Salta al contenuto principale
CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, II SEZ. CIVILE, 31/7/2020, n. 1483    Due neogenitori hanno citato in giudizio la ASL per il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata tempestiva diagnosi di Trisomia 21 del figlio tramite il test statistico della translucenza causata da un errato inserimento della data di esame all’interno del macchinario adibito al suddetto esame causando un calcolo errato e conseguentemente l’impossibilità di abortire in rigore delle tempistiche ormai scadute. Una delle principali questioni di diritto affrontata dalla sentenza consiste proprio nel determinare ex post la palese volontà di abortire da parte della madre e nel verificare la sussistenza di prove concrete di tale volontà. In primo grado il giudice non riconosce il “ diritto alla non vita” e del “ nascere sani” e  l’oggetto principale dell’impugnazione risulta l’asserita insufficienza della motivazione riguardo la “ mancata esplicita volontà dell’attrice di abortire”. Secondo la pronuncia in commento nonostante l’erroneo inserimento della data all’interno del macchinario di analisi, l’obbligo di informazione sarebbe stato comunque soddisfatto da parte del medico curante in seguito a screening pre-natale ( puramente a scopo statistico e NON diagnostico). Ne consegue che sulla base dell’innovativa sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione  n. 25767/2015, l’onere della prova, in particolare sotto il profilo delle circostanze per cui la donna avrebbe positivamente esercitato la scelta abortiva, ricade sulla donna stessa, non sussistendo una presunzione legale. Tale prova non può essere fornita sulla base di dati statistici, ma solo in virtù di circostanze contingenti risultanti dall’attività istruttoria compiuta in giudizio.       - "il diritto alla libertà di scelta del luogo della cura in tutto il territorio nazionale non ha carattere assoluto, dovendo essere contemperato con altri interessi costituzionalmente protetti, anche in considerazione dei limiti oggettivi derivanti dalle risorse finanziarie disponibili (ex multis, sentenze n. 248 del 2011, n. 94 del 2009, n. 200 del 2005). Dunque, non è vietato al legislatore regionale sacrificare la libertà di scelta del paziente, a condizione che il sacrificio risulti necessitato dall’esigenza di preservare altri beni di rango costituzionale, quale ad esempio un’efficiente ed efficace organizzazione del sistema sanitario";   - la limitazione della capacità contrattuale delle AA.SS.LL. di stipulare accordi contrattuali con strutture sanitarie private aventi sede legale fuori dal territorio regionale, tuttavia, "non solo non perviene ad un ragionevole bilanciamento tra la libertà di cura e le esigenze della finanza pubblica, ma a ben vedere irragionevolmente impedisce all’amministrazione di effettuarlo: il divieto introdotto per via legislativa, infatti, non consente alle singole ASL di valutare caso per caso tutti gli elementi rilevanti ai fini della determinazione a stipulare un accordo contrattuale con presìdi privati, intraregionali o extraregionali, tra cui, ad esempio, le caratteristiche dei pazienti, la tipologia delle prestazioni riabilitative da erogare, le condizioni economiche offerte dai singoli operatori sanitari, nonché la dislocazione territoriale effettiva (giacché può accadere che un presìdio sanitario extra-regionale si trovi nei fatti più vicino al domicilio del paziente, rispetto a strutture aventi sede legale nella Regione, specie nelle zone confinanti con altre Regioni). La rigidità del divieto contenuto nella normativa impugnata si pone pertanto in contrasto, oltre che con l’art. 32 Cost., anche con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza".

Contattaci

Dove siamo

Via Corsica, 10/4, 16128 Genova

Telefono e Fax

Tel: 010 5701414

Fax: 010 541355