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T.A.R. Liguria, Sez. I, 30 marzo 2016, n. 293 – E’ impugnato un atto della sopraintendenza ligure che ha ravvisato l’incompatibilità tra il progetto presentato dagli interessati e la disciplina vincolistica vigente, tra l’altro, nel comune di Riomaggiore. Con la prima censura i ricorrenti denunciano la tardività dell’attività amministrativa posta in essere dall’amministrazione statale che non si sarebbe pronunciata nel termine di giorni quarantacinque dal ricevimento degli atti, sì che il potere contestato sarebbe stato esercitato nella carenza delle necessarie attribuzioni. In fatto va notato che l’atto comunale a prot. 1623 del 2015 venne inoltrato alla sopraintendenza di Genova che lo ricevette il 5.3.2015; il documento venne poi protocollato il successivo 11.3.2015, con il n. 7096, e la differenza temporale evidenziata è rilevante posto che il successivo atto di impulso procedimentale è del 21.4.2015, consistendo nel preavviso inviato ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7.8.1990, n. 241 con cui l’organo periferico statale rappresentò all’interessato ed al comune di Riomaggiore la propria motivata contrarietà al progetto. E’ pertanto sottoposta al collegio la questione relativa alla data da cui far decorrere il termine di giorni quarantacinque che l’art. 146 del d.lvo 22.1.2004, n. 42 rimette alla sopraintendenza per esprimere il parere necessario e vincolante sulla conformità dei progetti ai vincoli paesistici: infatti la fissazione della decorrenza dell’indicato termine dal 5 marzo 2015 comporterebbe la dichiarazione di tardività del parere, a differenza di quanto si dovrebbe statuire nel caso in cui si consideri corretto computare il tempo dal 21.3.2015. Il tribunale deve rilevare a tale riguardo che non si può far gravare sull’interessato all’edificazione il ritardo occorso negli uffici genovesi della sopraintendenza nel trasferimento da un ufficio all’altro del plico giunto dal comune di Riomaggiore: il procedimento per il rilascio dei titoli edilizi è conformato in modo da garantire al richiedente una precisa scansione temporale degli atti, sì che il ritardo fatto registrare dalla sopraintendenza non può andare a detrimento della situazione soggettiva allegata.     TAR Abruzzo, Sez. I, 20 maggio 2016, n. 189: “Al contrario, le “opere e lavori” qui rilevanti sono quelli “di qualunque genere”, e quindi non solo gli interventi che hanno rilevanza edilizia (cfr. Cons. Stato, VI, 28 gennaio 2014, n. 427), come peraltro si desume dall’art. 23 del Codice beni culturali (“Qualora gli interventi autorizzati ai sensi dell'articolo 21 necessitino anche di titolo abilitativo in materia edilizia…”). Si può convenire con i ricorrenti allorché segnalano che “gli interventi edilizi minimi” non sono assoggettati ad autorizzazione (TAR Lazio, Roma, II-bis, 11 settembre 2013, n. 8222); occorre però tener conto del fatto che tale qualificazione presuppone la loro “estraneità e non incidenza rispetto ai valori architettonici e storici tutelati” (ivi). Per quanto quello in questione sia intervento privo di rilevanza edilizia, di modesta portata e completamente rimovibile, resta il fatto che lo stesso incide sull’aspetto esteriore dell’immobile ed è pertanto in grado di ledere i valori protetti dal vincolo. Si tratta, infatti, della collocazione di sei telecamere in vari punti delle facciate degli edifici, dei cavi di alimentazione e collegamento posti all’interno di una linea porta-cavo in pvc, delle scatole di derivazione a vista, il tutto fissato sulla muratura esistente (la descrizione dettagliata risulta dalla perizia di parte prodotta dai ricorrenti), e quindi di un insieme di elementi in grado di interferire sulla percezione complessiva degli edifici. È vero, come si deduce in ricorso, che la relazione storica su cui si basa l’atto di vincolo “non evidenzia alcun motivo di pregio in corrispondenza dei punti di installazione”, il che tuttavia non rileva sul dato che le facciate degli edifici sono comunque incluse nell’oggetto della tutela. In quanto riferito all’intero complesso, l’atto di vincolo non può che comportare la necessità di autorizzazione per qualunque intervento in grado di incidere sull’aspetto complessivo del bene sottoposto a tutela, trattandosi in tale sede di valutare, tra l’altro, l’inserimento dei vari componenti dell’impianto tecnologico nelle “forme classiche” (relazione cit.) degli immobili vincolati. Ne deriva necessariamente che quelle in questione sono opere eseguite senza la prescritta autorizzazione, il cui progetto non è suscettibile di essere esaminato ai fini del rilascio di un titolo postumo visto che, come rilevato dalla Soprintendenza, la normativa di settore non contempla autorizzazioni in sanatoria riguardo a beni soggetti a vincolo monumentale.”

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