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Finalmente l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 13 novembre 2015, n. 10 chiarisce definitivamente il nodo della disciplina applicabile in caso di difformità nell'offerta tra quanto espresso in cifre e quanto espresso in lettere. Secondo il pronunciamento "la problematica sorge in conseguenza dell’eventuale sovrapposizione della disciplina contenuta, da un lato, nell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 e, dall’altro lato, nell’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010. La prima delle disposizioni citate sancisce che “quando in una offerta all’asta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l’indicazione più vantaggiosa per l’amministrazione”. Diversamente, l’art. 119 d.P.R. n. 207 del 2010 prevede al comma 2 che “il prezzo complessivo offerto, rappresentato dalla somma di tali prodotti, è indicato dal concorrente in calce al modulo stesso, unitamente al conseguente ribasso percentuale rispetto al prezzo complessivo posto a base di gara. Il prezzo complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere. In caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere”. Al comma 3 dello stesso art. 119, si ribadisce che “nel caso di discordanza dei prezzi unitari offerti prevale il prezzo indicato in lettere”", ne consegue che "se da un lato rimane indubbia la vigenza dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, dall’altro lato, la sua compatibilità con l’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010 è giustificata dal diverso ambito applicativo dei due sistemi normativi: al riguardo il criterio di specialità è utile, ma deve applicarsi con riferimento alle due fonti normative complessivamente considerate, e non in rapporto ai soli criteri di risoluzione delle discrasie presenti nelle offerte. Da ciò deriva che l’organicità, la completezza e la specificità del d.lgs. n. 163 del 2006 (e del relativo Regolamento di esecuzione), destinato a disciplinare “i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatari, aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori ed opere”, consentono di affermarne la natura derogatoria, nel suo complesso, rispetto alle disposizioni vigenti del r.d. n. 827 del 1924 che ha come obiettivo principale l’equilibrio economico-finanziario dello Stato. Di conseguenza, il suo ambito applicativo può essere validamente circoscritto alle ipotesi, non ricomprese nell’alveo della disciplina del Codice dei contratti, in cui si renda necessario valorizzare l’interesse economico dello Stato: da ciò, può desumersi che il vantaggio per l’Amministrazione assurge a criterio dirimente in caso di contrasto fra offerta espressa in lettere ed offerta espressa in cifre, laddove occorra massimizzare gli introiti per l’Erario, mentre gli interessi degli operatori economici sono posti in un secondo piano. In ultima analisi, il criterio di cui all’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 può ritenersi validamente operante, come è stato correttamente evidenziato, nelle ipotesi di procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la stipula di contratti passivi, come la vendita o la locazione di beni".

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