittimo il diniego di rilascio di concessione di costruzione, richiesta con richiamo a detta normativa, per la trasformazione ad uso abitativo di un locale a piano terra, adibito a deposito e coperto da un terrazzo (cfr. ad es. CdS 7429\2009). Nel caso di specie, peraltro, se è pacifica la sussistenza di un volume preesistente sopra la copertura, la relativa qualificazione in termini di sottotetto (oltre ad apparire ragionevole dall’analisi della documentazione progettuale in atti) emerge senza soverchi dubbi in conformità al dato legislativo invocato, trattandosi di uno spazio, sovrastante l’ultimo piano abitato dell’edificio residenziale, avente un’altezza pari ad un metro ed un’altezza media di 60 cm, con un andamento a falda tipico degli edifici muniti appunto di cc.dd. sottotetti. Trattasi inoltre di uno spazio all’evidenza accessorio agli appartamenti preesistenti, a prescindere dall’effettivo utilizzo concreto, irrilevante ai fini normativi in esame. Né a diverse conclusioni può giungersi sulla scorta del dato letterale tratto da una circolare regionale asseritamente applicativa della legislazione in esame. In termini di certezza del diritto, va richiamata la costante giurisprudenza di questo Tribunale a mente della quale l’espressione contenuta nella circolare regionale che opera una dicotomia fra locali sottotetto, suscettibili di recupero, e intercapedini orizzontali, non invece utilizzabili a tale fine, non è condivisibile nel silenzio della legge sul punto (cfr., TAR Liguria, sez. I, 8 luglio 2004 n. 1095; Id, Sez. I, 18 febbraio 2009 n. 223). Invero, nel caso de quo è pacifico che il volume in questione non sia certo qualificabile come intercapedine orizzontale, sia per forma (tetto a falda) sia per consistenza volumetrica. Più in generale, va altresì ribadito quanto già affermato dalla sezione, nel senso che, purché materialmente sussistente nella consistenza minima richiesta dalla legge, non rileva affatto l’originaria destinazione del volume sottotetto: sia esso intercapedine, spazio tecnico o camera d’aria isolante. In tema di qualificazione tecnica dell’originario volume oggetto di recupero, va quindi fatta diretta applicazione del testo normativo, che non opera alcuna distinzione (cfr., Tar Liguria,sez. I., 1095/04), e della connessa ratio sottesa alla disciplina sul recupero dei sottotetti a fini abitativi. A quest’ultimo riguardo, la realizzazione di residenze senza l’ulteriore consumo di nuovo territorio altrimenti necessario per la soddisfazione de nuclei familiari (cfr. Cons. St., sez. IV, n. 5393/06) è il nucleo fondante della disciplina derogatoria sul recupero dei sottotetti che, ovviamente nel rispetto dei principi e delle norme fondamentali disciplinanti gli interventi incidenti sul territorio, incontra i soli limiti espressamente previsti dalla legge regionale 2.2 Analoghe considerazioni devono all’evidenza svolgersi con riferimento al secondo motivo di diniego, basato sulla asserita prevalenza della circolare applicativa in ordine alle percentuali di mutamento della pendenza. In proposito, se per un verso nessun parametro predeterminato è dettato dalla legge, cosicchè la circolare che pretenda di introdurne uno, a fini integrativi, a propria discrezione si pone in evidente ed immediato contrasto con la legge, per un altro e decisivo verso nel caso de quo l’intervento proposto (il passaggio da 12 ° a 26 °) rende oltretutto l’immobile adeguato alla disciplina ordinaria dettata dal regolamento edilizio (che prevede una pendenza fra i 15° ed i 35 °). Per principio generale, le circolari costituiscono criteri di riferimento interpretativo a carattere interno finalizzate a garantire una uniforme applicazione delle norme di legge; appare quindi evidente la relativa conseguenza per cui la circolare interpretativa non può legittimare l’integrazione del dato normativo e l'inosservanza di principi direttamente e chiaramente stabiliti dalla legge, dovendosi conseguentemente disattendere le circolari sulla base del principio di prevalenza del dettato legislativo. Nel caso de quo, introdurre dei parametri numerici limitativi rispetto a quanto consentito dalla norma costituisce indebita integrazione di un dato normativo il quale, se può essere oggetto di interpretazione, non può certo essere integrato in via di circolare. Più in generale, va ribadito che le circolari interpretative non sono fonti del diritto ma mere norme interne alla p.a., prive di efficacia esterna precettiva e quindi di caratterizzazione immediatamente lesiva nei confronti di soggetti esterni alla p.a. stessa. Costituiscono ausilio interpretativo (ma non vincolante, specie per p.a. diverse da quelle che le adottano) nonché eventuale parametro sintomatico di eccesso di potere per gli organi interni della p.a. emanante che se ne discostino. In relazione al motivo in esame, in tema di pendenze della falda, va pertanto condivisa la deduzione ricorrente, nel senso che la disciplina edilizia ordinaria dettata dallo stesso Comune per le nuove costruzioni costituisce un parametro ben più pertinente rispetto ad una circolare illegittimamente integrativa della norma di legge, in termini oltretutto dubitativi (laddove si afferma – nei termini riportati dallo stesso diniego - che la modifica delle pendenze “dovrebbe” essere circoscritta entro soglie del 5-10 %, indicando in termini incerti un parametro altrettanto incerto).   L.R. 12 novembre 2014, n. 30 - Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2001 n. 24 (Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti) e alla legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell'attività edilizia). In appendice la legge e un breve commento.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 giugno 2014, n. 1005 - "Il recupero dei sottotetti ex l.r. 24 del 2001 è formula di sintesi che designa genericamente l'utilizzazione a fini abitativi di spazi tecnici accessori in preesistenti fabbricati. Che, va sottolineato, è suscettibile di essere realizzato mediante diverse modalità progettuali ed esecutive, tutte riconducibili -- entro gli estremi del risanamento conservatio fino alla costruzione di una (vera e propria) nuova costruzione -- ai tipi di intervento edilizi definiti (cfr. art. 10) nel testo unico dell'edilizia (cfr., da ultimo Tar Liguria, sez. I, 14.11.2013 n. 1406).Sicchè, la qualificazione nella legge regionale dell'intervento come ristrutturazione (come del resto tutte le definizioni contenute nella legge la quale ha il compito -- secondo l'epigramma "sic volo sic iubeo" -- di disporre non già di qualificare istituti o comportamenti che è attività riservata all'interprete) non vincola affatto l'operatore, il quale, chiamato ad individuare la disciplina edilizia applicabile all'intervento astrattamente ascritto al recupero ai fini abitativi del sottotetto, deve previamente qualificarlo "per quello che è", vale a dire secondo i consueti parametri: la concreta consistenza strutturale delle opere, l'effettivo impatto di esse sul territorio come conformato dalla disciplina urbanistica locale.In definitiva, qualora il progettato intervento di recupero del sottotetto dia luogo ad un nuovo volume sarà applicabile la disciplina edilizia prevista per le nuove costruzioni, sì da osservare (per esempio, come più volte affermato in giurisprudenza) la norma sulla distanza minima di cui all'art. 9 d.m. 1444 del 1968 fra edifici fronteggianti (cfr., Tar Liguria, sez. I, 14.11.2013 n. 1406; ancora prima, ID, n. 1621 del 2009).Quest'approdo ermeneutico vale a restituire pieno vigore normativo alla disciplina regionale ligure che, nel rispetto della competenza statale in materia di ordinamento civile e nell'ambito della definizione o revisione degli strumenti urbanistici diretti a garantire la regolamentazione unitaria del territorio, in forza dell'art. 2-bis d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, introdotto con d.l. 21 giugno 2013 n. 69 -- che, va sottolineato, integra i principi generali contenuti nel testo unico dell'edilizia -- è ormai abilitata a dettare, oltre norme derogatorie del d.m. 1444 del 1968 in tema di distanze, disposizioni sugli spazi da "destinare agli insediamenti residenziali..".Finalità quest'ultima perseguita dalla legge regionale sul recupero dei sottotetti che, oltretutto, bilancia la domanda di nuove residenze con l'interesse pubblico ad evitare l'ulteriore ed indiscriminato consumo del territorio.Nel caso in esame, il sottotetto (già accatastato ed avente altezza rilevante) preesiste nella volumetrica utile ai fini abitativi: non si verte in ipotesi di nuova costruzione poiché il progettatto intervento non determina alcun nuovo volume rispetto all'originaria consistenza dell'edificio.Aggiungasi che il recupero è attuato in allineamento. Senza che, in tema di distanze, assuma rilievo il vano ascensore.I volumi tecnici, gli impianti tecnologici e le canalizzazioni delle utenze in favore delle singole unità abitative dell'edificio, tutte ricomprese nel comune denominatore delle opere strumentali all'adeguamento tecnico funzionale del fabbricato, se realizzate nella struttura necessaria e sufficiente ad assolvere alla loro funzione, secondo l'orientamento consolidato, qui condiviso, non rilevano affatto in tema di distanze (cfr., Cons. St., sez. IV, 5 dicembre 2012 n. 6253; Cass. Civ., sez. II, 3 febbraio 2011 n. 2566).Sicchè, conclusivamente sul punto, sussistono tutti i presupposti per l'applicazione dell'art. 18 l.r. 16 del 2008"   Corte Costituzionale, Ord. 28 febbraio 2014, n. 33 - "Considerato che il Tribunale di Savona, sezione penale, con ordinanza dell’8 febbraio 2013, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale i cui termini non sono precisati dal giudice a quo, il quale rinvia integralmente all’istanza depositata dal pubblico ministero, senza peraltro allegarla alla propria ordinanza; che, in particolare, l’ordinanza di rimessione non indica le disposizioni censurate, né i parametri costituzionali asseritamente violati; che l’ordinanza di rimessione non delimita pertanto in alcun modo l’oggetto e il parametro del giudizio di legittimità costituzionale che pretenderebbe di instaurare, non descrivendo inoltre la fattispecie concreta sottoposta al suo esame, né fornendo alcuna motivazione circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione che intenderebbe sollevare; che una siffatta mancanza degli elementi essenziali dell’atto introduttivo del giudizio costituzionale ne determina l’inesistenza giuridica e, comunque, preclude l’esame del merito della questione; che tali gravissime carenze non possono ritenersi sanate per effetto del rinvio, contenuto nell’ordinanza di rimessione, all’istanza depositata dal pubblico ministero nel giudizio principale, che secondo il giudice a quo sarebbe «da intendersi integralmente richiamata» nell’ordinanza di rimessione; che, infatti, a prescindere dalla circostanza che l’istanza del pubblico ministero non è neppure allegata all’ordinanza, comunque, per costante giurisprudenza di questa Corte, non possono avere ingresso nel giudizio incidentale di costituzionalità questioni motivate solo per relationem, dovendo il rimettente rendere esplicite le ragioni per le quali ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione sollevata (ex plurimis, sentenze n. 175 del 2013 e n. 234 del 2011, nonché ordinanze n. 239 e n. 65 del 2012); che, a fortiori, non possono avere ingresso nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale questioni che siano non soltanto motivate, ma addirittura sollevate per relationem; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile”.     T.A.R. Liguria, Sez. I, 12 luglio 2013, n. 1067 - "Deve, in primo luogo, rilevarsi come la sopraelevazione di un fabbricato debba essere ricondotta alla tipologia della nuova costruzione e non già a quella della ristrutturazione. Infatti la sopraelevazione, comportando un aumento di volume al di fuori della sagoma preesistente dell'edificio rientra nell'ipotesi di cui all'art. 3 comma 1 lett. e) n. 1 d.p.r. 380/01 secondo cui costituiscono nuova costruzione "la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6)”. La disposizione di cui all’art. 2, comma 3, l.r. 24/01, secondo cui gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sono classificati come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 31 lett. d) della legge 5 agosto 1978 n. 457, deve ritenersi abrogata dal successivo testo unico dell’edilizia come recentemente ha affermato dalla sezione sulla base del principio secondo il quale la definizione degli interventi edilizi è riservata al legislatore statale (TAR Liguria I, 14 dicembre 2012 n. 1658). Ne consegue che, essendo venuta meno la norma in questione, il recupero del sottotetto mediante sopraelevazione deve essere ricondotto alla tipologia della nuova costruzione. E in questo senso deve essere interpretato l’art. 18, comma 1, l.r. 16/08 che, nel testo vigente all’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato, stabiliva: “Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente fino alla ristrutturazione edilizia, ivi compresi gli interventi di recupero dei sottotetti esistenti, possono essere realizzati nel rispetto dell'allineamento dell'edificio preesistente”. Il rispetto dell’allineamento preesistente, infatti, deve ritenersi valere soltanto per le ipotesi che, non comportando sopraelevazione, sono riconducibili alla ristrutturazione".   Ordinanza Tribunale Savona - Sezione Penale, 8 febbraio 2013 - In accoglimento dell'istanza presentata dal P.M., il Tribunale ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale. La questione di legittimità costituzionale sollevata riguarda gli articoli 2, comma 1 e 4 della L.R. n. 24/2001 (cd. legge sottotetti), per asserita violazione dell’articolo 117, comma 2, lett. l) della Costituzione, nella parte in cui stabilisce la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia penale, e dell’articolo 2, commi 3 e 8, della medesima legge regionale per violazione del disposto di cui all’art. 117, comma 3 della Costituzione nella parte in cui riserva allo Stato la potestà legislativa per la determinazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio. In particolare: l’articolo 2, comma 1 e l’articolo 4 della L.R. n. 24/2001 ove prevedono che sono consentiti interventi di recupero dei sottotetti in deroga alla disciplina stabilita dalla strumentazione urbanistica comunale vigente od in corso di formazione ed in deroga ai Piani Regolatori Generali ed ai Piani Urbanistici Comunali vigenti e/o adottati ed alle disposizioni dei regolamenti edilizi vigenti violerebbero il disposto dell’art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione nella parte in cui stabilisce la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia penale. Ciò in quanto tale deroga introdurrebbe di fatto una causa di esenzione dalla responsabilità penale e, specificamente, una causa di non punibilità per il reato previsto dall’articolo 44 del D.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia). Esso qualifica come illecito penale un intervento edilizio non conforme alle norme stabilite dai regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici. Con il che escludendo -- la legge sottotetti -- l’applicabilità della norma incriminatrice nel caso in cui l’intervento sia relativo ai locali sottotetto o comunque ad altri volumi o superfici collocati in parti dell’edificio diverse dai sottotetti, giusta il successivo articolo 4, violerebbe la riserva e la potestà esclusiva dello Stato in materia penale. l’articolo 2, commi 3 e 8, della L.R. n. 24/2001 ove prevede che gli interventi di recupero dei sottotetti esistenti sono classificati come ristrutturazione edilizia anche nel caso in cui avvengano con modificazione delle altezze di colmo e di gronda, nonché delle linee di pendenza delle falde violerebbero l’art. 117, comma 3 Cost. nella parte in cui riserva allo stato la potestà legislativa per la determinazione dei principi fondamentali in materia di governo del territorio. Ciò in quanto la legge regionale di recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti amplierebbe la categoria della ristrutturazione edilizia -- riconducendo ad essa anche la “modificazione delle altezze di colmo e di gronda nonché delle linee di pendenza delle falde” -- in asserito contrasto con la disposizione statale (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001) cui è demandata l’individuazione e la definizione delle categorie degli interventi edilizi.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 9 aprile 2013, n. 611 - "In proposito si può convenire con la difesa dei ricorrenti laddove affermano che la L.R. n. 24/2001 è norma eccezionale (derogando ex art. 4, ai piani regolatori, ai piani urbanistici ed ai regolamenti comunali vigenti), di stretta interpretazione, sicchè il recupero dei sottotetti è rigorosamente limitato al "volume" esistente, come delimitato anche nella sua area superficiaria, della quale non è dunque consentito l'ampliamento" - Fattispecie in cui il Tribunale ha ritenuto violate le previsioni degli articoli 1 e 2 della L.R. n. 24/2001 nel caso di intervento comportante l'ampliamento e la sopraelevazione del sottotetto anche nelle parti laterali della copertura, ove, nella parte terminale delle falde, non esisteva alcun volume interposto tra il solaio dell'ultimo piano e la copertura a spiovente, qualificabile come sottotetto e suscettibile di recupero e, per questo, intervento non riconducibile alla categoria della ristrutturazione edilizia.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 25 marzo 2013, n. 527 - Ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2 della L.R. n. 24/2001 sul recupero dei sottotetti "la normativa eccezionale sul recupero dei sottotetti è effettivamente applicabile anche agli interventi edilizi in corso di realizzazione -- come quello per cui è causa -- purchè sulla base di titoli edilizi rilasciati prima della data di entrata in vigore della presente legge" - Fattispecie in cui il Tribunale ha ritenuto non applicabile la L.R. 24/2001 nel caso di titolo rilasciato dopo l'entrata in vigore della L.R. n. 24/2001.   T.A.R. Liguria, Sez. I, 14 dicembre 2012, n. 1658 - Ai fini della corretta qualificazione dell’intervento edilizio -- operazione che é preliminare in vista della verifica giudiziale sul rispetto dei pertinenti parametri urbanistico-edilizi (ovviamente diversi per la nuova costruzione e per la ristrutturazione) -- assume rilevanza la L.R. ligure 6.8.2001, n. 24, la quale, pur consentendo che gli interventi edilizi per il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti possano avvenire anche con modificazione delle altezze di colmo e di gronda del tetto, nonché delle linee di pendenza delle falde ai fini del conseguimento delle altezze minime interne (art. 2 commi 6 ed 8) -- e dunque mediante modifica della sagoma di ingombro -- stabilisce nondimeno, all’art. 2 comma 3, che essi “sono classificati come ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 31, lettera d) della legge 5.8.1978 n. 457”, cioé come interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, con ciò escludendo in radice che possa trattarsi di interventi di nuova costruzione mediante sopraelevazione, da assoggettare ai pertinenti limiti stabiliti per ciascuna zona dal P.R.G.. In base a tale disposizione, l’intervento in questione sarebbe dunque da qualificarsi -- ex lege -- come ristrutturazione, ancorché importi sopralevazione e modifica della sagoma dell’edificio preesistente da demolire.   Il collegio ritiene tuttavia che la disposizione di cui art. 2 comma 3 primo periodo ( “gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sono classificati come ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 31, lettera d), della legge 5 agosto 1978 n. 457”) della legge regionale Liguria 6.8.2001, n. 24 debba ritenersi abrogata, e non possa dunque trovare applicazione nel presente giudizio. E’ noto infatti che la Corte costituzionale ha più volte ricondotto nell'ambito della normativa di principio in materia di governo del territorio le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli interventi edilizi (C. cost., 1.10.2003, n. 303, punto 11.2 del considerato in diritto) e le disposizioni che ne definiscono le categorie, sul presupposto che è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali (C. cost. 23.11.2011, n. 309, punti 2.1 e seguenti del considerato in diritto). Più in particolare -- e con specifica attinenza alla medesima questione che si agita anche nel presente giudizio -- la Corte costituzionale, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 1, lettera d) ultimo periodo della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nella parte in cui esclude l'applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione, ha recentemente affermato: - che le categorie di interventi edilizi sono individuate dall'art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001, collocato nel titolo I della parte I del testo unico, intitolato «Disposizioni generali»; - che la lettera d) del comma 1 di detto articolo include, nella definizione di «ristrutturazione edilizia», gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all'edificio preesistente; - che la successiva lettera e) classifica come interventi di «nuova costruzione» quelli di «trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti»; - che pertanto, in base alla normativa statale di principio, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente -- intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale -- configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia (C. cost., 23.11.2011, n. 309, punto 2.2 e seguenti del considerato in diritto). E ciò, in quanto la linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi non può non essere dettata in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la cui «morfologia» identifica il paesaggio, sicché, se il legislatore regionale potesse definire a propria discrezione tale linea, la conseguente difformità normativa che si avrebbe tra le varie regioni produrrebbe rilevanti ricadute sul «paesaggio [...] della Nazione» (art. 9 Cost.), inteso come «aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007), e sulla sua tutela (così sempre C. cost., n. 309/2011 cit.). Del resto, conformemente alla citata normativa statale di principio, la L.R. Liguria 6.6.2008, n. 16 sulla disciplina generale dell’attività edilizia, all’art. 10 comma 2 lettera e), considera di ristrutturazione edilizia -- tra gli altri -- gli interventi che comportino “la demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato esistente […], che rispetti la sagoma e i volumi originari fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica e quelle previste come obbligatorie dalle normative tecniche di settore”, con ciò confermando che, nel caso di demolizione e successiva ricostruzione, coessenziale alla qualificazione dell’intervento in termini di ristrutturazione è il rispetto dei volumi e della sagoma dell’edificio preesistente, intesa quest’ultima come la conformazione planovolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale.   Orbene, è noto che, in linea con la regola generale dettata dall’art. 15 disp. prel. c.c. ( “le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori […] per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore”), l’art. 10 della legge 10.2.1953, n. 62 (così detta legge Scelba, recante costituzione e funzionamento degli organi regionali) stabilisce che “1. le leggi della Repubblica che modificano i princìpi fondamentali di cui al primo comma dell'articolo precedente abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse. 2. I Consigli regionali dovranno portare alle leggi regionali le conseguenti necessarie modificazioni entro novanta giorni”. Tali disposizioni non risultano abrogate né esplicitamente, né implicitamente, da leggi sopravvenute e, in particolare, dalla L. n. 131 del 5 maggio 2003 (recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3), che, all'art. 10 commi 9 e 10, dispone -- rispettivamente -- la modifica o l'abrogazione di alcune norme della stessa legge n. 62 del 1953, ma non di quelle di cui all’art. 10: in tal senso si è recentemente espresso il supremo organo della giustizia amministrativa (Cons. di St., Ad. Plen., 7.4.2008, n. 2), conoscendo di una fattispecie analoga, attinente all'ultrattività o meno, dopo l'entrata in vigore del testo unico dell’edilizia D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, di norme regionali previgenti di contenuto difforme. Del resto, dal momento che per l'art. 117 Cost. -- sia nella vecchia e che nella nuova formulazione derivante dalla legge costituzionale 18.10.2001, n. 3 -- le leggi regionali in materie di legislazione concorrente o ripartita (qual era l’urbanistica, cui è succeduto il governo del territorio) incontrano il limite dei principi delle leggi statali, è perfettamente logico che esse non possano seguitare ad avere vigore quando vengano a contrastare con principi della legislazione statale succeduti a quelli anteriormente presenti nel sistema (così C. cost. 3.3.1972, n. 40, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della L. n. 62/1953 sollevata in via principale dalle regioni Lombardia, Veneto e Abruzzi). Dunque, nel momento in cui il legislatore nazionale è intervenuto nella materia, assegnando alle norme contenute nel testo unico dell'edilizia volte alla classificazione degli interventi edilizi il carattere di norme di principio (e tale è certamente la disposizione di cui all’art. 3 comma 1 lett. d - cfr. C. cost., n. 309/2011 cit.), devono ritenersi -- per ciò stesso -- abrogate le norme delle regioni a statuto ordinario con esse confliggenti (così Cons di St., Ad. Plen., n. 2/2008 cit.) e, per quanto interessa la presente fattispecie , la disciplina di fonte regionale di cui all’art. 2 comma 3 primo periodo della legge regionale Liguria 6.8.2001, n. 24.   La espressa classificazione come ristrutturazione di un intervento edilizio di demolizione e ricostruzione con recupero del sottotetto che alteri i volumi e la sagoma dell’edificio preesistente è infatti incompatibile con la disposizione di principio di cui all’art. 3 comma 1 lett. d) D.P.R. n. 380/2001, a mente del quale gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione sono ricompresi nell’ambito della ristrutturazione edilizia soltanto ove sia assicurato il rispetto della stessa volumetria e sagoma dell’edificio preesistente. Del resto, la regione Liguria ha adeguato la disciplina di dettaglio dell’attività edilizia ai principi fondamentali desumibili dal D.P.R. n. 380/2001 con la L.R. 6.6.2008, n. 16 (art. 1), il cui art. 10 comma 2 lett. e) classifica come ristrutturazione -- in linea con la norma statale di principio -- la demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato esistente, “che rispetti la sagoma e i volumi originari”.

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355